Criminalità
Per una polizia multirazziale
Senza scomodare i vari Petrosino ed in epoca più recente Serpico, basta aver bazzicato un po’ di film americani di genere poliziesco, per intuire un fatto che qui da noi sembra oscuro e cioè che una delle forme più utili per combattere le attività criminali organizzate da comunità straniere, è quella di far entrare nei corpi di polizia, persone appartenenti alle stesse comunità. Quando negli Stati Uniti il crimine era massimamente organizzato dagli italiani, dagli irlandesi, dai polacchi, dagli ebrei per citare alcune comunità tra le più attive, la riposta istituzionale fu, tra le altre, quella di assumere e formare poliziotti che provenissero dallo stesso ambiente dei malfattori, che ne conoscessero la lingua, le abitudini, addirittura che condividessero lo stesso territorio. A New York per esempio dal quartiere di Brooklyn provenivano celebrati capibastone, ma anche oscuri poliziotti che portavano cognomi italiani. Insomma tra gli immigrati dalla seconda generazione in poi, c’erano molti cattivi, ma c’era anche chi decideva di stare con i buoni e queste presenze sono risultate fondamentali per decodificare ritualità inizitiache, linguaggi e comportamenti malavitosi e omertosi che altri poliziotti, magari di pura origine americana, non sarebbero riusciti nè a comprendere nè tantomeno a contrastare.
A Milano esiste una colonia cinese che mi pare sia la più vecchia in Italia. E’ presente dagli anni 30 e si è ben inserita nei gangli economici della città, un po’ meno nel tessuto sociale. Come in tutte le comunità, al proprio interno si colloca anche una frangia delinquenziale di non lieve caratura, soprattutto in questi ultimi anni, cioè da quando il businnes dei ristoranti ha visto i cinesi grandi protagonisti. Ora sicuramente le forze di polizia cercano di contrastare la fioritura di attività tipiche dei rackets, dall’estorsione, allo sfruttamento della prostituzione fino ad arrivare all’omicidio. Ma possibile che non mi sia mai capitato di vedere un poliziotto cinese. Può darsi che il caso non mi abbia favorito, ma tra carabinieri, finanzieri, poliziotti, vigili urbani, forestali ecc. almeno uno avrei dovuto incontrarlo, anche perché vivo vicino al quartiere cinese. Ed invece mai nessun incontro di tal fatta.
Qualcuno ha mai visto ( parlo sempre di Milano ) un tutore dell’ordine con la pelle nera? Oppure sudamericano o arabo? Credo proprio di no. Come se non si potesse pensare che i figli degli immigrati che sono ormai qui da decenni, che sono probabilmente cittadini italiani, possano essere degni di una fiducia che permetta loro di far parte della schiera di coloro che si occupano della sicurezza collettiva.
Questo nostro provincialismo che ancora, pur se il mondo continuamente si rivoluziona sotto i nostri occhi, ci va vedere una prospettiva che non va oltre il nostro caseggiato e le vie adiacenti, impedisce di fatto di esplorare e valorizzare risorse che in questo momento storico avrebbero un peso significativo nel comprendere ed eventualmente contrastare attività criminali provenienti da culture altre rispetto la nostra. Ed in epoca di allarme per il terrorismo ciò non sarebbe poco.
Ora, siccome quanto sto dicendo mi sembra piuttosto intuitivo, quasi banale direi, mi sorge spontanea una domanda: ma perchè qualcuno tra quelli che ne hanno il potere, non provvede in questo senso? Perchè non possiamo pensare a forze di polizia che conoscano a menadito la lingua e il gergo dell’ambiente in cui possono svilupparsi fenomeni da contrastare. Forze di polizia che poi sappiano trasmettere ai loro colleghi italiani, competenze e astuzie da usare al bisogno.
Il tentativo di rispondere a questa domanda mi porta quasi per processo associativo ad una serie di vocaboli che mi frullano velocemente per la mente: ignoranza, ignavia, presunzione, provincialismo, resistenze sindacali, resistenza al cambiamento, paura del diverso, strenua difesa di una presunta autonomia che ormai si scontra con il divenire della storia.
P.S. Mentre concludo questo articolo, mi giunge notizia che in Inghilterra in questi giorni, una forza di intelligence britannica, sta reclutando donne arabe per contrastare il terrorismo. Uno a zero per l’Inghilterra!
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