Criminalità

Natale Mondo, il poliziotto che fu ucciso due volte

14 Gennaio 2022

Parlare con Pippo Giordano, già Ispettore della Squadra Mobile di Palermo e oggi in pensione, di quegli anni, di quei terribili anni ’80, vuol dire condividere con lui un viaggio nel doloroso ricordo di chi ha visto cadere sotto il fuoco mafioso non solo dei colleghi ma anche, e soprattutto, degli amici. Tra questi c’era Natale Mondo, un altro dei tanti, troppi, agenti della Polizia di Stato della Questura di Palermo uccisi in quei terribili anni ’80. Un poliziotto infiltrato tra le file di Cosa nostra su ordine del vicequestore Ninni Cassarà, che fu ucciso per vendetta dalla mafia il 14 gennaio 1988. Dopo l’arruolamento in polizia nel 1972, Natale Mondo era arrivato in Sicilia, prima a Siracusa e poi a Trapani, dopo essere stato a Roma e per lui l’obiettivo primario era lavorare a Palermo, nella Squadra Mobile del capoluogo, al fianco del vice questore aggiunto Ninni Cassarà per combattere la mafia.

Quando Cassarà fu assassinato il 6 agosto 1985, insieme all’agente Roberto Antiochia, il mondo si rovesciò su Natale che in quell’occasione si salvò per puro miracolo. Non solo perché aveva perso un amico, un collega e un superiore che stimava e cui era molto legato, ma perché fu indagato per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti in quanto risultava fosse in contatto con una banda di narcotrafficanti legati al clan mafioso della famiglia Fidanzati dell’Arenella, operante in diverse regioni italiane. Le accuse lo resero sospettato anche di avere fornito alla mafia le informazioni sugli spostamenti del vicequestore Cassarà. Mondo fu scagionato in seguito all’intervento della vedova Cassarà e di altri colleghi, che testimoniarono che egli si era infiltrato nelle cosche mafiose del quartiere Arenella, ove era nato e risiedeva, dietro ordine dello stesso Cassarà. Le accuse mosse nei suoi confronti arrivarono da un pentito, o presunto tale, che stavano raccontando fatti che poi si sarebbero rivelati mendaci comprese quelle nei confronti di Mondo.

«Arrivai alla Squadra Mobile di Palermo nel 1981 – racconta Pippo Giordano – poco prima dell’omicidio del “Principe di Villagrazia”, il mafioso Stefano Bontate. Fui assegnato alla “sezione rapine”. Ero di servizio e fui il primo ad arrivare in corso Brunelleschi quando uccisero Totuccio Inzerillo, mafioso della cosca di Passo di Rigano. Successivamente fui trasferito alla “V sezione” diretta da Ninni Cassarà. Lo conobbi, assieme agli altri della sua squadra in quell’occasione. Al tempo Beppe Montana (che sarà poi ucciso dalla mafia il 28 luglio 1985 all’età di 33 anni, ndr) non era ancora arrivato di faceva servizio a Trapani, che aveva lavorato con Cassarà quando era Capo della Squadra Mobile di quella città passava spesso per salutarlo. Si chiamava Natale Mondo. Era un ragazzo simpaticissimo, molto cordiale, una faccia buona. In quelle occasioni lo conobbi sino a quando non fu trasferito a Palermo e venne a lavorare con noi, nella nostra sezione. Dopo l’arresto di un grosso capo famiglia cominciammo a lavorare assieme e dal conoscersi e diventare amici il passo fu breve».

Pippo Giordano si ferma per un attimo «Pensare a Natale, per me, vuol dire pensare a Rosalia, la moglie e alle due figlie che al tempo avevano otto anni la più grande e solo 2 anni e mezzo la piccola. Penso spesso a loro con affetto. Abbiamo condiviso un dolore unico».

Cosa vuol dire fare il poliziotto a Palermo in quegli anni?

«La maggior parte dei poliziotti uccisi da Cosa Nostra erano prevalentemente siciliani. Per un palermitano cresciuto in “mezzo” ai mafiosi, ho cercato di mettere a disposizione della mia attività di poliziotto tutta quella conoscenza che avevo acquisito prima del mio incorporamento. Li conoscevo personalmente, i mafiosi cui davamo la caccia. Poi arrivò la mattanza degli anni ’80 e lavorare diventò molto complicato perché bisognava stare particolarmente attenti. C’era un morto ogni giorno. Ricordo che un pomeriggio ne contammo cinque in quattro luoghi diversi della città. Scattavano subito le perquisizioni, al fine di poter arrivare quando l’ambiente era ancora incontaminato. Cercavamo agendine, numeri telefonici per aumentare la nostra capacità di capire la “rete” mafiosa e di collegare tra loro mafiosi e famiglia. Intanto i colleghi cominciarono a essere un bersaglio, come nel caso di Lillo Zucchetto, che lavorava nella mia squadra, che fu riconosciuto durante un’operazione di polizia che portò all’arresto di Salvatore Montalto e fu barbaramente ucciso il 14 novembre 1982. Dopo quell’episodio il Ministero degli interni trasferì me e la mia famiglia al nord per problemi di sicurezza. Nonostante questo continuai a lavorare a Palermo con Beppe Montana. Quando lo uccisero Cassarà mi vietò, per motivi di incolumità personale, di partecipare ai funerali di Montana».

Durante il periodo del suo trasferimento al nord per motivi di sicurezza, quindi, continuò a occuparsi di contrasto alla mafia…

«Sì, anche perché, visto che mi trovavo nel ravennate, il dottor Falcone, sapendolo, diede una delega di indagine sui fratelli Sansone, mafiosi della famiglia dell’Uditore, alla Mobile di Palermo relativamente alla costruzione di una serie di palazzine a Lido Adriano, indagine che mi fu assegnata da Cassarà».

Perché Natale Mondo fu ucciso due volte?

Perché fu arrestato ingiustamente, dopo la morte di Cassarà. Per un poliziotto era l’equivalente di una morte. Chiesi di essere sentito dal dottor Signorino subito dopo il suo arresto. Non fui mai convocato, anche se avevo notizie certe che dimostravano l’estraneità di Natale alle accuse che gli erano state mosse. Lavoravo con Natale fianco a fianco, avevo anche conosciuto il suo confidente, quello che poi lo accusò. Quando lo arrestarono, Natale fu messo ai domiciliari. Era come un fratello, per me e, nonostante non si potesse, lo andai a trovare a casa. Scoppiò in lacrime e cominciammo a parlare. Mi disse ”Ma tu credi nella mia innocenza?” Io gli dissi semplicemente che se non l’avessi ritenuto innocente non sarei andato a trovarlo. E lo penso ancora oggi. Fortunatamente la testimonianza della vedova di Cassarà e di altri colleghi fu sufficiente per rendere giustizia a Natale ma quello lo collocò al centro del mirino delle cosche e così morì per la seconda volta, quando fu crivellato di colpi a pochi metri dal negozio della moglie all’Arenella».

Dove era quando fu ucciso Natale?

«Ero a Forlì. Arrivai a Palermo il giorno dopo. Non sapevo ancora nulla e lo scoprii quando arrivai da mio padre. L’ultima volta che avevo visto Natale in servizio fu nel maggio 1985 e successivamente lo vidi quando lo andai a trovare mentre era ai domiciliari».

Lei ha usato spesso la parola fratello…

Non penso che oggi sia diverso, ma allora un collega diventava un tuo fratello. Ne ho persi molti di fratelli, come Filadelfio Aparo che fu ucciso nel 1979 e poi Lillo, Beppe, Ninni e Natale. Eravamo poco meno di una cinquantina, alla Mobile in quel periodo. Vivevamo ogni giorno guardando i morti ammazzati, vivevamo assieme quel clima di paura. Tra noi c’era affiatamento, rispetto, armonia e soprattutto solidarietà. Natale Mondo era per me un fratello. Una persona per bene e molto buona, solare. Se non lo conoscevi, non pensavi fosse un poliziotto. Era sempre allegro, con lui si scherzava spesso. Lo ricordo così Natale, con il suo viso sempre sorridente e pieno della sua voglia di vivere».

Oggi 14 gennaio 2022 Natale Mondo è stato ricordato oggi nella caserma intitolata a Boris Giuliano, sede della Squadra Mobile palermitana. Durante la cerimonia, nel complesso di Santa Elisabetta, alla presenza del Questore di Palermo Leopoldo Laricchia, è stato presentato il video della cantautrice palermitana Claudia Sala dal titolo “Il mondo dei balocchi”, dal nome del negozio della moglie Rosalia davanti al quale fu ucciso.

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