Criminalità

Peppino Impastato e tutti i giornalisti caduti nella guerra civile italiana

27 Aprile 2017

Il  9 maggio 1978, Peppino Impastato fu fatto saltare legato alle rotaie del treno con un chilo polvere da mina sul petto. L’esplosione che lo dilaniò non scosse minimamente i suoi compaesani e l’opinione pubblica nazionale.  Ebbe la sfortuna di essere ucciso il giorno in cui veniva ritrovato Aldo Moro e di aver ironizzato e denunciato verità scomode. Così fu liquidato come un comunista in odore di terrorismo, che di lì a poco avrebbe commesso un attentato e per questo destinato ad una fine  atroce. Ad ucciderlo barbaramente fu invece Tano Badalmenti boss mafioso di Cinisi, a 25 chilometri da Palermo, dove entrambi vivevano a cento passi l’uno dall’altro. A Cinisi Peppino impastato aveva fondato “Radio Aut” e dai suoi microfoni non perdeva occasione per denunciare quotidianamente gli scempi compiuti dalla mafia.

La sue cronache di Mafiopoli, del mafficipio delle gesta di “Tano Seduto” attirarono le ire del grande capo. La sua satira graffiante e irrisoria era veramente troppo per  lo scarso senso dell’umorismo di certa gente. Impastato portò avanti la sua battaglia anche recidendo legami familiari, il padre infatti era un affiliato del clan Badalamenti, con determinazione e coraggio. Se non fosse stato per i suoi compagni che i giorni successivi si recarono nel luogo della sua morte recuperando i suoi resti, non avremmo neppure mai saputo la dinamica dei fatti.

Con lui tanti i giornalisti che con i loro articoli e il lavoro hanno fatto  talmente tanta“pubblicità” alla mafia da venire ammazzati.

Dal Blog Lo specchio, autore Carmine Gazzanini:

Cosimo Cristina Il 5 Maggio 1960 venne trovato in una galleria ferroviaria ed archiviato quale “suicidio”. Solo dopo alcuni anni il vicequestore Angelo Mangano, divenuto in seguito famoso per l’arresto di Luciano Liggio, volle indagare richiedendo l’esumazione del cadavere per supportare la tesi che non fosse suicidio ma omicidio. Pochi giorni prima di morire Cristina pubblicò un articolo su un periodico nel quale ricostruì un delitto di mafia avvenuto a Termini Imerese.

Mauro De Mauro Il 16 settembre 1970 viene prelevato sotto casa a Palermo. Da allora scomparve nel nulla. Cronista di razza, per conto de “L’Ora” di Palermo, venne eliminato molto probabilmente perché aveva scoperto la verità sulla morte di Enrico Mattei, il presidente dell’Eni schiantatosi nel 1962 con il suo aereo nelle campagne di Bescapè, con una dinamica dai mille misteri. Aveva appena pubblicato una interessante inchiesta sui rapporti fra mafia e gruppi eversivi. Di recente alcuni pentiti di ‘ndrangheta affermarono che il corpo del giornalista era stato seppellito sull’Aspromonte, ma non è stato possibile a tanti anni di distanza, verificarne l’attendibilità.

Giovanni Spampinato, giornalista de “L’Ora” e “L’Unità” ad appena ventidue anni è stato ucciso il 27 ottobre 1972 mentre era impegnato a far conoscere con le sue inchieste l’intreccio di affari, trame neofasciste e malavita nella città di Ragusa. Per il suo omicidio venne condannato Roberto Cambria , figlio di un alto magistrato, allora Presidente del Tribunale di Ragusa.

Mario Francese, cronista giudiziario de “Il Giornale di Sicilia”, venne freddato la sera del 26 gennaio 1979. Fu il primo giornalista a denunciare la pericolosità dei corleonesi di Totò Riina. Dopo ben 22 anni, nel 2001, sono stati condannati i componenti della cupola che decisero l’eliminazione dello scomodo giornalista: Riina, Madonna, Cagarella, Calò, Geraci, Farinella e Greco, l’intero vertice di Cosa Nostra.

Giuseppe Fava, giornalista, venne assassinato il 5 gennaio 1984 nei pressi del Teatro Bellini di Catania. Aveva fondato “I Siciliani”, un giornale aggressivo che attaccò frontalmente i grandi gestori degli appalti di Catania, in odor di mafia.

Giancarlo Siani Il 25 settembre 1985 viene eliminato dai sicari della Camorra,  a soli ventisei anni. Corrispondente de “Il Mattino” di Napoli aveva denunciato alcuni traffici di Torre Annunziata. Per la sua morte sono stati condannati quali mandanti i boss Valentino Gionta e Angelo Nuvoletta.

Mauro Rostagno Il 26 settembre 1988 nelle campagne di Lenz, in provincia di Trapani, viene freddato. Molte le ipotes, ma, alla fine, si è indagato sulla responsabilità di personaggi di mafia come Vincenzo Virga e Mariano Agate, infastiditi per le denunce che Mauro Rostagno diffondeva con la conduzione di una trasmissione televisiva in onda su una emittente privata trapanese.

Beppe Alfano, corrispondente del quotidiano”La Sicilia” ucciso l’ 8 gennaio 1993. Ebbe il coraggio di pubblicare i lati oscuri dei grandi appalti pubblici dell’asse Messina– Palermo.

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