Criminalità
Massomafia: sui rapporti tra mafia e massoneria deviata
Una chiacchierata con Andrea Leccese a proposito di “mafie del terzo millennio” e “criminalità dei potenti”.
Nel 2016, alla libreria Odradek di Roma, ho presentato il saggio Maffia & Co. (Armando), col quale Andrea Leccese scatta una fotografia nitida del fenomeno mafioso del terzo millennio. Il saggista pugliese evidenziava già in quel libro che la vera forza delle mafie risiede nei comportamenti complici e strumentali dei cosiddetti “colletti bianchi”. Nel 2018 Leccese torna in libreria con un nuovo saggio sul tema delle mafie e della “criminalità dei potenti”, Massomafia – Sui rapporti tra mafia e massoneria deviata, pubblicato da Castelvecchi. Così ho deciso di contattarlo per fare due chiacchiere con lui.
Andrea, di mafia e massoneria deviata si discuteva già negli anni Novanta, ai tempi della Commissione antimafia presieduta da Luciano Violante…
Che esista un grave pericolo di inquinamento delle logge da parte delle organizzazioni mafiose è indubbio. Come si dice a Foggia, non ci vuole una laurea alla Bocconi per comprendere quanto possa far comodo ai mafiosi infiltrarsi segretamente in circoli frequentati da potenti. Quei circoli della massoneria deviata di cui parla, molto meglio di me, Emanuele Macaluso nel saggio I santuari.
In quei circoli magari i mafiosi incontrano anche i politici.
Certo, nei circoli quei delinquenti possono inciuciare anche con politici senza scrupoli e promettere voti in cambio di appalti, norme favorevoli ai clan, ecc.
Ecco, del 416-ter cosa mi dici? La riforma del voto di scambio politico-mafioso è stata molto criticata.
Sì, quella però è una norma che nasce malissimo già nel 1992. Una “norma fantasma” o perlomeno scarsamente applicabile, perché puniva la promessa di voti in cambio della promessa di denaro. Ma non mi pare che i mafiosi chiedano solitamente denaro in cambio del loro appoggio elettorale. La norma del 2014 è migliore perché ha introdotto la possibilità di punire anche la “promessa di altre utilità” e così il reato si è avvicinato di più alla realtà criminologica. La mafia chiede di essere favorita nell’aggiudicazione degli appalti, non ha certamente bisogno del denaro del candidato. La riforma però aveva inspiegabilmente abbassato le pene. Nel 2017 il legislatore per fortuna si è ravveduto, correggendo l’art. 416-ter con la previsione di una pena più adeguata alla gravità della condotta.
Ultima domanda. La riforma del codice antimafia, entrato in vigore a novembre del 2017, ha suscitato aspre critiche. Tu che ne pensi?
Io ritengo sia stata una riforma pregevole, soprattutto con riferimento all’introduzione del giudice distrettuale specializzato nelle misure di prevenzione patrimoniali. Il recupero delle ricchezze mafiose deve essere una priorità: i mafiosi temono la confisca dei beni molto più del carcere. Il loro è uno speciale familismo che li porta ad accettare di restare in carcere anche per tutta la vita pur di accumulare ricchezze per la famiglia. Dunque, per rispondere alla tua domanda, mi pare sia stato criticato aspramente l’ampliamento della platea dei soggetti destinatari delle misure di prevenzione personali e patrimoniali – ovviamente queste ultime sono le più temute – agli “indiziati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione” (e non anche agli indiziati del reato di corruzione tout court). Cioè a quelle poche persone che, pur non essendo state condannate con sentenza definitiva per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, è molto probabile sulla base di elementi molto solidi – non certo del semplice “sospetto” come è stato impropriamente sostenuto – che abbiano commesso quel reato. Insomma, chi per qualche motivo la fa franca, magari grazie alla prescrizione. Va poi precisato che, per confiscare i beni a un “indiziato di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione”, è necessario che i beni siano “sproporzionati” rispetto alla sua capacità economica. Se giri in Ferrari e dichiari 0 € al mese, mio caro “indagato-ma-non-condannato-per-associazione-finalizzata-alla-corruzione, non ce la racconti giusta! Orbene, non è difficile sostenere che le mafie più evolute prediligano proprio il ricorso alla corruzione per facilitare l’infiltrazione negli appalti e nei sub-appalti. Quindi un “indiziato di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione” può bene essere collegato ai clan. Ma può esserlo anche un semplice indiziato di corruzione. Diversamente ha di solito poco a che fare col fenomeno mafioso l’indiziato di stalking, per il quale la medesima vituperata riforma introduce le stesse misure antimafia.
Il Saggio: Massomafia- Sui rapporti tra mafia e massoneria deviata (Castelvecchi, 2018).
L’autore: Andrea Leccese, saggista, esperto di mafie, relatore nei corsi di formazione per le professioni legali dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, nel 2009 è tra i vincitori del premio nazionale “Paolo Borsellino”.
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