Criminalità
Licio Gelli, l’uomo col potere di uccidere un papa
Sono passati 41 anni dal mattino in cui, appeso al ponte dei Black Friars a Londra, viene trovato il corpo del banchiere Roberto Calvi. Ci sono voluti poi decenni per dimostrare che si trattasse di omicidio, e non di suicidio. Di certo è l’ennesima morte tragica in un gruppo di persone che, per propria ambizione e sotto la pressione del governo federale americano, che ha cercato in ogni modo possibile di controllare la vita democratica dell’Italia, sono state distrutte dalla stessa macina che avevano oliato.
È cominciato con Enrico Mattei, il sognatore che aveva portato l’ENI ad essere una delle più grandi potenze petrolifere del pianeta. Dopodiché è stata una strage dei servitori dello Stato (primi fra tutti Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, il generale Dalla Chiesa) che si erano opposti all’accordo tra Washington e la mafia siciliana, ma anche l’assassinio di molti mafiosi, e persino del banchiere delle cosche, Michele Sindona, ucciso in carcere con un caffè avvelenato, ed alcuni politici democristiani che avevano fatto parte di quegli accordi malavitosi.
Sono morti giornalisti – alcuni eroi, come Peppino Impastato e Giuseppe Fava, altri parte integrante dell’accordo, come Mino Pecorelli – ed anche gente qualunque, dilaniata dalle bombe di Brescia, di Milano, di Bologna, del treno Italicus, del volo sopra Ustica. La probabile vittima più importante, anche se non verrà mai dimostrato, è stata Papa Giovanni Paolo I, coinvolto senza volerlo nella guerra tra bande che si misurava nella conquista e la distruzione del sistema bancario italiano. Dietro tutto questo, per un lunghissimo tempo, c’è stato un uomo solo, il massone Licio Gelli. Uno che è sopravvissuto al massacro, ma ha finito i suoi giorni in solitudine ed angoscia. Uno che ha usato la forza militare della Germania nazista prima, e degli Stati Uniti poi; uno che ha girato tutti i partiti, diventando poi partito occulto egli stesso, con un progetto di “ridefinizione della democrazia” che poi verrà in gran parte trasformato in realtà da uno dei suoi adepti, l’immobiliarista milanese Silvio Berlusconi.
Raccontare in poche pagine ciò che oggi sappiamo di Gelli, e che solo dieci anni fa era ancora segreto, è un compito difficile, anche perché passa attraverso l’analisi di migliaia di operazioni bancarie del Banco Ambrosiano, l’istituto diretto da Roberto Calvi, che ha tenuto in piedi l’immensa macchina di potere di Gelli, ha finanziato la sua alleanza con il Vaticano, l’Opus Dei, la mafia ed alcuni politici di spicco, e che è imploso anche per colpa dell’avidità di Gelli e di gente a lui vicina. Quello che compiamo in queste pagine è un tentativo, che deve necessariamente passare dalla massoneria e dalla vita del giovane Gelli.
La massoneria
“Un’esperienza più che secolare dimostra e conferma la validità ed esattezza dell’antica massima:” Il silenzio è d’oro”, massima che assurge a particolare valore se riferita ad un organismo – a cui, sotto l’osservanza di regole essenziali ben definite, si accede liberamente e spontaneamente – caratterizzato dalla più assoluta riservatezza”. (Norme della Loggia Massonica Propaganda 2: estratto).
Il 17 marzo 1981, giorno in cui ha luogo la perquisizione che permette di svelare al mondo l’esistenza della loggia P2 e i nomi di alcuni fra i suoi membri, la sua pervasività è già nota agli ambienti investigativi. Si sospetta che alti rappresentanti dei corpi di polizia, delle forze armate e del potere giudiziario, servano soggetti diversi dallo Stato[2]. I magistrati Giuliano Turone e Gherardo Colombo, impegnati in un’indagine sugli affari e sul falso rapimento di Michele Sindona, quel giorno ordinano alla Guardia di Finanza di eseguire perquisizioni in contemporanea in una villa di Arezzo e negli uffici di una fabbrica tessile di Castiglion Fibocchi, comune a 15 chilometri dal capoluogo toscano.
I due dispongono che l’operazione venga effettuata in assoluta segretezza da uomini delle Fiamme Gialle con cui essi hanno lavorato in passato e di comprovata fede nella Repubblica, senza dunque informare preventivamente i comandi locali. Le carte che vengono sequestrate nel corso delle perquisizioni rivelano, fra l’altro, la lista di 962 persone appartenenti alla loggia massonica P2, fra cui militari, politici, giornalisti, imprenditori, magistrati, prefetti. La villa di Arezzo ha il nome di una donna, Wanda, l’azienda di Castiglion Fibocchi è la Giole. Entrambe sono legate ad una persona: Licio Gelli, il Gran Maestro della loggia[3]. Egli ha 62 anni ed è uno degli uomini più potenti in Italia, pur essendo praticamente sconosciuto alla maggioranza della popolazione. Ha dietro di sé una storia avventurosa e torbida, caratterizzata da eccellenti doti organizzative e relazionali oltre che da una grande disinvoltura nel cambiare schieramento e nel compiere o favorire azioni abiette.
Gli anni del fascismo
Licio Gelli nasce a Pistoia il 21 aprile 1919; convinto fascista, a diciassette anni si arruola volontario – pur non avendo raggiuntò l’età minima richiesta – per partecipare alla guerra civile spagnola assieme al fratello maggiore Raffaello; alla morte in battaglia di quest’ultimo, Gelli viene rimpatriato e, pochi mesi dopo, viene decorato da Benito Mussolini come più giovane legionario impiegato nella campagna spagnola[5]. La trionfale accoglienza a Pistoia gli frutta un incarico come addetto d’ordine nella locale sede GUF (Gioventù Universitaria Fascista), di cui diventa ben presto il coordinatore – pur avendo solo la licenza elementare[6].
Nel 1940 pubblica il libro di memorie “Fuoco!”, dedicato alle imprese della guerra civile spagnola; una copia del libro, fatta pervenire al duce, gli procura la nomina – il 23 aprile 1941 – ad ispettore per l’Organizzazione dei Fasci di Combattimento all’estero, con destinazione Bocche di Cattaro[7]. Dopo la bocciatura rimediata all’esame di maturità di ragioneria, dove si presenta da privatista[8], Gelli parte dunque per Cattaro, piccola località costiera della Jugoslavia meridionale, dove arriva nel 1942, chiamato da Luigi Alzona, prefetto del luogo e già federale di Pistoia. L’Italia è in guerra dal giungo 1940 al fianco della Germania che, nell’aprile del 1941, inizia a bombardare Belgrado, costringendo la famiglia reale jugoslava a trasferire a Cattaro le riserve auree della banca nazionale, il tesoro della corona e beni di ministri e generali.
Con l’Italia in procinto di occupare il Montenegro, gli jugoslavi nascondono gran parte delle 60 tonnellate di lingotti d’oro della Banca Nazionale, due tonnellate di monete antiche e milioni di dollari e sterline, in una caverna nei pressi della cittadina[9]. Gli italiani riescono a venirne in possesso, ma sono bloccati dagli inglesi, che presidiano le Bocche dell’insenatura, sospettando che il tesoro sia in mano nemica. Secondo altre fonti l’oro sarebbe stato trafugato da agenti del Servizio Informazioni Militare (SIM) direttamente dalla banca Nazionale Jugoslava a Belgrado, poi trasferito a Cattaro[10]. Ad ogni modo Gelli, allora factotum di Piero Parini, segretario generale dei fasci italiani all’estero, sarebbe stato fra gli ideatori di un geniale escamotage per trasportare il bottino in Italia: nasconderlo all’interno di un treno-ospedale che trasporta malati infetti[11].
Il convoglio giunge a Trieste. Ma nel 1947, quando, dietro richiesta del governo jugoslavo, la Banca d’Italia restituisce a Belgrado il tesoro, mancano venti tonnellate di lingotti d’oro; è possibile che Gelli, fra gli ideatori ed esecutori del piano, possa aver sottratto quel capitale, che costituirebbe la base per lo sviluppo delle future attività di Gelli. A sostegno di questa ipotesi ci sono diversi sequestri di oro ai suoi danni: dieci lingotti a Buenos Aires nel 1983, 250 chili in alcune banche ginevrine, 164 chili trovati a Villa Wanda nel settembre 1998, recanti timbri che attesterebbero la provenienza da paesi dell’Europa orientale[12]. Buona parte del tesoro trafugato sarebbe stata trasferita in Argentina subito dopo la fine della guerra[13].
Tornato in patria, Gelli assiste alla caduta del governo fascista e alla nascita della Repubblica di Salò, cui aderisce. Torna a Pistoia come emissario dei tedeschi, avviando informalmente il processo di riconciliazione tra fascisti e antifascisti: tra il settembre e l’ottobre del 1943 organizza alcuni incontri con esponenti comunisti. Il tentativo di dialogo con il Comitato di Liberazione Nazionale di Pistoia naufraga per l’intervento di Roma, permettendo però a Gelli di stringere rapporti con alcuni partigiani e con l’anarchico Silvano Fedi. Da allora, fino alla primavera del 1944, egli agisce da perfetto doppiogiochista: in più occasioni, travestendosi da soldato fuggiasco, vaga per le montagne che circondano Pistoia, passando di cascinale in cascinale alla ricerca di informazioni sui nascondigli partigiani. Torna poi a valle, in direzione della casa della sorella, moglie del comunista Gino Fedi, che avrebbe poi riferito al comunista Giuseppe Corsini, avvertendo che i tedeschi si preparano al rastrellamento di una formazione partigiana individuata sulle montagne[14].
Una volta tornato in caserma e rimessi i propri panni, Gelli riferisce ai tedeschi di aver individuato un nascondiglio di partigiani sulle montagne: per ben due volte lo stesso Gelli partecipa ai conseguenti rastrellamenti, che si concludono, manco a dirlo, con un nulla di fatto. Dopo quattro battute fallite, è proprio Gelli ad organizzare una riunione straordinaria per cercare di individuare la spia dei partigiani (cioè: egli stesso)[16]. Gelli riesce, quindi, ad imbrogliare nazisti, fascisti e partigiani (salvandone più di qualcuno, fra questi ultimi) fino all’operazione di Villa Sbertoli: la mattina del 26 giungo 1944 Gelli ed alcuni partigiani, travestiti da militari fascisti, liberano cinquantaquattro prigionieri politici dall’istituto di igiene mentale, trasformato in carcere dopo i bombardamenti alleati di Arezzo fra l’ottobre del ‘43 e il gennaio del ‘44[17].
Dopo questa azione Gelli si dà alla macchia con un po’ di viveri, sigarette e 40’000 lire in tasca. Ricompare a Pistoia, nell’abitazione di via Erbosa 7, dopo la liberazione della città, nel settembre 1944. Sfuggito alla morte per mano di alcuni partigiani grazie alle citate imprese, Gelli viene convocato dal comando della V Armata del CIC (Counter Intelligence Corps), agenza di controspionaggio militare degli Stati Uniti, diretta dal capo dell’Office of Strategic Services (OSS) in Italia, James Jesus Angleton[18]. Filofascista, Angleton è uno degli artefici della politica italiana del secondo dopoguerra. Come molti contemporanei, egli teme la possibile avanzata del PCI più di qualunque altra cosa; per stroncare sul nascere l’eventualità di un allargamento del consenso per comunisti e socialisti in Italia, Angleton è alla continua ricerca, dal 1944, di fascisti in grado di condurre o partecipare a campagne militari o da arruolare nel controspionaggio.
Con questo scopo trae in salvo, nel maggio 1945, l’ufficiale filofascista Junio Valerio Borghese, già nelle mani dei partigiani milanesi, facendolo fuggire a Roma travestito da ufficiale USA. Borghese entra a far parte di una rete che gode di immunità per i reati commessi in precedenza, mettendosi al servizio dell’OSS e, successivamente, della CIA, e costituendo l’ossatura di una vera e propria milizia dormiente ma pronta all’azione: la rete Stay Behind, di cui Gladio è la declinazione italiana[19]. Angleton è l’uomo giusto, parla correntemente la lingua, e diventa il capo della CIA italiana, prima di tornare negli Stati Uniti, dove dirige il controspionaggio sotto i direttori Allen Dulles e Richard Helms[20], che coordinano anche le attività di spionaggio di Henry Kissinger in Germania e in Svizzera[21]. La missione da lui affidata a Gelli, come membro del CIC, è individuare ex camerati, tra cui Guido Checcoli[22]; egli serve la causa dell’intelligence USA anche in veste di delatore, denunciando i componenti della Legione “Ettore Muti”[23].
A seguito delle azioni in favore dei partigiani, il presidente del CLN pistoiese Italo Carobbi firma per Gelli un salvacondotto che gli permette di circolare indisturbato sul suolo nazionale. È il 2 ottobre 1944[24]. Il CIC gli consente di scappare in Sardegna – dove risiede una sorella – raggiungibile attraverso un permesso di circolazione rilasciato dai Carabinieri[25]. A La Maddalena Gelli viene arrestato nel giugno 1945, fornendo in sede di interrogatorio un elenco di 56 persone collaboranti con i nazisti (fra cui Giorgio Pisanò, allora studente universitario, in seguito senatore del MSI e componente della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulla loggia P2), dichiarandosi disponibile ad ulteriori collaborazioni con i Servizi segreti italiani[26]. Grazie all’ennesima delazione, Gelli viene lasciato libero il giorno stesso, nonostante penda sulla sua testa una condanna a due anni e sei mesi per sequestro di persona e furto, pronunziata dal Tribunale di Pistoia nell’aprile di quell’anno[27].
Il 9 luglio seguente viene nuovamente interrogato dal Controspionaggio italiano, cui fornisce ulteriori informazioni sul proprio passato, anche per poter valutare un suo impiego nella rete spionistica nazionale[29]. Nell’autunno 1945 viene nuovamente tradotto in varie carceri, che fungono da stazioni di trasferimento prima di accedere al centro di destinazione: Pistoia. In uno di questi soggiorni provvisori, a Roma, Gelli è per quindici giorni compagno di cella di Junio Valerio Borghese[30]. Nel marzo del 1946 ottiene la libertà provvisoria in attesa del proscioglimento dalle accuse del processo pistoiese, che giunge sei mesi più tardi. Un’altra causa rimane in piedi: una sua delazione ai tedeschi avrebbe causato la deportazione di un tenente colonnello dell’aeronautica italiana, accusato da Gelli di aver nascosto materiale ai nazisti. La vicenda si protrae fino all’amnistia Togliatti del giugno 1946, che pulisce la fedina penale di Gelli, sollevandolo da ogni responsabilità nei confronti dell’accusatore[31].
Nel dopoguerra Gelli, sposato e con un figlio a carico, gestisce la bancarella del suocero al mercato di Pistoia, ma viene condannato nel 1949 al pagamento una multa per contrabbando di sigarette ed evasione della Tassa Generale sull’Entrata[32]. Lasciata la bancarella per aprire prima una azienda per la produzione di trafilati in ferro e poi una libreria, Gelli cerca di ottenere un passaporto: un’informativa di polizia per il SIFAR del 1950 descrive l’attività spionistica di Gelli al servizio dei comunisti – le sue attività di industriale prima e libraio poi sarebbero solo coperture. Il rapporto descrive come egli, non potendo ottenere il passaporto perché considerato un pericoloso fascista, avrebbe impiantato l’azienda per poter effettuare la richiesta del documento a fini commerciali[33].
Dopo il rifiuto della Questura di Pistoia, Gelli prova a ad ottenere l’intercessione della DC e del Partito Monarchico, prima di iscriversi al MSI, nel cui direttorio lavora Orfeo Sellani, vecchio principale di Gelli ai tempi del fascismo: il passaporto arriva, finalmente[34], permettendo al futuro Venerabile di spostarsi in Europa (Spagna, Francia, Belgio, Svizzera) e Argentina, dove si appresta ad investire l’enorme fortuna sottratta alla corona jugoslava pochi anni prima, con il beneplacito degli Stati Uniti, di cui è ancora un informatore. Protagonisti delle speculazioni di Gelli saranno, nel futuro, Umberto Ortolani e Giampietro Pellegrini, ex ministro delle finanze della Repubblica Sociale. Altri fascisti, oltre a Pellegrini, approdano in terra argentina fra il 1947 e il 1948: Eduardo Moroni (ministro dell’Agricoltura e delle Foreste); Giuseppe Spinelli (ministro del Lavoro); Vittorio Mussolini, figlio del Duce, che fonda la rivista “Risorgimento” insieme a Gaio Gradenigo, ex ufficiale della GNR (Guardia Nazionale Repubblicana) e leader della Repubblica di Salò – già da due anni in Sudamerica[35].
Moroni, Mussolini, l’ex quadrumviro Cesare Maria De Vecchi, Carlo Sforza ed altri figurano nell’elenco dei finanziatori del giovane Movimento Sociale Italiano secondo un dossier pubblicato nel 1949 dal Partito Socialista Argentino[36]. Due agenti del SOE (Special Operation Service), il servizio segreto britannico, arrivano a Buenos Aires per acciuffare Gelli e interrogarlo in relazione ai fatti di Cattaro, costringendolo ad un frettoloso ritorno in Italia. La preferenza argentina di Gelli può essere spiegata dai suoi rapporti con l’allora presidente Juan Domingo Perón, simpatizzante fascista; i due si conoscono nel 1939, durante una visita del leader argentino a Roma[37].
C’è un altro personaggio che legherebbe Peron a Gelli: Otto Skorzeny, ex gerarca e spia nazista, protagonista della liberazione di Mussolini a Campo Imperatore, sull’Appennino abruzzese, dopo la caduta del regime fascista e l’arresto del Duce. Skorzeny e Gelli sarebbero entrambi impiegati nell’operazione Quercia (12 settembre 1943), primo atto per lo sviluppo di una rete al servizio degli statunitensi che coinvolge l’OSS (e dunque il CIC, primo organismo USA presso il quale Skorzeny lavora, in contemporanea ad Henry Kissinger, di stanza in Germania[38]), e il SIS (Special Intelligence Service)[39], reparto di controspionaggio dell’FBI operante in Europa e Sudamerica con il compito di monitorare soprattutto le attività naziste o pro-naziste nel centro e Sudamerica[40].
Skorzeny, reclutato dal CIC, entra in contatto con James Angleton, capo dell’OSS e responsabile di un piano di eradicazione di elementi appartenuti o appartenenti al regime morente[41]. Angleton sovrintende la nascita di numerose organizzazioni neofasciste, in alcuni casi affidando alla X Mas di Borghese il compito di addestrarne i membri all’azione militare; Nino Buttazzoni (capo dei Nuotatori paracadutisti della RSI) viene reclutato da Angleton come agente sotto copertura incaricato di fondare una di queste organizzazioni, chiamata Esercito Clandestino Anticomunista, mentre Pino Romualdi (vice segretario del Partito Fascista Repubblicano e fondatore del MSI[42]) lavora alla nascita del Fronte antibolscevico italiano.
Reinventarsi dopo la guerra
Nel manifesto programmatico dell’organizzazione, Romualdi fa esplicito riferimento alla strategica comunione d’intenti tra neofascisti e Stati Uniti contro il comune nemico rosso, delegando agli USA il compito di occuparsi della questione politica[44]. Altri gruppi, come i Fasci d’azione rivoluzionaria – fondato da Romualdi – nascono con intenti squadristi, legati – come altre quaranta organizzazioni in Italia – con la rete internazionale neofascista di Skorzeny, che agisce in Europa e in Argentina per conto di servizi segreti USA dopo la fine della II Guerra Mondiale[45]. Una delle principali operazioni svolte da questo coacervo di organizzazioni è stata quella di portare a compimento l’Operazione Odessa – ovvero il piano, preparato da Heinrich Himmler, atto a far scappare in America Latina quanti più gerarchi nazisti possibile[46].
In relazione al progetto Odessa è fondamentale il ruolo svolto dal banchiere svizzero François Genoud, seguace di Hitler della prima ora[47]. Già nella seconda metà degli anni 30, Genoud intesse relazioni internazionali che si rivelano strategiche nel corso del secondo novecento negli ambiti del neofascismo internazionale e del terrorismo arabo, ad esempio attraverso l’incontro con il gran Mufti di Gerusalemme Al-Husseini nel 1936, durante un lungo viaggio diplomatico in Medio Oriente[48]. Grazie ai contatti nel mondo bancario elvetico, Genoud riesce a favorire la fuga di nazisti in Sudamerica ma anche nel mondo arabo[49]. Dopo la guerra, Genoud presenterà il Mufti al parlamentare svizzero Albert “Ahmed” Huber, che fino alla fine del secolo sarà l’uomo di Genoud a fianco della Palestina e della banca della Fratellanza Islamica, la Bank Al-Taqwa di Lugano, fondata da Youssef Nada[50].
Il tenente colonnello della Guardia di Finanza Luciano Rossi (servizio Informazioni, il servizio segreto delle Fiamme Gialle) redige nel 1974 un’informativa sulla presenza di Gelli nel comitato provinciale comunista pistoiese fino al 1956, per poi spostarsi alla Democrazia Cristiana[51]. Prima della chiusura della libreria nel 1953 (attività sorvegliata dal SIFAR dal 1950 come luogo di scambio di informazioni fra spie), egli riesce a diventare il segretario e factotum del deputato DC Romolo Diecidue, portandogli in dote l’uso della sua FIAT millecento (con cui gli faceva da autista), il voto dei vecchi camerati moderati e, soprattutto, il suo impareggiabile zelo. In cambio Gelli viene introdotto nell’ambiente romano – conoscendo uomini del potere democristiano, primo fra tutti Giulio Andreotti – ed al mondo delle organizzazioni religiose, base elettorale di Diecidue[52].
Dopo qualche anno un altro deputato DC, Gerardo Bianchi, lo raccomanda al cavalier Giovanni Pofferi, fondatore e proprietario della prima fabbrica italiana di materassi a molle, la Permaflex; Gelli risolve i problemi di vendite che l’innovativa azienda riscontra, riuscendo a piazzare grosse ordinazioni di materassi a quelle organizzazioni religiose conosciute ai tempi in cui è stato segretario di Diecidue. L’attività decolla e Pofferi decide l’apertura di un nuovo stabilimento; Gelli suggerisce di allontanarsi dalla Toscana, per evitare di dover assumere altri comunisti come operai, puntando su Frosinone, docile collegio elettorale andreottiano che offre la possibilità di usufruire di crediti agevolati da parte della Cassa per il Mezzogiorno[53].
Così, nel 1965, alla presenza del Cardinale Ottaviani, del ministro della Difesa Giulio Andreotti e di quello per il Mezzogiorno Edgardo Lami Starnuti, viene inaugurato il nuovo stabilimento Permaflex[54]. Alla fine del 1967 Gelli litiga con Pofferi e lascia l’incarico di direttore dello stabilimento di Frosinone; fonda la società concorrente “Dormire”, che non ha successo ma gli permette di entrare in contatto con due importanti industriali aretini del tessile: i fratelli Lebole. In virtù di questo rapporto Gelli trasferisce la propria base toscana da Pistoia ad Arezzo, dove abiterà per il resto dei suoi giorni[55]. Gelli è il mediatore per l’acquisto della Lebole da parte dell’ENI, diventando socio della nuova società “Gio-Le” (Giovanni Lebole, il fondatore), che assorbe la “Dormire”[56]. Inoltre, per l’attività di mediazione, i Lebole cedono a Gelli una grande villa sulla collina di Santa Maria delle Grazie, a pochi chilometri dal centro di Arezzo: egli cambia il nome della residenza da villa Carla, come si chiama al momento della cessione, a villa Wanda, in onore della moglie. Siamo oramai nel 1968[57].
Il 6 novembre 1963, mentre ancora cura gli interessi del cavalier Pofferi, Gelli si iscrive alla loggia massonica Gian Domenico Romagnosi, presieduta dal Maestro Venerabile Bruzio Pirrongelli, avvocato[58]. Dopo più di un anno di attesa (forse per approfondire le verifiche sul suo passato fascista), nel gennaio 1965 egli riceve l’iniziazione massonica[59]. Gelli entra nella massoneria in un momento di significative trasformazioni, frutto del lavoro di un uomo potente e sconosciuto ai più: Frank Gigliotti. Calabrese emigrato negli USA nel 1928, ex pastore evangelico, egli è dal 1941 al 1945 agente dell’OSS in Italia[60]. In quel periodo Gigliotti dirige “American Committee for Italian Democracy”, un’organizzazione legata all’Order Sons of Italy in America, la più antica e importante congrega italoamericana degli Stati Uniti, accusata di aver appoggiato apertamente il fascismo negli anni ‘20 e ‘30[61].
Gigliotti e la massoneria
Le associazioni appartenenti all’Order, nelle cui fila figurano mafiosi, massoni e agenti segreti, vengono utilizzate per preparare lo sbarco statunitense in Italia; all’operazione partecipa John Bowden Connally Jr., nominato nel 1971 ministro del Tesoro dal presidente degli Stati Uniti Richard Nixon, partner di Sindona e sodale di Licio Gelli[63]. In virtù dell’esperienza maturata, nel dopoguerra il massone Gigliotti diventa un agente della CIA. Nel 1947 riconosce il Grande Oriente d’Italia (GOI) e lavora per l’unificazione delle famiglie italiane, facendo la conoscenza del principe siciliano Giovanni Alliata di Montereale, massone, il cui nome compare nella lista dei partecipanti al golpe Borghese e in quello della Rosa dei Venti[64].
Incaricato da una potente loggia massonica californiana, Gigliotti si adopera anche per ottenere la restituzione ai fratelli italiani di palazzo Giustiniani, storica sede della massoneria, confiscato dal governo fascista in seguito al forzato scioglimento dell’organizzazione; il 7 luglio 1960 il ministro delle Finanze Giuseppe Trabucchi firma l’accordo sulla restituzione dell’edifico al Grande Oriente d’Italia davanti a Publio Cortini (Gran Maestro del GOI dal 1953 al 1957[65]), alla presenza di Frank Gigliotti e dell’ambasciatore statunitense John Zellerbach[66]; come contropartita per il ruolo svolto nell’operazione e per il riconoscimento della massoneria italiana, Gigliotti ottiene, a nome della massoneria USA, il permesso di fondare logge statunitensi in Italia, costringendo le logge italiane ad adeguarsi agli indirizzi generali provenienti da oltreoceano.
In ossequio alla necessità di accordarsi con la Chiesa e la Democrazia Cristiana in funzione anticomunista, il Gran Maestro Giordano Gamberini (succeduto a Cortini nel 1961[67]) proibisce l’anticlericalismo, tratto distintivo della massoneria italiana; negli anni nascono, da Nord a Sud, molte logge massoniche formate da personale civile e militare statunitense[68]. Quando, alla metà degli anni’ 60, Gigliotti esce di scena, Gelli inizia la propria scalata all’interno delle gerarchie massoniche. Nel 1966 il Maestro Venerabile della “Romagnosi” Pirrongelli presenta Gelli al Gran Maestro Aggiunto del Grande Oriente, Roberto Ascarelli, il quale in agosto relaziona entusiasta al Gran Maestro Gamberini circa la fruttuosa attività di proselitismo svolta dal neo affiliato, aggiungendo di volerlo promuovere Maestro ed introdurre nella loggia Hod – cenacolo “intimo” in cui si discute di cultura massonica – incaricandolo della Segreteria[69].
Entro la fine del 1966 Gelli viene elevato al rango di Maestro e il suo fascicolo trasferito dalla segreteria della “Romagnosi” a quella del Grande Oriente[70]. Nello studio di Ascarelli a piazza di Spagna, dove hanno luogo gli incontri della Hod, dopo l’arrivo di Gelli iniziano ad incontrarsi alte persone, non massoni, da lui selezionate secondo rigidi criteri di età e status lavorativo. Questa organizzazione, chiamata “Raggruppamento Gelli P2”, è parallela al Grande Oriente e viene a volte utilizzata da Gamberini per iniziare qualcuno degli elementi ed inserirlo nella loggia riservata, la P2[71], che Ascarelli sovrintende per conto del Gran Maestro. Nel 1967 lo stesso Gelli viene affiliato alla P2 ed incaricato da Ascarelli e Gamberini di far crescere la loggia, il cui controllo rimane comunque nelle mani del Gran maestro Aggiunto[72].
Il tesseramento avviene secondo prassi, anche se le iniziazioni dei nuovi “fratelli” avvengono con rito sommario, cioè per iniziativa univoca del Gran Maestro, contravvenendo alla prassi massonica pur senza infrangere alcuna regola. Nel 1970 muore Roberto Ascarelli e Giordano Gamberini viene sostituito nel ruolo di Gran Maestro dal nuovo eletto, il medico fiorentino Lino Salvini: Gelli si trova improvvisamente in mano la gestione dell’intera P2. Salvini è intenzionato ad allargare l’influenza della Massoneria nel mondo “profano”, spingendo dunque per l’aumento del numero di iscritti e cercando la riunificazione con l’obbedienza massonica “scissionista” della Gran Loggia D’Italia[73]. Attriti fra Salvini e Gelli sorgono in merito alla gestione della P2, che il Gran Maestro non vede di buon occhio perché saldamente nelle mani di Gelli, da lui nominato nel 1971 Segretario Organizzativo della loggia; questi riesce a far approvare a Salvini alcune modifiche nei criteri di ammissione e gestione, così da poter, dopo breve tempo, introdurre fratelli da tutta Italia, riscuotere le quote di capitazione (iscrizione e rinnovo tessera), coordinare i lavori; ciò non di meno, all’insaputa del Gran Maestro e fuori da ogni regola, egli inizia nuovi fratelli[74].
Salvini concede a Gelli, in attesa di demolire la P2, una nuova sede in via Condotti, nel centro di Roma, “coperta” da un Centro Studi di storia contemporanea[76]; dal 1973 lo stesso Salvini inizia nuovi fratelli motu proprio, tenendo una contabilità esterna a quella del Grande Oriente, pensando di aver trovato un equilibrio fra l’iperbolico zelo di Gelli e la propria volontà di mantenere il controllo sulla P2[77], che continua a crescere a ritmi senza precedenti, includendo militari di alto rango. Salvini è da un lato attratto dalle prospettive che un simile concentrato di potere può aprire, dall’altro teme Gelli e la sua loggia, anche in funzione eversiva[78].
Nel 1974 il Gran Maestro si rende conto di aver perduto il controllo della P2, per cui ne propone la demolizione con conseguente trasformazione in loggia scoperta. La votazione in merito alla proposta di Salvini, ha luogo nel dicembre 1974 a Napoli, in occasione della Grande Loggia Festiva: i partecipanti si esprimono nettamente in favore del Gran Maestro. Per procedere alla demolizione – ratificata anche dalla Giunta Esecutiva – è necessario acquisire gli schedari e i fascicoli personali degli aderenti. Dopo varie resistenze, Gelli acconsente a consegnare il materiale in occasione della Gran Loggia successiva, nel marzo 1975. Salvini accetta, dando modo a Gelli di preparare un dossier contenente accuse gravi nei suoi confronti, che viene esposto al pubblico dei partecipanti alla Gran Loggia[79].
Salvini, per vedere ritirate le accuse, deve concedere una nuova bolla costitutiva della P2 come loggia scoperta, quindi regolare, installando Licio Gelli come Maestro Venerabile. In questo modo Gelli è riconosciuto in tutto il mondo massonico come un fratello di alto rango, con tutto il prestigio e l’autorevolezza che ne conseguono, mentre continua a gestire in modo totalmente autonomo il Raggruppamento P2, assimilabile più ad un circolo privato che ad una loggia. In questo raggruppamento confluiscono molti iniziati “sulla spada” prima del 1974 e altri totalmente al di fuori dell’ambiente massonico, i cui nomi sono noti soltanto a Gelli[80].
Già prima di questa svolta, Gelli appare sicuro del controllo che esercita sul gruppo P2: in una riunione dei vertici della loggia, tenutasi all’Hotel Baglioni di Firenze il 29 dicembre 1972, egli propone di utilizzare i membri della P2 per raccogliere informazioni e notizie, da passare poi all’agenzia di stampa Osservatore Politico[81], allora diretta dal Generale Nicola Falde[82], dal 1967 al 1969 capo dell’ufficio Ricerche Economiche e Industriali del SID[83], iscritto alla P2 dal 1971 al 1975 (Roma, 119, dal 1975 in sonno)[84]. Giordano Gamberini, l’ex Gran Maestro, continua ad essere consigliere segreto ed ispiratore di Gelli, oltre che esercitare il proprio potere nel GOI anche dopo l’ingresso di Salvini come suo successore[85]; questo grazie ai legami di vecchia data con la CIA e Gigliotti, di cui Gelli sembra aver raccolto il testimone per i rapporti tra CIA e l’uso della massoneria per strategie eversive, la cui funzione è deteriorare il rapporto di fiducia fra le istituzioni e i cittadini, rendendo gli ultimi più disposti ad accettare una svolta politica in senso autoritario.
Gelli è coinvolto a vari livelli nella strategia della tensione in Italia: la rete di relazioni (da sempre il più grande potere di Gelli) lo colloca all’interno dell’operatività della CIA e del governo USA – con particolare riferimento al Segretario di Stato Henry Kissinger – di benedire e finanziare le operazioni della destra eversiva italiana: è noto, seppur non accertato in sede giudiziaria, il ruolo chiave che Gelli e numerosi appartenenti alla P2 (il direttore del SID Vito Miceli, il Generale dell’Aeronautica militare Giuseppe Casero, il colonnello Giuseppe Lo Vecchio, l’avvocato e parlamentare democristiano Filippo De Jorio) rivestono nel tentato Golpe Borghese dell’8 dicembre 1970[86]. Gelli è in contatto anche con Ordine Nuovo di Pino Rauti, Vincenzo Vinciguerra e Pierluigi Concutelli, relazione su cui viene interrogato dal giudice Vittorio Occorsio pochi giorni prima che lo stesso Concutelli lo uccidesse a colpi di mitra sotto la sua abitazione (Roma, 10 luglio 1976)[87].
Le stragi di Stato
Giovanni Falcone scopre, diversi anni dopo questi eventi, che Concutelli è iscritto alla loggia massonica palermitana Camea (tessera n. 11.070), che annovera fra i propri membri anche uomini di Cosa nostra[89]. Tutti gli affiliati vengono inquisiti nel 1979 per il ruolo svolto nel finto sequestro del finanziere piduista Michele Sindona[90]. Un altro elemento importante nella strategia della tensione in chiave gelliana e piduista è Federico Umberto D’Amato: classe 1919, durante la seconda guerra mondiale è vicecommissario di pubblica sicurezza a Roma; dopo l‘8 settembre diventa agente attivo in operazioni di controspionaggio alle dipendenze dell’OSS di James Angleton, con cui ha un rapporto personale. Dopo la guerra viene assegnato all’ufficio politico della Questura di Roma, quindi all’ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno[91], di cui diviene direttore nel 1971.
D’Amato entra in contatto con Stefano Delle Chiaie e Avanguardia Nazionale tramite Mario Tedeschi, giornalista della rivista “Il Borghese”[92]. Viene rimosso dall’Ufficio Affari Riservati nel 1974, dopo la strage di piazza della Loggia a Brescia, e mandato a dirigere la Polizia di frontiera[93]. Negli atti del processo per il crack del Banco Ambrosiano risultano diversi bonifici eseguiti da Gelli a D’Amato per l’acquisto di un appartamento a Parigi[94]. Appare evidente come D’Amato abbia utilizzato il proprio ruolo in seno al Ministero dell’Interno, oltre all’esperienza e ai contatti maturati attraverso l’attività spionistica, da una parte per depistare le indagini e coprire i responsabili delle atrocità commesse dal terrorismo neo e post fascista dalla strage di Piazza fontana in poi[95], dall’altra per fornire informazioni a Licio Gelli.
In contemporanea alla caduta di D’Amato, nel 1974 Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale divengono oggetto di inchieste giudiziarie, i piduisti Maletti e Miceli vedono pregiudicata la propria posizione in seno al Servizio Informazioni Difesa. Il nome di Gelli non è ancora noto agli ambienti giudiziari né, tantomeno, ai cittadini. Anni dopo la Commissione P2 rivela il ruolo decisivo della P2 nell’attuazione, nella copertura dei responsabili e nel depistaggio delle indagini relative all’attentato di piazza della Loggia (28 maggio 1974)[96].
I vertici del SID, nella persona di Gianadelio Maletti, capo del controspionaggio, ammettono di aver occultato le informative relative ad elementi dell’ordinovismo veneto, provenienti da un agente infiltrato di nome Maurizio Tramonte, assolto assieme agli ordinovisti Delfo Zorzi e Carlo Maria Maggi nel processo per la strage[97]. Le informative di Tramonte, che parlano della pianificazione di un grande attentato pochi giorni prima della strage, vengono ritrovate nel 1991 dal giudice Guido Salvini negli uffici del SISMI di Padova, mentre i carabinieri patavini distruggono, le copie in loro possesso di documenti analoghi, contravvenendo all’obbligo di conservazione[98]. Comandante dei Carabinieri di Padova dal 1970 al 1976, anni in cui la città è un centro nevralgico dell’eversione nera, è Manlio Del Gaudio, piduista[99].
Il terrorismo finanziario
Gli attentati, la copertura dei terroristi neofascisti in clandestinità, la rete di corrotti e collaboratori dei servizi segreti italiani ed americani, hanno bisogno di somme crescenti di denaro. E Gelli se ne occupa personalmente, grazie alla sua Loggia e grazie a Ruggero Firrao, che alla metà degli anni 70 è direttore generale delle valute presso il Ministero del Commercio con l’Estero, oltre ad essere iscritto alla P2. La sua funzione è quella di assicurare a Gelli autorizzazioni per l’apertura, da parte del ministero, di consistenti linee di credito volte a sostenere le spericolate operazioni finanziarie coordinate da due affiliati alla P2: Umberto Ortolani e Roberto Calvi[101].
Imprenditore e finanziere, Ortolani ha un passato da agente del SIM (Servizio Informazioni Militari) durante gli anni della dittatura fascista. Sempre strettamente a contatto con il mondo della stampa e dell’editoria, egli è editore, in periodi diversi, di due agenzie di stampa: la Stefani e, successivamente, l’Agenzia Italia (da lui fondata con i fondi USA dell’European Reconstruction Program[102], poi ceduta all’ENI)[103]; in Sudamerica è attivo dal secondo dopoguerra, divenendo negli anni 60 proprietario del Banco Financero Sudamericano (Bafisud) in Uruguay, della Banca Continental e della Banca del Plata[104] in Argentina; all’attività bancaria affianca quella editoriale, assumendo il controllo di tre quotidiani: “Il Corriere degli Italiani” (Argentina), “La Hora de Italia” (Uruguay) e “Il Giornale d’Italia” (Brasile)[105], riuscendo a diventare presidente dell’Associazione Stampa Italiana all’estero.
Frequentatore della prima ora di esponenti DC come Amintore Fanfani e Giulio Andreotti, Ortolani riesce ad entrare nella cerchia del cardinale Giacomo Lercaro, di stanza a Bologna, dove egli si trova spesso per il proprio incarico di amministratore delegato della Ducati[106]. Nella seconda metà degli anni 50 diventa collaboratore del democristiano Fernando Tambroni, fino alla caduta del governo da questi presieduto (con l’appoggio del MSI) nel 1960, divenendo uno degli attori chiave nel mastodontico affare della speculazione edilizia a Roma – mettendo mano, da presidente dell’Istituto Nazionale per i dipendenti pubblici, alla costruzione del Villaggio Atleti per le Olimpiadi romane[107].
Anche i suoi figli sono coinvolti: Mario e Piero si trasferiscono in Uruguay per gestire l’espansione in Brasile e Argentina del Bafisud di Montevideo, mentre il primogenito Amedeo, dal 1975, dirige la Voxson, società produttrice di apparecchi radio di proprietà della EMI[108]. Uomo che gode della più alta considerazione nelle alte sfere della politica italiana e del Vaticano, Ortolani viene più volte insignito di titoli onorifici: Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana[109], Cavaliere di Gran Croce, Gentiluomo d’Onore di Sua Santità[110], Ambasciatore del Sovrano Ordine di Malta. Per la morte del cardinal Lercaro fa scolpire a Giacomo Manzù una statua dedicata al porporato nella basilica bolognese di San Petronio[111].
Questo è l’uomo che, nel 1972, entra in contatto con Licio Gelli: la rivista O.P. di Mino Pecorelli pubblica un articolo nel quale imputa i problemi dell’Argentina a tre importanti italiani operanti in quel periodo a Buenos Aires: Oberdan Sallustro – direttore della FIAT Concord argentina, poco dopo rapito e ucciso dall’ERP (Ejercito Revolucionario del Pueblo)[112], Aurelio Peccei – fondatore della FIAT Concord, tornato a Buenos Aires per tentare di liberare Sallustro e poi tornato in gran fretta in Italia – e Umberto Ortolani. Quest’ultimo, preoccupato per l’incolumità propria e dei propri figli, trova il giusto contatto in Gelli, che gli offre protezione in cambio della iscrizione alla P2. In considerazione dei legami tra Mino Pecorelli (direttore di O.P.), i servizi segreti e la P2 è possibile che il ricatto messo in piedi da Pecorelli sia stato favorito dallo stesso Gelli per favorire l’avvicinamento di Ortolani.
Nel giugno 1975, Amedeo Ortolani, all’epoca amministratore delegato della Delfino Immobiliare, viene rapito dal clan dei Marsigliesi e poi rilasciato dopo undici giorni a seguito del pagamento di un cospicuo riscatto (un miliardo di lire[114]); nel 1994 Antonio Mancini (pentito, ex-membro della Banda della Magliana) afferma che si è trattato di un finto rapimento, organizzato dai marsigliesi per consentire ad Umberto Ortolani di fugare i dubbi sui suoi rapporti con la criminalità[115]. Nel marzo 1976 Albert Bergamelli viene arrestato grazie alle indagini del giudice Occorsio, dichiarando di essere protetto da una grande famiglia. Quale sia questa famiglia lo si può intuire dall’arresto due giorni più tardi, del suo avvocato, Gian Antonio Minghelli, figlio del generale di Polizia Osvaldo e segretario organizzativo della P2[116]. Interrogato dai giudici Occorsio e Ferdinando Imposimato, lo stesso Bergamelli ammette la propria appartenenza alla massoneria, senza però nominare la P2[117].
Lo stesso Gran Maestro Salvini, nel marzo 1975, viene interrogato cinque volte dal giudice istruttore Francesco Fiore in merito al golpe Borghese (1970), al fallito colpo di stato dell’estate 1974 (il cosiddetto “golpe bianco” di Edgardo Sogno)[118], e ai suoi contatti con gli eversori veneti del gruppo “Rosa dei Venti”[119]. Sugli stessi argomenti Fiore interroga più volte Vito Miceli e Gianadelio Maletti (piduisti a capo, rispettivamente, del SID e del controspionaggio del SID), che poi vengono ascoltati anche dal giudice Giovanni Tamburrino – il quale indaga a Padova sulla Rosa dei Venti – insieme al colonnello dell’Esercito Amos Spiazzi e a Giulio Andreotti[120]. Il potere di Gelli è cresciuto così tanto da non poter più essere celato a lungo. In tutta Italia ci sono magistrati che, indagando sugli atti terroristici di destra degli ultimi anni, prima o poi arrivano al suo nome o a quello della P2.
Nell’ottobre 1974 Emilio Santillo, direttore dell’Ispettorato Antiterrorismo del Ministero dell’Interno, invia a Tamburrino un rapporto sui legami fra Gelli, la P2 (inizialmente identificata come “Gruppo Gelli”) e i progetti golpisti di Borghese. Un secondo rapporto di Santillo viene inviato al giudice Istruttore di Bologna Vito Zincani il 27 dicembre 1975: vengono rafforzati i sospetti su Gelli, sul suo passato fascista e sulle attività della P2. Il terzo rapporto viene inviato da Santillo a Pier Luigi Vigna e Luigi Pappalardo, magistrati della Procura della Repubblica di Firenze, il 9 ottobre 1976, nell’ambito delle indagini sull’omicidio del giudice Vittorio Occorsio[121].
Qui si parla diffusamente della massoneria italiana, della P2, della sua sede, del passaporto argentino di Gelli, rilasciatogli per ordine di Perón, degli affari della Lebole con la Romania, dell’Hotel Excelsior di Roma – usato da Gelli come base romana per incontri privati e riunioni; Santillo fa riferimento anche al documento che Gelli avrebbe diffuso ai “fratelli” circa le misure da adottare in sede governativa da parte della DC per uscire dalla crisi: controllo radio televisivo, revisione della Costituzione, soppressione dell’immunità parlamentare, riforma dell’ordinamento giudiziario, revisione delle competenze delle Forze dell’Ordine, sospensione biennale delle attività sindacali e blocco dei contratti di lavoro[122].
L’informativa riporta anche i nomi di molti fra gli allora presunti (perché emersi a mezzo stampa) appartenenti alla P2, come Miceli e Maletti, il capitano dei Carabinieri Antonio Labruna, agente del SID, l’Ammiraglio Gino Birindelli, Remo Orlandini, costruttore vicino a Borghese e implicato nel Golpe, Michele Sindona, Umberto Ortolani e Gian Antonio Minghelli[123]. Organi ministeriali e inquirenti conoscono, all’epoca, informazioni indiziarie ma circostanziate sull’attività di Gelli. L’arresto di Minghelli, a causa del suo ruolo nella P2, rischia di portare all’attenzione dei giornali il passato del Venerabile e i nomi di qualche massone coinvolto in inchieste giudiziarie; una vera iattura per Gelli, che rischia di perdere il potere faticosamente conquistato. Convinto assertore del gioco d’anticipo, Gelli propone/impone a Salvini la cautelare sospensione dei lavori della P2, così da consentire ai “fratelli” di trovare serenità lontano dagli scandali[124].
Questo non rende, però, la loggia inoperosa; Gelli continua a scovare nuovi affiliati da iniziare non ufficialmente alla P2, al momento chiusa, affidando le incombenze di iniziazione a Gamberini, spostando la sede del rito nella suite dell’Excelsior da lui affittata tempo addietro. Per quanto riguarda i tesseramenti, Gelli riceve da Salvini, ricattato o impaurito, tessere in bianco da lui firmate, che Gelli può quindi dispensare a piacimento a persone su cui nessun organo della Massoneria può effettuare una preventiva verifica di idoneità[126]. Con un abile colpo di mano Gelli riesce a superare il difficile momento, trasformando la P2 in un’organizzazione esterna, di fatto, al Grande Oriente. Congelata, la loggia non può più essere sottratta al suo controllo.
La stampa, però, inizia a collegare le azioni dell’Anonima Sequestri e del Clan dei Marsigliesi con l’eversione nera, collocando al vertice della piramide una organizzazione massonica guidata da un potente uomo di Arezzo… Il nome di Gelli esce per la prima volta sul Messaggero, firmato da Mario Caffaro, il 9 maggio 1976. Per tenere buona la stampa e scongiurare gli attacchi del PCI, l’unico elemento fuori dal suo controllo, Gelli ricorre ad un singolare stratagemma: ottiene dal vecchio responsabile del CLN di Pistoia, Italo Carobbi, di redigere una copia del vecchio lasciapassare del 1944 attestante le sue attività in favore dei partigiani, facendolo poi circolare nell’ambiente massonico e nelle redazioni dei quotidiani. Le voci su un Gelli torturatore di partigiani si spengono immediatamente, la stampa è più in generale colta in contropiede dalle rivelazioni contenute nel documento, che gettano una luce affatto nuova su un personaggio estremamente sfuggente[127].
Il giudice Occorsio, poco prima della morte, confida al cronista de l’Unità Franco Scottoni l’intenzione di indagare sull’ONPAM (Organizzazione mondiale per l’assistenza massonica), con proseliti soprattutto in Sudamerica, denunciata come illegale dalla massoneria ufficiale, che però raccoglie l’adesione della P2. L’ONPAM, dietro cui risulta essere Gelli[128], annuncia l’intenzione di acquistare un edificio a Roma del valore di otto milioni di dollari. Il giudice avrebbe ipotizzato che l’attività dell’Anonima sequestri di Bergamelli potesse servire a finanziare operazioni come questa[129]. Salvini (15/08/1976) e Gelli (18/05/1977) vengono interrogati, nell’ambito delle indagini sull’omicidio Occorsio, proprio in relazione alla P2, all’ONPAM e ai rapporti tra Gelli e Minghelli[130].
Il 22 maggio 1981, due mesi dopo il sequestro di Castiglion Fibocchi, viene spiccato un mandato di arresto nei confronti del Venerabile, che però è irreperibile. Rimane latitante in Francia e poi in Sudamerica fino al suo arresto a Ginevra, avvenuto il 13 settembre 1982. Viene rinchiuso nel carcere di Champ Dollon, da cui evade il 10 agosto 1983. Gelli vive in latitanza fino al 21 settembre 1987, quando si costituisce a Ginevra. Viene estradato in Italia nel febbraio successivo, ottenendo la libertà vigilata per motivi di salute. Anche nel 1998, dopo la definitiva condanna a 12 anni per il crack del Banco Ambrosiano, Gelli si dà alla macchia per quattro mesi, prima di essere acciuffato e scontare la pena agli arresti domiciliari a villa Wanda[131].
Nel luglio 1982, al tempo del soggiorno segreto a Nizza, Maria Grazia Calvi viene fermata al momento del suo arrivo all’aeroporto di Fiumicino; nel doppio fondo di una delle valige della figlia del Venerabile vengono trovati alcuni documenti, fra cui il Piano di Rinascita Democratica[132]. Scritto con ogni probabilità nel 1976 da un gruppo di esperti legati a Gelli, il Piano è un programma di “rivitalizzazione” non golpista delle istituzioni democratiche attraverso la limitazione delle libertà civili, politiche ed associative in generale, la selezione dall’alto delle persone incaricate delle funzioni di governo, il controllo dell’informazione, la dismissione della RAI, la nascita di reti televisive private, la messa al bando di partiti, sindacati, istituzioni, testate giornalistiche riconducibili all’area comunista o anche solo progressista, la limitazione del potere della magistratura e, a medio termine, tramite modifiche alla Costituzione[133].
È sorprendente notare come molti di questi propositi abbiano trovato applicazione nei decenni seguenti, soprattutto in relazione alla carriera, imprenditoriale prima e politica poi, del piduista Silvio Berlusconi. La Fininvest, Forza Italia, la decadenza della RAI, la proprietà di numerose testate giornalistiche, le battaglie contro la magistratura e i tentativi parlamentari di sottomettere il potere dei giudici a quello della politica, la scissione del fronte sindacale del 2002, con la CGIL rimasta sola a contestare la modifica dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, sono alcuni dei lasciti che il Maestro Venerabile, per mano di un suo antico protetto e sodale, ha gentilmente imposto alle nostre esistenze[134].
Il Banco Ambrosiano – una matassa indistricabile
Il bisogno di soldi cresce, e cresce l’urgenza con cui se ne deve avere la disposizione, sicché Gelli, a metà degli anni 70, conquista gradualmente il controllo occulto del Banco Ambrosiano. Classe 1920, Roberto Calvi inizia a lavorare al Banco Ambrosiano come impiegato nel 1947, sotto l’ala del manager Alessandro Canesi, futuro presidente dell’Istituto[136]. Nel 1971 Calvi diviene direttore generale, nel 1974 vicepresidente e nel 1975 presidente del Banco[137]. La storia dell’Ambrosiano, ben prima di legarsi a quella della P2, corre vicino a quella dell’Istituto per le Opere di Religione (IOR), la banca del Vaticano. Fondato nel 1896 dall’avvocato (e terziario francescano) Giuseppe Tovini per finanziare istituzioni pie[138], l’Ambrosiano ha provati rapporti con lo IOR già dal 30 ottobre 1967, data della stipula di un contratto firmato dal contabile vaticano Pellegrino de Strobel e monsignor Donato de Bonis (futuro segretario dello IOR) per effetto del quale lo IOR autorizza la Banca del Gottardo alla gestione di un’azienda chiamata Intermax[139].
Questo legame viene ereditato dal cardinale Paul Marcinkus quando assume la guida dell’Istituto vaticano, così come da Calvi quando ascende a pozioni apicali nell’Ambrosiano. Nel 1956, quando Alessandro Canesi è direttore generale, dirigenti del Banco danno mandato all’avvocato Walter Keicher (uomo al servizio di potenti e discreti uomini d’affari di tutto il pianeta) di registrare nel Liechtenstein una azienda di nome Lovelok; Keicher è la persona che, per conto dello IOR, crea la Intermax. La Intermax viene utilizzata, un anno più tardi, per la costituzione della Banca del Gottardo[140].
Nel 1960 l’Ambrosiano acquista il 40% del capitale di questo Istituto svizzero, presumibilmente proprio dalla Lovelok. Nel 1963 la Lovelok apre in Lussemburgo la consociata Compendium, in futuro rinominata BA Holding: l’80% del capitale necessario all’operazione viene versato da Lovelok, il resto dalla “Etablissement pour les Participations Internationales”, una fiduciaria del Liechtenstein appartenente alla Banca del Gottardo. Scopo della Compendium è acquistare azioni dell’Ambrosiano in origine destinate ai piccoli azionisti, ma che in realtà si vuole che restino sotto il controllo della Banca stessa e di coloro che la gestiscono; nel giro di tre anni la società arriva a detenere l’8% del capitale dell’Ambrosiano. L’operazione viene finanziata dalla Lovelok, con i soldi dell’Ambrosiano o dalla Banca del Gottardo; la Compendium è gestita, fin dalla sua creazione, da Calvi per conto di Canesi[141]. La direzione dell’Ambrosiano detiene, così, una partecipazione segreta al capitale dell’istituto, che verrà più volte spostata e nascosta e verrà ritrovata, molti anni dopo, nelle pieghe contabili della United Trading, società cardine del sistema off-shore messo in piedi da Calvi[142].
Nel 1965 Canesi diviene presidente dell’Ambrosiano; la Compendium di Calvi inizia nel 1968 a rivendere le azioni Ambrosiano, la maggior parte della quali viene acquistata dalla Banca del Gottardo tramite la fiduciaria Locafid. Calvi entra nel consiglio di amministrazione della Ultrafin, una banca d’affari con sede a Lugano creata dalla Lovelok[143]. Sono sempre gli stessi soldi, ma vengono mossi così spesso da sembrare molti di più. Nel 1970 Calvi è già in rapporti stretti con Luigi Mennini, amministratore delegato dello IOR, già direttore della Banca Unione e consigliere della Banca Privata Finanziaria di Michele Sindona (di cui lo IOR è socio di minoranza[144])[145]. Il figlio di Mennini, Alessandro, viene assunto nel 1969 nell’ufficio esteri dell’Ambrosiano, a fianco di Giacomo Botta e Filippo Leoni, che diventano stretti collaboratori di Calvi e verranno poi imputati della bancarotta fraudolenta della banca[146].
Come se non bastasse, tra i protetti arriva il banchiere siciliano Michele Sindona. Calvi conosce Sindona nel 1968: un suo vecchio compagno di studi è consuocero del banchiere; l’11 maggio 1970 i rapporti diventano d’affari con l’acquisto, da parte della Compendium, di un pacchetto di azioni della Banca Unione di Sindona. Pochi giorni dopo lo IOR acquista 10’000 azioni dell’Ambrosiano. In luglio la Compendium acquisisce altre azioni della Banca Unione, arrivando al 7% del capitale; Sindona, attraverso la società svizzera Valiana, acquista azioni Ambrosiano. Lo stesso continua a fare lo IOR, che arriva a possedere l’1,14% dell’istituto.
Nel giugno 1970, intanto, la Compendium crea una seconda società di nome Ultrafin, che ha sede a New York, spostando la prima Ultrafin (creata dalla Lovelok) da Lugano a Zurigo. A fine anno l’Ambrosiano e la Banca del Gottardo acquistano il 60% (40 al primo e 20 alla seconda) della Compendium dalla Lovelok[148]. Sempre gli stessi soldi, che vengono mossi in modo sempre più veloce, per farli sembrare più di quanti sono in realtà. Per gestire parallelamente la loro esistenza e la loro apparenza, Ultrafin crea una intera struttura di commercialisti, contabili ed avvocati, che verrà coordinata, anche dopo la morte di Calvi, dal fiduciario ticinese Helios Jermini[149].
Il 1971 si apre con la promozione di Paul Marcinkus da direttore generale a presidente dello IOR[150] e prosegue con il viaggio di Roberto Calvi e Fernando Garzoni – presidente della Banca del Gottardo[151] – a Nassau, Bahamas. Più che lo splendido clima e la pesca d’altura, l’interesse dei due è dare vita ad una nuova consociata della Compendium in un paradiso fiscale: il 23 marzo vede la luce la Cisalpine Overseas Nassau Bank. Tra i membri del consiglio di amministrazione figurano: Calvi, Garzoni e Ned Feldman – direttore della Ultrafin newyorkese. Calvi, a cui viene conferito potere di firma, è anche direttore generale dell’Ambrosiano. La prima operazione nel nuovo incarico consiste nell’allearsi con Jocelyn Hambro[152], finanziatore di Sindona attraverso la partecipazione della sua Hambros Bank nella Banca Privata Finanziaria[153]. Ultrafin e Hambros, insieme alla Colias, acquistano il controllo della finanziaria milanese Bastogi, che è sull’orlo del fallimento. La Colias è una società creata in Lussemburgo da Michele Sindona, cui l’Ambrosiano fornisce gli oltre 15 milioni di dollari necessari alla sua parte nell’operazione[154].
Nell vortice di denaro le cifre in uscita sono sempre più ingenti. Come nel caso dell’acquisizione della Banca Cattolica, il cui 50% viene pagato un prezzo sproporzionato in relazione alle rendite dei depositi: 46,5 milioni di dollari. Ma questo prezzo viene sbriciolato tra le mille controllate dell’Ambrosiano, sicché alla fine il vero prezzo, con l’aggiunta di regalie e tangenti, sarà di 73,5 milioni di dollari[155]. Nel 1972 Calvi assume il controllo del Credito Varesino di Anna Bonomi e del figlio Carlo. Avendo accumulato un pesante indebitamento per rastrellare azioni Varesino alla fine del 1971, nel febbraio 1972 Bonomi entra in rapporti con l’Ambrosiano di Calvi.
Ufficialmente, l’Ambrosiano presta alla Bonomi 8,9 miliardi di lire, a garanzia del quale vengono messe 2,1 milioni di azioni del Credito Varesino ad un prezzo del 20% inferiore a quello di mercato. Sottobanco, le parti sottoscrivono però un accordo differente: la famiglia Bonomi vende a Calvi le azioni ad un prezzo assai superiore a quello di mercato; la differenza di prezzo viene versata in franchi su una banca svizzera (operazione illegale, che nel 1981 è fra quelle contestate a Calvi nel processo per esportazione di valuta[156]). Calvi riceve dai Bonomi un altro 1,1 milione di azioni estere del Varesino, arrivando così a controllarne il 53%. La società che acquista il Credito Varesino è la Cimafin, finanziata dalla Cisalpine per 90 milioni di franchi svizzeri[157].
A questo punto sorge un problema che costringe i protagonisti di queste vicende a modificare il piano d’azione: nella prima metà del 1972 la società Price Waterhouse viene incaricata di revisionare i conti della Cisalpine e della Compendium. Durante il procedimento di approvazione del bilancio, i revisori della Price Waterhouse non possono evitare di constatare l’enorme esposizione della Cisapline nei confronti di Compendium (43 milioni di dollari), della Radowal, di Vertlac (59 milioni di dollari), della Lovelok (12,5 milioni di dollari), della Cimafin (23 milioni di dollari). A fronte di una tale mole di prestiti non vengono trovate adeguate garanzie. Nonostante questo, la Price Waterhouse firma i bilanci della Cisalpine senza grandi appunti[158].
Subito dopo, alla fine di aprile, Calvi azzera i debiti di tutte le società registrate in Liechtenstein, tranne la Vertlac e la Compendium. Incorrere in ulteriori problemi con le società di revisione, ma anche con membri del consiglio di amministrazione, significa rischiare di non poter più utilizzare la Cisalpine per emettere prestiti non garantiti alle società del Liechtenstein, rendendo inutile la rete di società segrete faticosamente messa in piedi. La strategia che Calvi e Marcinkus mettono a punto per sfuggire ai controlli consiste in un accordo su operazioni in conto deposito, conosciute in inglese con l’espressione back-to-back: d’ora in poi la Cisalpine, per finanziare una delle società della rete – molto spesso la Radowal-, versa il denaro presso lo IOR, che poi si incarica di trasferire segretamente la somma alla società destinataria. Questo gioco è possibile grazie alla singolare posizione dello IOR, che non è in pratica soggetto ad alcun controllo sulle proprie operazioni, costituendo allo stesso tempo una garanzia per quel che riguarda i depositi della Cisalpine. Attraverso il ciclo Cisalpine-IOR-Radowal nessun prestito alle società della rete compare nei bilanci della banca di Nassau, invisibile a revisori e consiglieri di amministrazione. Anche il direttore, Pierre Siegenthaler, afferma di non essere stato messo al corrente delle manovre da Calvi o Marcinkus[160].
Walther Pierre Siegenthaler, ex dirigente della Deltec Bank, viene assunto da Calvi come direttore della Cisalpine alla fine del 1970, ma mente quando dice di non saper nulla: è uno dei cassieri dell’Opus Dei, un’organizzazione potentissima ed estremamente conservatrice, formata come una diocesi senza territorio[161], che dalla Spagna si diffonde in tutto il mondo[162] e che già ai tempi di Calvi è estremamente potente. L’Opus Dei mirerebbe al controllo dello IOR, ragion per cui Siegenthaler sorveglia i movimenti di Marcinkus da una posizione privilegiata. Dopo che il 1° luglio 1980 la Cisalpine diventa Banco Ambrosiano Overseas Ltd. (Baol), Siegenthaler trasferisce enormi somme di denaro dalla Baol a società panamensi controllate dallo IOR, contribuendo notevolmente alla crisi del sistema messo in piedi da Calvi. Siegenthaler è, ad esempio, presidente della Astolfine, società panamense legata allo IOR, che ha un debito con il Banco Ambrosiano Andino di Lima (altro istituto fondato da Calvi) di circa 500 milioni di dollari[163]. La Astolfine, insieme a Bellatrix, Belrosa, Erin, Laramie e Starfield costituisce il gruppo di società registrate a Panama e gestite da uomini di Siegenthaler con lo scopo di sottrarre indisturbati il denaro dell’Ambrosiano[164].
Nella primavera del 1973 la Anli diviene consociata della Radowal, che ne prende il controllo e ne aumenta il capitale da uno a dieci milioni di franchi svizzeri. La Anli utilizza il denaro per aumentare il capitale della controllata Suprafin, in trattativa per azioni dell’Ambrosiano a Piazza Affari, e per finanziare la Banca del Gottardo e Compendium-Ba Holding, oltre ad acquistare ulteriori azioni B della Cisalpine. Calvi si serve di prestiti a breve termine in conto deposito (back-to back) per finanziare investimenti a lungo termine, presumibilmente perché lo IOR si impegna dall’inizio a rinnovare i depositi senza sosta, mascherando così l’instabilità del sistema messo in piedi[165].
L’acquisizione della società Pacchetti da parte di Calvi causa tali perdite da poter essere considerato uno degli elementi centrali dell’enorme passività registrata dall’Ambrosiano nel momento della morte del banchiere. Nel 1972 Sindona è in procinto di concludere l’acquisto della disastrata Franklin National Bank di New York attraverso l’acquisizione del 22% del pacchetto azionario ad una cifra di 40 milioni di dollari. A questo scopo egli deve non solo rientrare in possesso dei 138 milioni di franchi svizzeri con cui, poco tempo addietro, finanzia l’acquisizione del Credito Varesino, ma anche trovarne dell’altro[166].
Calvi e Sindona mettono in piedi un’operazione che porta soldi freschi a Sindona e permette a Calvi di speculare sulle azioni del Credito Varesino, sempre contando sula collaborazione dello IOR. Tutto ruota attorno alla lussemburghese Zitropo, che Sindona crea nel giugno del 1972; la Zitropo acquisisce il controllo di Pacchetti, usata da Sindona, tramite il presidente Massimo Spada, per rilevare aziende elettriche e di macchinari agricoli. La Pacchetti cresce a Piazza Affari. Lo IOR, però, con gli stessi soldi apre un nuovo contratto, in scadenza nel marzo 1973, fissando il prezzo di 10’000 lire ad azione. Questo significa un prestito di 9870 miliardi di lire (17 milioni di dollari) al tasso del 9% a fronte della vendita di azioni ad un prezzo del 20% superiore alla quotazione ufficiale. Liquidatore delle imprese di Sindona in Italia, Giorgio Ambrosoli indaga le cifre manovrate da Calvi, Sindona e Marcinkus[168]. Prima di poter rivelare ulteriori particolari sulla vicenda, Ambrosoli viene ucciso sotto la propria abitazione l’11 luglio 1979 da William Joseph Aricò, ingaggiato per l’operazione da Michele Sindona[169].
Interrogato dal FBI nell’aprile del 1973 in relazione ad un traffico di titoli USA falsi o rubati, Marcinkus ammette di conoscere Mario Foligni, il quale avrebbe tentato di convincere il presidente dello IOR a prestare 300 milioni di dollari a Pesenti, ottenendo un secco rifiuto. Foligni sale agli “onori” della cronaca quando il suo nome viene coinvolto nell’inchiesta conosciuta come “Scandalo dei petroli”: nel relativo processo i generali della Guardia di Finanza Raffaele Giudice (uomo di Andreotti, iscritto alla P2) e Donato Lo Prete (tesserato P2, molto vicino a Sereno Freato, segretario di Aldo Moro) vengono condannati, insieme a diversi complici, per aver truffato allo Stato 300 miliardi di lire attraverso la copertura di imprese che contrabbandano petrolio e combustibili derivati[170].
Alla disperata ricerca di soldi per coprire i giganteschi ammanchi, Marcinkus si rivolge a dei suoi nuovi amici: i mafiosi Gaetano Badalamenti, Giuseppe Calò, Stefano Bontate e i fratelli Antonio e Ignazio Salvo: nella richiesta di autorizzazione a procedere emerge un accertato legame societario e finanziario, iniziato nel 1975, fra Fiorenzo Ley-Ravello e Domenico Balducci. Quest’ultimo e Flavio Carboni – di cui si tratterà più avanti – risultano essere i mediatori per acclarati rapporti economici fra la società Flaminia Nuova di Ley-Ravello e Giuseppe “Pippo” Calò[171]. Le partecipazioni ufficiali di Calvi, invece, vanno bene: Banca Cattolica, Credito Varesino, Toro. Il gruppo Ambrosiano è, in questo momento, uno dei più potenti in Italia, grazie al decisivo sostegno dello IOR[172].
O, meglio, andrebbero bene se Calvi non fosse costretto a correre in soccorso di Michele Sindona, che deve fondere le sue società immobiliari nella finanziaria Finambro, in modo da nasconderne le perdite; la fusione e l’aumento di capitale si 160 milioni di lire non vengono autorizzati dalla Banca d’Italia, eppure le autorità americane concedono a Sindona il permesso di acquistare la Franklin Bank ed usarne il patrimonio per pagare gli altri debiti. Nel settembre 1973, nel corso di un intervento pubblico a New York, Andreotti definisce Sindona il salvatore della lira, ma la Franklin Bank naviga già in cattive acque; a luglio Jack Begon, il giornalista americano che ha scritto sui rapporti fra Sindona, la CIA e la Mafia, viene rapito a Roma e tenuto prigioniero per quattro settimane. I sospetti su Sindona si fanno più circostanziati. Eppure, nel gennaio 1974 l’ambasciatore USA a Roma John Volpe gli conferisce il titolo di “Uomo dell’anno 1973”[173].
Pochi giorni prima viene assassinato a Palermo l’agente di polizia Angelo Sorino, che la Mafia ritiene responsabile di aver passato le informazioni a Begon[174]. Nel febbraio 1974 La Malfa si dimette da ministro del Tesoro[175] ed è sostituito dal democristiano Emilio Colombo[176]. In aprile, nonostante le crescenti difficoltà della Franklin National Bank, Sindona conduce in porto un aumento di capitale della sua Finabank di Ginevra, partecipata al 29% dallo IOR: Marcinkus è prudente, acquista soltanto la metà delle azioni e cedendo i restanti diritti per coprire i costi dell’operazione di sottoscrizione, abbassando la propria quota di partecipazione al 22%. Nell’occasione Calvi colloca (vende) il proprio 18% della Finabank. Calvi azzera il debito l’anno successivo, perdendo il denaro per sempre. In maggio la Federal Reserve blocca un tentativo di Sindona di far acquistare alla Franklin National delle proprie azioni di una finanziaria acquistata l’anno precedente ad un prezzo gonfiato; i grandi clienti ritirano i propri depositi dall’istituto. La notizia si diffonde in Italia, e le azioni in borsa crollano[177].
Dopo le prime ispezioni della Banca d’Italia, i magistrati milanesi Guido Viola e Ovilio Urbisci scoprono che gli istituti di Sindona sono stati letteralmente spolpati, lasciando un buco di 386 milioni di dollari. Il 27 settembre 1974 la Banca d’Italia nomina l’avvocato Giorgio Ambrosoli liquidatore degli istituti di Sindona. L’8 ottobre la Franklin National Bank fallisce, costringendo i contribuenti statunitensi a colmare un buco di 2 miliardi di dollari: all’epoca è il più grande disastro finanziario della storia degli Stati Uniti. Michele Sindona, avvertito da Licio Gelli del mandato di arresto nei suoi confronti emesso dalla polizia svizzera, si rifugia a Taiwan; Carlo Bordoni, suo strettissimo collaboratore, sceglie il Venezuela, dove viene arrestato nel 1978 ed estradato in Italia.
Dopo aver reso dichiarazioni utili nelle vicende del suo ex principale, egli viene messo in libertà provvisoria e scompare, riapparendo negli Stati Uniti, dove diventa collaboratore di giustizia in qualità di testimone chiave contro Sindona nel processo per il crack della Franklin National Bank[179]. Lo IOR e Calvi, che escono quasi illesi dalla bancarotta, sono costretti però a versare soldi nella miriade di società offshore collegate a Sindona e liquidare tutto per cancellare le tracce della relazione con il bancarottiere siciliano[180].
Nel novembre 1974 Calvi inizia la dismissione di tutte le società della rete segreta di cui Sindona è a conoscenza: la Radowal sparisce, sostituita dalla panamense United Trading, creata il febbraio precedente da Arthur Wiederkher, console di Panama a Zurigo nell’ambito di un progetto di lancio pubblicitario del paese americano come paradiso fiscale. A novembre la United Trading viene ceduta alla Banca del Gottardo, con Garzoni presidente e Francesco Bolgiani, manager della banca svizzera, suo vice. Alla United Trading viene quindi trasferito il patrimonio della Radowal. Quest’ultima finisce poi in liquidazione insieme a Cimafin, Lovelok, Vertlac, Tunfell e Fabiar. La United Trading, ora al vertice della rete segreta, eredita le azioni del Banco Ambrosiano e di tutto il resto della rete offshore[181].
In quel periodo Gelli diventa Maestro Venerabile della P2, mentre Ortolani è alle prese con il rapimento del figlio maggiore Amedeo. Andrea Rizzoli presenta ad Ortolani suo figlio Angelo, amministratore delegato della omonima casa editrice, e Bruno Tassan Din, direttore finanziario del gruppo. Questi ultimi hanno necessità di reperire fondi per il finanziamento del gruppo. Calvi e Ortolani si conoscono a metà del 1975. Successivamente Calvi viene presentato a Gelli e fa il proprio ingresso nella P2. Il sodalizio fra i tre ha, nell’immediato, risvolti positivi per Calvi, che ottiene dal piduista Ruggero Firrao, direttore valute al ministero per il commercio con l’estero, l’autorizzazione di cui il gruppo Ambrosiano ha bisogno per poter continuare ad operare con la Cisalpine. Nel giro di pochi mesi Banca Cattolica e Credito Varesino ottengono le medesime autorizzazioni. Fra il 1976 e il 1978 Calvi fa pervenire su conti correnti di Firrao 5 milioni di dollari[182].
Per Gelli e Ortolani, ovviamente non mancano i vantaggi: i due riescono a ricevere da Calvi, fra il 1975 e il 1981, circa 250 milioni di dollari. Ortolani convince Calvi della necessità di ampliare il proprio giro di amicizie e di affari; nel frattempo comincia a ricevere denaro: è possibile che sia stato lo stesso Calvi a pagare il riscatto per la liberazione di Amedeo Ortolani. Nell’ottobre 1975 Gelli e Calvi aprono due conti presso l’UBS di Ginevra: su questi, oltre che su conti intestati a Ortolani, vengono girati i soldi che Calvi ha versato ai parenti di Ortolani; inserendo il banchiere fra i riceventi il denaro, Gelli si assicura di averlo in mano, potendo in qualunque momento ricattarlo. Proprio in quel periodo Calvi succede a Mozzana nella carica di presidente dell’Ambrosiano, mantenendo la carica di amministratore delegato[183].
Risolto un problema, ecco che ne arriva un altro: Calvi, che deve presentare i bilanci in pareggio, ha bisogno di vendere parte delle azioni Ambrosiano in portafoglio alla sua rete segreta. In quei giorni Ortolani presenta Angelo Rizzoli e Tassan Din a Gelli per parlare della nuova casa editrice che hanno acquistato in Argentina; Gelli li convince ad iscriversi alla P2 e presenta loro alcuni banchieri amici. Tra loro, oltre ad Alberto Ferrari della Banca Nazionale del Lavoro[185] e Giovanni Cresti del Monte dei Paschi di Siena[186], c’è Roberto Calvi. Rizzoli è alla guida dell’azienda di famiglia dal 1971, nominato amministratore delegato dal padre Andrea, mentre Bruno Tassan Din viene assunto nel 1973.
Nel 1974 Eugenio Cefis, capo della Montedison (da cui proviene Tassan Din), ha un ruolo cruciale nell’acquisto del Corriere della Sera da parte della Rizzoli. Il quotidiano è, al momento dell’operazione, di proprietà delle famiglie Crespi, Agnelli, Moratti ed altri, e perde molti soldi. I 49,5 miliardi necessari all’acquisto arrivano ad Andrea Rizzoli – azionista di riferimento – per metà dalla Montedison, per un’ulteriore quota da un prestito bancario. Volendo acquistare anche la quota degli Agnelli, Rizzoli entra in contrasto con la sorella Giuseppina, di cui rileva la quota del 30% dell’azienda di famiglia. Così facendo, le finanze della Rizzoli sono azzerate[187].
È in questo contesto che Angelo e Tassan Din conoscono Ortolani; i due stipulano un accordo segreto con la Montedison, che fornisce loro finanziamenti miliardari in cambio di un appoggio giornalistico alle strategie dell’azienda. Calvi, alla fine del 1975, apre una linea di credito di 3 miliardi di lire presso l’Ambrosiano in favore della Rizzoli. In cambio, la Rizzoli acquista 510’000 azioni Ambrosiano attraverso la rete offshore: i passaggi intermedi servono a gonfiare il prezzo e permettere un consistente guadagno alle aziende di Calvi. Nell’operazione vengono fatte rientrare le laute commissioni per Gelli e Ortolani[188]. Ma a quel punto Marcinkus e lo IOR si mettono in testa di estromettere Angelo Rizzoli e acquisire essi stessi il controllo del Corriere della Sera[189]. L’operazione viene effettuata con la solita girandola di trasferimenti in parte veri, in parte apparenti, ad una rete indistricabile di società offshore, facendo in modo che la holding lussemburghese della famiglia Rizzoli risulti insolvente. La holding dei Rizzoli viene messa in liquidazione e il debito mai più saldato[190].
A peggiorare l’andazzo contribuisce, sempre nel 1977, il ritorno sulla scena di Michele Sindona. Dal dicembre 1974 negli USA, a seguito dello scandalo Watergate il banchiere siciliano perde la protezione di Nixon, decidendo così di tornare in Italia, dove deve rimborsare 386 milioni di dollari per mitigare il peso delle accuse a proprio carico. Per trovare il denaro, la P2 propone un intervento della Banca d’Italia, caldeggiato anche da Andreotti. Ferma è però l’opposizione del liquidatore degli averi italiani di Sindona, Giorgio Ambrosoli, così come quella del governatore della Banca d’Italia, Paolo Baffi, e del capo dell’ispettorato Mario Sarcinelli. Calvi prova senza successo a far cambiare idea agli ultimi due. Sindona, nervoso per la situazione, chiede al presidente dell’Ambrosiano di aiutarlo in altro modo: il suo legale milanese Rodolfo Guzzi chiede a Calvi di acquistare fittiziamente una villa che Sindona possiede vicino Como al prezzo di 500’000 dollari. Al rifiuto di Calvi, un uomo di nome Luigi Cavallo “il provocatore”, direttore di Agenzia A, lancia una campagna di pressione sul banchiere milanese, anche attraverso manifesti affissi a Milano nella notte fra il 12 e il 13 novembre 1977, in cui si accusa Calvi di truffa, falso in bilancio, esportazione di valuta e altri reati, molti dei quali commessi in relazione con Sindona[191].
Sindona sostiene di aver ricevuto da Calvi 5 milioni di dollari. La situazione finanziaria della rete di Calvi all’estero è sempre più critica: i pochi soldi rimasti nella rete segreta bastano appena per pagare i 15 milioni di dollari di interessi passivi. Anche le banche del gruppo Ambrosiano superano i limiti di indebitamento, ma per ora sono coperte da Firrao al ministero. La situazione precipita quando, complice una lettera di Cavallo alla Banca d’Italia, il 17 aprile 1978 Mario Sarcinelli invia all’Ambrosiano l’ispettore Giulio Padalino alla guida di cinquanta funzionari, che effettuano una meticolosa ispezione delle carte degli istituti del gruppo, comprese Banca Cattolica e Credito Varesino. Lo spazio di manovra per Calvi è azzerato: con gli interessi sulle operazioni in conto deposito che continuano a salire e l’indebitamento della United Trading, l’intera rete è sul punto di collassare[192].
Provvidenziale, per Calvi, è l’intervento dell’ENI di Giorgio Mazzanti e Leonardo Di Donna e della Banca Nazionale del Lavoro di Alberto Ferrari. Tre piduisti. La Tradinvest, banca creata dall’ENI a Nassau in contemporanea alla Cisalpine, presta 10 milioni di dollari alla BA Holding. La BNL provvede con 20 milioni a breve termine. Il denaro serve a Calvi per ristrutturare i debiti della rete e per coprire il sanguinoso investimento nella Capitalfin, impresa in cui sono coinvolte ENI e BNL, le due “salvatrici”. Le società della rete non sono però più in grado di generare profitti: con la ristrutturazione la somma dei prestiti back-to-back in dollari aumenta di altri 53 milioni. Responsabile dei prestiti è il tesoriere dell’ENI, Florio Fiorini[194], che ha parallelamente ottenuto l’incarico dallo IOR di liquidare una delle società più antiche del Vaticano, la SASEA, che finirà in una bancarotta giudiziaria sanguinosa, per cui pagherà solo Fiorini, e non i cardinali che ne avevano la colpa[195].
Ortolani è responsabile dell’accordo sottoscritto nell’estate 1979 fra Calvi e Carlo Pesenti. La sua Italmobiliare controlla tre istituti di credito: Banca Provinciale Lombarda, Istituto Bancario Italiano e Credito Commerciale. Queste sono fra le banche utilizzate dallo IOR. Anche la compagnia di assicurazioni RAS è in mano sua. Alla presenza di Gelli e Ortolani, i due banchieri firmano un accordo di reciproco sostegno, in un momento di difficoltà. Pesenti entra nel consiglio di amministrazione de La Centrale; nel novembre successivo le sue difficoltà vengono a galla. Non potendo ripagare allo IOR un prestito di 50 miliardi di lire risalente al 1972, il cui importo è lievitato fino a 200 miliardi, Pesenti deve cedere il Credito Commerciale[196] e Calvi perde quasi 50 milioni di dollari in una delle sue società, la United Trading[197].
Le perdite vengono nascoste nella banca controllata da Calvi in Nicaragua, ma a Managua il dittatore Somoza viene rovesciato dal Fronte sandinista[198], sicché Cavi, in cerca di stabilità, apre una nuova banca in Perù, il Banco Ambrosiano Andino, la cui prima operazione è concedere un prestito al governo di Lima per acquistare una nave da guerra italiana[199]. Oltre ad ampliare il giro di denaro della rete segreta di Calvi, il banco Andino viene utilizzato per operazioni di traffico d’armi con Cile, Nicaragua, Argentina, Brasile, Nigeria, oltre ad un finanziamento di 21 milioni di dollari concesso da Calvi al Partito Socialista Italiano. Quando, alla fine del 1981, i revisori della Banca d’Italia esaminano i conti del Banco Andino, scoprono un passivo di 1000 miliardi di lire, decretando la fine della carriera – e non solo – di Calvi[200].
Più in generale, dal in poi 1976 l’Ambrosiano finanzia Venezuela, Ecuador, Perù e Argentina per l’acquisto di imbarcazioni ed elicotteri militari prodotti da Fincantieri. Oltre agli istituti già citati – e alle già citate Cisalpine di Nassau e Ultrafin di New York – Calvi apre l’Ambrosiano Representação y Servicios in Brasile, l’Ambrosiano Group Promotion a Panama, partecipando anche al Banco Hypotecario, il gruppo finanziario sostenitore del dittatore cileno Pinochet[201]. Il paese con cui Gelli ha legami più profondi è l’Argentina, dove membri della giunta militare di Videla, in quegli anni al governo, sono iscritti alla P2. Il generale argentino Emiliano Massera traffica armi per conto del proprio governo e delle proprie tasche, in accordo con l’ammiraglio italiano Giovanni Torrisi, portando alle industrie italiane molti delle centinaia di milioni di dollari spesi da Videla per armare il proprio paese[202].
Massera[204] e Torrisi[205] sono iscritti alla P2. Le ambizioni personali si mescolano ad un progetto inizialmente solo politico, tanto caro a Gelli e al Segretario di Stato USA Henry Kissinger, di finanziare la lotta al comunismo in ogni sua forma[206]. In Europa Calvi finanzia, fra il 1980 e il 1981, il sindacato cattolico polacco Solidarność, guidato da Lech Wałęsa; determinante è la pressione di Papa Giovanni Paolo II per aiutare il movimento che risulta importante nel processo di democratizzazione della Polonia[207]. Per mano di Gelli, inoltre, Calvi succede a Sindona nel riciclaggio di denaro proveniente dalle attività di Cosa Nostra: Pippo Calò, Salvatore Riina, Francesco Madonia e Vito Ciancimino[208] hanno somme investite presso lo IOR, che le immette nella rete di Calvi[209]; è probabile che in queste frequentazioni vada ricercato il movente dell’omicidio del banchiere.
E poi ci sono i miliardi pagati ai partiti. Calvi sostiene i socialisti, socialdemocratici, repubblicani e, dal luglio 1980, i comunisti. Il PSI accumula un consistente debito nei confronti dell’Ambrosiano, che ne chiede la restituzione. Il neodeputato Claudio Martelli chiede a Gelli di intercedere presso Calvi. Il banchiere è favorevole a sostenere nuovamente il partito, in cambio di nuovi finanziamenti esteri da parte dell’ENI[210]. I vertici del Partito Socialista approvano la proposta; Calvi riceve istruzioni di versare il denaro – due pagamenti da 3,5 milioni di dollari – sul conto 633369 dell’UBS di Lugano. Nonostante gli impegni presi con Calvi, i socialisti non utilizzano parte degli importi ricevuti per saldare i precedenti debiti con l’Ambrosiano, che vanno ad aggiungersi alla lunga lista di denaro perduto per sempre[211].
L’esistenza di questo conto viene scoperta durante il sequestro delle carte di Gelli a Castiglion Fibocchi. Qui il conto “Protezione” (così chiamato dallo stesso Gelli) viene considerato nella disponibilità di Martelli per conto del segretario del PSI Bettino Craxi; nel documento rinvenuto fra le carte del Venerabile si menziona anche un patto di futuri finanziamenti dell’ENI nominando Florio Fiorini e Leonardo Di Donna[212]. Nel maggio 1981 si arriva all’arresto di Roberto Calvi con l’accusa di esportazione illecita di capitali all’estero – una beffa del destino: nella perquisizione delle case di Licio Gelli la polizia cercava la lista di coloro che avevano illegalmente portato i soldi all’estro, e scoprì invece la lista degli iscritti alla Loggia P2[213].
Nel luglio del 1981 Calvi viene condannato a quattro anni e sedici miliardi di multa per reati valutari e scarcerato in regime di libertà provvisoria. Marcinkus si rifiuta di testimoniare in favore del banchiere, ammettendo le proprie responsabilità. Il 2 luglio 1981 Calvi rivela di giudici Dell’Osso, Fenizia e Volpe informazioni sui rapporti finanziari fra l’Ambrosiano e i partiti socialista e comunista, compreso il finanziamento di 21 milioni di dollari al PSI, ma anche sul traffico d’armi e sulle commesse sudamericane, sulle tangenti petrolifere. Queste dichiarazioni palesano la pericolosità di Calvi, su cui si addensa una nube di pressioni sempre più grande, aggravata dal fatto che, in quel momento, egli non ha più il controllo effettivo della rete segreta e dell’Ambrosiano, le cui azioni sono sempre più in mano allo IOR (alla morte di Calvi l’istituto vaticano ne detiene l’80%)[214].
Nel marzo 1981 Calvi assume come assistente personale il trentacinquenne Francesco Pazienza. Laureato in medicina, lavora inizialmente presso la Cocean, società dell’oceanologo Jacques Cousteau, diventando poi consulente internazionale su progetti marini. Nella seconda metà degli anni 70 fonda una propria società, la Tecfin, che opera a Parigi ma ha sede in Lussemburgo. Nella capitale francese conosce l’ex comandante NATO, il generale Alexander Haig[215], assistente personale di Henry Kissinger in seno al National Security Council[216]. Specializzatosi nel reperimento di informazioni riservate, all’inizio del 1980 viene chiamato a Roma dal generale piduista Giuseppe Santovito – direttore del Servizio Segreto militare (SISMI) – come consulente esperto di Francia[217].
Stando a proprie dichiarazioni, Pazienza conosce Calvi alla fine degli anni ‘70 a Washington durante una riunione del Fondo Monetario Internazionale, mentre la collaborazione inizia nell’ambito di un incontro che Pazienza organizza per il democristiano Flaminio Piccoli negli USA con Haig. Pazienza trova una copia del dossier segreto che il cardinale Egidio Vagnozzi prepara nel 1978 sullo IOR, sul consigliere di amministrazione Banca Cattolica del Veneto (che viene eletto in quei giorni ad essere Papa Giovanni Paolo I) e sulla cessione illegale della banca a Calvi[219]. Quest’ultimo dichiara, in una lettera al Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Armando Corona, che Pazienza gli viene imposto dall’onorevole Piccoli e si preoccupa solo di estorcergli denaro[220].
Nel verbale di interrogatorio del 2 aprile 1985 Nara Lazzerini (segretaria di Gelli dal 1976 al 1981) afferma che Francesco Pazienza si incontra con Gelli almeno due volte all’Hotel Excelsior di Roma. Ella è presente a quasi tutti gli incontri importanti[221] ed è a conoscenza dell’attività di Ezio Giunchiglia, il corriere di Gelli, dopo la cui fuga egli si adopera per trasferire capitali alla loggia di Montecarlo, che intende ricostruire insieme a William Rosati dopo l’inizio della latitanza del venerabile. I due fanno pagare agli iscritti una quota da uno a venti milioni di lire. Lazzerini accompagna Gelli una volta presso la sede della loggia monegasca nel 1978, all’ultimo piano di uno dei quattro grattacieli allora edificati nel principato. Della loggia di Montecarlo farebbero allora parte Vittorio Emanuele di Savoia e Ranieri di Monaco[222]. Secondo la testimonianza di Giuliano Di Bernardo, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia dal 1990 al 1993, il Gran Maestro dell’epoca, Armando Corona, costituisce nuove logge coperte (sulla falsa riga della P2)[223] in barba alla legge Spadolini-Anselmi del 1982[224] e minaccia la Lazzerini nel caso in cui lei continui a parlare con i magistrati[225].
Calvi decide di uscire dal pantano Rizzoli-Corriere della Sera. Nell’ottobre 1981 il banchiere entra in contatto con l’imprenditore Carlo De Benedetti, esponente di rilievo della finanza laica, per il quale si ipotizza in quel periodo l’acquisto della casa editrice. Calvi propone a De Benedetti la possibilità di entrare nel consiglio di amministrazione dell’Ambrosiano con l’obiettivo di succedergli alla presidenza. Calvi ha voglia di lasciare, mentre De Benedetti ha la possibilità di acquisire il maggiore gruppo finanziario italiano, posizione privilegiata per arrivare all’acquisto della RCS. Nel novembre 1981 De Benedetti diventa vicepresidente del Banco Ambrosiano, dopo l’acquisto del 2% di azioni della banca per 52 miliardi di lire[226].
Neanche un mese dopo l’inizio del sodalizio, Angelo Rizzoli allerta De Benedetti delle potenziali perdite del Banco Ambrosiano Andino. Preoccupato, l’imprenditore trova conferme da un’indagine del presidente della Olivetti peruviana, Paolo Venturini. De Benedetti riceve da Calvi reticenti conferme circa la natura delle attività e sul valore dell’esposizione dell’istituto peruviano, venendo anche a conoscenza del coinvolgimento dello IOR. Il 22 gennaio 1982 De Benedetti si dimette da tutte le cariche nell’Ambrosiano. La rottura costa a Calvi 80 miliardi di lire[227].
Calvi tenta di stabilire nuove alleanze per risollevare le sorti del proprio impero. La Banca d’Italia si oppone però sia alla fusione tra l’Ambrosiano Overseas con la Artoc Bank, istituto di Nassau dietro cui c’è il connubio fra capitali arabi e finanza londinese, sia a quella tra Ambrosiano e l’Italmobiliare di Carlo Pesenti, pesantemente esposta con l’istituto milanese. Nella primavera del 1982 l’imprenditore Giuseppe Cabassi, vicino a Craxi e amico dell’imprenditore piduista Silvio Berlusconi, acquista molte azioni Ambrosiano: attraverso l’aiuto al risanamento della banca egli punta ad arrivare al controllo della Rizzoli. La soluzione di Calvi è quella di far acquistare a La Centrale le azioni del gruppo editoriale in mano ad Angelo Rizzoli e a Bruno Tassan Din, rivendendole poi a Cabassi[228], dietro cui si celerebbe proprio Berlusconi[229].
Arriva la fine
La Banca d’Italia, ancora una volta, si oppone a qualsiasi tentativo di portare a termine l’operazione[231]. L’ultima speranza di salvare l’impero è rappresentata dall’Opus Dei, sempre più vicina a Giovanni Paolo II. Già all’inizio del 1982 Calvi fa pervenire al cardinale Pietro Palazzini, assai vicino all’Opus Dei, proposte, documenti e rapporti sulla relazione IOR-Ambrosiano[232]. Palazzini subisce un danno d’immagine nel 1976, a seguito della fuga in Messico del presidente di Finmeccanica Camillo Crociani, amico del cardinale, in relazione all’affare Lockheed (tangenti pagate ai politici per far comprare aerei di quell’industria all’aviazione italiana)[233]. Calvi propone all’Opus Dei di spodestare Marcinkus, affidando lo IOR a persona di fiducia e di far rilevare alla banca vaticana il 10% di azioni Ambrosiano al prezzo di 1200 milioni di dollari[234].
In febbraio e in maggio arrivano risposte negative: portare a termine una simile operazione significherebbe, per l’Opus Dei, inimicarsi il cardinal Casaroli, Segretario di Stato vaticano[235]. Dopo aver scritto direttamente al pontefice, Calvi si rivolge a monsignor Hilary Franco, prelato americano di origini calabresi che ha legami con l’Opus Dei e con il cardinale Palazzini, suo relatore della tesi di laurea in teologia. Ernesto Pellicani, di cui si scriverà in seguito, parla anche di suoi legami con la massoneria, riferendosi ad Armando Corona[236]. Hilary Franco è soprattutto l’uomo che, anni addietro, presenta Roberto Calvi a Paul Marcinkus[237]. In giugno Calvi scrive a Franco, sperando in una sua decisiva intercessione, che non si verifica.
Le attività del faccendiere Flavio Carboni permettono di collegare tra loro ambienti distinti: la P2, Cosa nostra, la Banda della Magliana, l’imprenditoria. Carboni viene presentato a Roberto Calvi da Francesco Pazienza nell’estate del 1981[238]. L’interesse di Calvi per Carboni risiede nella possibilità di accedere a fondi dagli ambienti cui Carboni è collegato: egli infatti accende prestiti a tassi da usura da Domenico Balducci, imprenditore romano legato alla Banda della Magliana[239], ed è in rapporti con Pippo Calò, ambasciatore di Cosa Nostra nella capitale. Legato a Danilo Abbruciati, Balducci affianca all’attività di imprenditore e usuraio quella di investitore dei proventi della Banda e della Mafia grazie al legame con Calò[240]. Viene ucciso dalla Banda della Magliana nel 1981 per aver sottratto 150 milioni di lire destinati ad una speculazione edilizia mafiosa[241].
Francesco Pazienza conosce Flavio Carboni nei primi mesi del 1981 presso gli uffici del dirigente del Primo distretto di Polizia Francesco Pompò[242], dove si reca, dopo l’intercessione di Federico Umberto D’Amato – affiliato alla P2 -, per ottenere favori su questioni personali poco rilevanti. Lì incontra Carboni, sul posto per il rinnovo del passaporto[243]. Pompò viene inquisito per favoreggiamento verso Domenico Balducci dopo la morte di quest’ultimo[244]. Pazienza e Carboni si incontrano l’estate di quell’anno, nell’occasione in cui Carboni fa la conoscenza di Calvi[245]. Nel frattempo i rapporti fra i due sono tenuti da un costruttore calabrese legato a Pazienza: Maurizio Mazzotta, uno dei quattro condannati, nel 1998, per il crack del Banco Ambrosiano (insieme a Gelli, Ortolani e Carboni)[246]. All’epoca Carboni è socio di Carlo Caracciolo nel giornale La Nuova Sardegna[247]. Pazienza è dunque il tramite fra Carboni e Calvi.
Nello stesso periodo Carboni presenta Domenico Balducci a Pazienza per favorirlo nell’acquisto di uno yacht. Pazienza favorisce la conoscenza fra Calvi e Carboni con l’obiettivo di mettere in contatto il banchiere con esponenti della sinistra democristiana e con Caracciolo, editore di Repubblica assai attivo contro Calvi, che in quel momento è politicamente isolato, essendo Gelli e Ortolani fuori gioco per via dello scandalo seguito alla perquisizione della GioLe e di villa Wanda del marzo precedente. I contatti politici di Carboni possono essere utili a Calvi[248]. Nel dicembre 1981 Carboni presenta a Calvi il Gran Maestro della Massoneria Italiana Armando Corona[249] (senatore repubblicano[250]).
Pazienza presenta Calvi all’editore romano Giuseppe Ciarrapico, in qualità di uomo di Andreotti[252]. Ciarrapico ottiene da Calvi un finanziamento da 35 miliardi di lire per l’acquisizione della compagnia di imbottigliamento acque Fiuggi[253]. In forte crisi di liquidità, Calvi ha la necessità di prelevare altro denaro dall’Ambrosiano senza ricorrere allo IOR. Per questa ragione egli autorizza l’Ambrosiano ad erogare un prestito di 6 miliardi di lire alla società di Carboni “Prato Verde”, che ne avrebbe restituiti una parte allo stesso Calvi; il miliardo e quattrocento milioni che il banchiere avrebbe dovuto ricevere viene così gestito da Pazienza e Mazzotta: 400 milioni come “parcella” ad un avvocato di cui Calvi si è servito e più di mezzo miliardo per l’acquisto di uno yacht da parte di Pazienza[254]. All’operazione si sarebbe opposto il vice direttore del Banco, Roberto Rosone[255]. La contrarietà di Rosone avrebbe condotto all’attentato ai suoi danni dell’aprile 1982, in cui perde la vita Danilo Abbruciati, esponente di spicco della Banda della Magliana[256].
Ernesto Diotallevi[257], ritenuto in contatto con la Banda della Magliana e Cosa Nostra, è socio di Carboni nella Prato Verde[258]. Flavio Carboni è protagonista di un’altra vicenda che lo lega indissolubilmente a Silvio Berlusconi. Dopo un inizio come portaborse del deputato democristiano Giovanni Battista Pitzalis (vicecapo di gabinetto del ministro dell’Istruzione Gonella), nei primi anni ‘70 Carboni diventa proprietario di alcuni appezzamenti di terra in Gallura, intestandoli a due società: Isola Rossa spa e Costa dei Corsi – oltre ad altre proprietà a Porto Rotondo, intestate alla Costa delle Ginestre spa[259]. Soci di quest’ultima erano Domenico Balducci e Danilo Abbruciati[260]. Nel 1972 egli acquista, per 1 miliardo e 100 milioni di lire, le azioni della Calderugia SA San Vittore, una società svizzera di proprietà dell’italiano Francesco Cravero a cui sono intestati i terreni adiacenti a quelli di Carboni.
La difficoltà, da parte di Carboni, nel reperire i capitali necessari a saldare il debito con Cravero, porta il faccendiere sardo ad acquisire effettivamente il 60% della Calderugia solo nel 1979; il restante 40 % viene in precedenza ceduto da Carboni a Fiorenzo Ray-Ravello, italiano residente in Svizzera, che con un giro impressionante di trasferimenti di azioni e denaro tra società offshore fa in modo, fanno in modo che queste proprietà sarde finiscano su un conto fiduciario di una banca svizzera. Da qui le proprietà vengono redistribuite dalla fiduciaria Sofint[261], che vende alcuni lotti a Romano Comincioli, prestanome del giovane Berlusconi e futuro senatore di Forza Italia[262], che è iscritto alla P2 ed è socio di Carboni[263]. Emilio Pellicani, segretario di Carboni arrestato nel 1982, dichiara che Berlusconi avrebbe anticipato a Carboni il denaro necessario all’acquisto dei terreni da società del Liechtenstein[264]. Nel 1991 su questi trasferimenti decide il giudice Curtò, dopo un lungo colloquio privato con Berlusconi. Anni dopo, lo stesso giudice decide a favore di Berlusconi nello scontro tra Fininvest e la CIR di Carlo De Benedetti per il controllo della Mondadori[265]. Nel 1993 il giudice Curtò viene riconosciuto colpevole di corruzione nell’ambito della vicenda Enimont[266].
Il 31 maggio 1982 Roberto Calvi riceve una lettera dalla Banca d’Italia che contesta all’Istituto un buco di 1,2 miliardi di dollari nelle casse del Banco Ambrosiano. Il 2 giugno Marcinkus fa sapere che non è possibile far fronte ai debiti che lo IOR ha nei confronti dell’Ambrosiano. Il 7 giugno il consiglio di amministrazione della banca abbandona il presidente. Calvi torna a casa con Carboni, i due iniziano il viaggio disperato per l’Europa alla ricerca di aiuto, ricevendo solo dinieghi. Ufficialmente, Carboni è l’ultimo amico rimasto. In realtà è colui che impedisce a Calvi di mettere le mani sui documenti, nascosti a Zurigo, che lo discolperebbero con la magistratura e probabilmente lo salverebbero dalla galera[267].
La gestione dell’Ambrosiano viene affidata alla Banca d’Italia. La segretaria del banchiere, Graziella Corrocher, si suicida gettandosi dal quarto piano della sede dell’istituto[269]. Calvi diventa, da questo momento, solo uno scomodo testimone di segreti che non possono essere rivelati: dettagli circa il coinvolgimento dello IOR in operazioni illegali in combutta con la mafia, la CIA, la P2, sanguinari regimi dittatoriali sudamericani, le lotte intestine in Vaticano, i finanziamenti ai partiti, a Gelli e a Ortolani, la faccia feroce dell’Opus Dei, il riciclaggio di denaro proveniente da Cosa Nostra e dalla Banda della Magliana. Quella sera, lasciato solo da Carboni, probabile orchestratore dell’omicidio, Roberto Calvi viene condotto fuori dal suo albergo da persone rimaste ignote, portato sotto il Blackfriars Bridge e impiccato. È la notte fra il 16 e il 17 giugno 1982[270].
La sua morte arriva dopo quella di Papa Giovanni Paolo I (settembre 1978), Mino Pecorelli (marzo 1979), Giorgio Ambrosoli (luglio 1979), e prima di molte altre, perché il buco contabile del Banco Ambrosiano non si è ancora richiuso, come dimostra la morte del fiduciario luganese Helios Jermini. È finita la Guerra Fredda, ma la CIA, con il suo inestinguibile bisogno di soldi e di potere, è rimasta – ed è stata clamorosamente rimessa in pista dopo l’attacco alle Torri Gemelle di New York e l’invasione dell’Ucraina. Ci sono state, in tutto il mondo, centinaia di inchieste penali e processi, alcune concluse con delle condanne, altre senza risultato. Sono stati scritti decine di libri di storia, girati dei film, ma la verità ci sta scivolando via tra le mani, perché i protagonisti di queste vicende sono oramai morti, e le nuove generazioni hanno perso la misura di quanto questi fatti siano importanti.
[1] https://www.sotterraneidiroma.it/tours/la-massoneria-a-roma
[2] https://www.ilgiorno.it/cronaca/turone-p2-blitz-arezzo-licio-gelli-1.6121434
[3] https://www.repubblica.it/commenti/2021/03/17/news/p2_dalla_scoperta_degli_iscritti_ai_misteri_delle_stragi_la_loggia_di_licio_gelli_40_anni_dopo-301053211/
[4] https://www.toscananovecento.it/custom_type/la-potenza-creativa-dellazione-violenta/
[5] Mario Guarino e Fedora Raugei, “Licio Gelli – Vita, misteri, scandali del capo della Loggia P2”, Dedalo, 2016, p.10
[6] https://www.cinquantamila.it/storyTellerArticolo.php?storyId=4fc58a68e3205
[7] Marco Francini, “Il periodo pistoiese di Gelli”, in “Quaderni di Farestoria”, Anno IX – n. 1, gennaio-aprile 2009, I.S.R.PT Editore, p. 39
[8] G. Piazzesi, “Gelli – La carriera di un eroe di questa Italia”, Garzanti, 1983
[9] https://www.remocontro.it/2015/12/19/c-era-volta-gerarca-gelli-cattaro-jugoslavo-scomparso/
[10] Mario Guarino e Fedora Raugei, “Licio Gelli – Vita, misteri, scandali del capo della Loggia P2”, Dedalo, 2016, p.14
[11] E. Cicchino e R. Olivo, “Caccia all’oro nazista”, Mursia, 2011
[12] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1998/09/13/gelli-lingotti-oro-nelle-fioriere.html
[13] https://www.altalex.com/documents/news/2015/12/16/morto-licio-gelli
[14] G. Piazzesi, “Gelli – La carriera di un eroe di questa Italia”, Garzanti, 1983
[15] https://www.lenius.it/10-cose-da-sapere-su-licio-gelli/
[16] G. Piazzesi, “Gelli – La carriera di un eroe di questa Italia”, Garzanti, 1983
[17] https://www.toscananovecento.it/custom_type/le-ville-sbertoli-un-manicomio-durante-loccupazione-nazifascista/
[18] Mario Guarino e Fedora Raugei, “Licio Gelli – Vita, misteri, scandali del capo della Loggia P2”, Dedalo, 2016, p.26
[19] http://uomini-in-guerra.blogspot.com/2019/10/salvate-il-principe-nero-come-loss-rapi_17.html
[20] T. Mangold, “Cold warrior : James Jesus Angleton: the CIA’s master spy hunter”, New York : Simon & Schuster, 1991
[21] https://ibiworld.eu/en/henry-kissinger-the-dark-soul-of-the-20th-century/
[22] Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2, doc. XXIII, n.2-quater/3/N, Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2, doc. XXIII, n.2-quater/3/XI, vol. III, pag. 154
[23] Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2, doc. XXIII, n.2, bis/2
[24] Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2, doc. XXIII, n.2-quater/3/XI, vol. III
[25] Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2, doc. XXIII, n.2-quater/3/XI, vol. III
[26] Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2, doc. XXIII, n.2-quater/3/XI, vol. III
[27] Mario Guarino e Fedora Raugei, “Licio Gelli – Vita, misteri, scandali del capo della Loggia P2”, Dedalo, 2016, p.29
[28] https://www.toscananovecento.it/custom_type/un-altro-8-settembre-la-liberazione-di-pistoia/
[29] Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2, doc. XXIII, n.2-quater/3/XI, vol. III
[30] Marco Francini, “Il periodo pistoiese di Gelli”, in “Quaderni di Farestoria”, Anno IX – n. 1, gennaio-aprile 2009, I.S.R.PT Editore, p. 57
[31] Marco Francini, “Il periodo pistoiese di Gelli”, in “Quaderni di Farestoria”, Anno IX – n. 1, gennaio-aprile 2009, I.S.R.PT Editore, p. 57
[32] Mario Guarino e Fedora Raugei, “Licio Gelli – Vita, misteri, scandali del capo della Loggia P2”, Dedalo, 2016, p.32-36
[33] Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2, doc. XXIII, n.2-quater/3/XI, vol. III
[34] Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2, doc. XXIII, n.2-quater/3/XI, vol. III
[35] G. Casarrubea, M. J. Cereghino, “Tango connection: l’oro nazifascista, l’America latina e la guerra al comunismo in Italia 1943-1947”, Bompiani, 2007; G. Cavalleri, “Evita Perón e l’oro dei nazisti”, Piemme, 1998, pp. 70-72
[36] G. Casarrubea, M. J. Cereghino, “Tango connection: l’oro nazifascista, l’America latina e la guerra al comunismo in Italia 1943-1947”, Bompiani, 2007; G. Cavalleri, “Evita Perón e l’oro dei nazisti”, Piemme, 1998, pp. 70-72
[37] G. Casarrubea, M. J. Cereghino, “Tango connection: l’oro nazifascista, l’America latina e la guerra al comunismo in Italia 1943-1947”, Bompiani, 2007, pp. 27-28
[38] https://ibiworld.eu/en/henry-kissinger-the-dark-soul-of-the-20th-century/
[39] http://jens-kroeger.homepage.t-online.de/page1/vatikan.html
[40] https://www.fbi.gov/news/stories/the-fbis-world-war-ii-era-cover-company-at-rockefeller-center
[41] G. Casarrubea, M. J. Cereghino, “Tango connection: l’oro nazifascista, l’America latina e la guerra al comunismo in Italia 1943-1947”, Bompiani, 2007
[42] https://www.treccani.it/enciclopedia/giuseppe-nettuno-romualdi_%28Dizionario-Biografico%29/
[43] https://aventurasnahistoria.uol.com.br/noticias/almanaque/historia-biografia-otto-skorzeny-nazista.phtml
[44] N. Tranfaglia, “Come nasce la Repubblica”, Bompiani, 2004, pp. 81-86
[45] G. Casarrubea, M. J. Cereghino, “Tango connection: l’oro nazifascista, l’America latina e la guerra al comunismo in Italia 1943-1947”, Bompiani, 2007
[46] https://books.google.it/books?id=X5EgykND42kC&q=memo+July+3,+1946&pg=PA140&redir_esc=y ; https://www.nytimes.com/2003/03/09/world/argentina-a-haven-for-nazis-balks-at-opening-its-files.html
[47] Laske, Karl Ein Leben zwischen Hitler und Carlos: François Genoud Limmat Verlag, 1996, Zürich; https://books.google.it/books?id=w0RGVHB8YucC&redir_esc=y ; https://writing.upenn.edu/~afilreis/Holocaust/swiss-and-hitler.html
[48] http://www.magpictures.com/terrorsadvocate/genoud.html
[49] A. Kapil, “Middle East Studies Association Bulletin”, vol. 32, no. 1, 1998, pp. 92–94
[50] Peter Niggli, Jürg Frischknecht: Rechte Seilschaften. Wie die «unheimlichen Patrioten» den Zusammenbruch des Kommunismus meisterten. Rotpunktverlag, Zürich 1998, S. 692 ff.; Mark Weizmann: Antisemitismus und Holocaust-Leugnung: Permanente Elemente des globalen Rechtsextremismus. In: Greven/Grumke 2006; http://www.trend.infopartisan.net/trd1102/t161102.html
[51] Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2, doc. XXIII, n.2-quater/7/XIII, vol. VII p. 310
[52] G. Piazzesi, “Gelli – La carriera di un eroe di questa Italia”, Garzanti, 1983
[53] G. Piazzesi, “Gelli – La carriera di un eroe di questa Italia”, Garzanti, 1983
[54] https://www.ciociariaoggi.it/news/frosinone/8121/gelli-permaflex.html
[55] G. Piazzesi, “Gelli – La carriera di un eroe di questa Italia”, Garzanti, 1983
[56] G. Galli, “Affari di Stato, L’Italia sotterranea 1943-1990: storia, politica, partiti, corruzione, misteri, scandali”, Kaos Edizioni, 1997
[57] https://www.lanazione.it/arezzo/cronaca/vinete-sequestro-per-villa-wanda-respinto-il-ricorso-della-procura-1.4629624
[58] Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2, Allegati, serie II, vol. III, tomo I, p. 379
[59] Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2, Allegati, serie II, vol. III, tomo I, p. 55
[60] S. Flamigni, “Trame atlantiche. Storia della loggia massonica segreta P2”, Kaos Edizioni, 2014
[61] J.D. Buenker and L.A. Ratner, “Multiculturalism in the United States: A Comparative Guide to Acculturation and Ethnicity”, Greenwood Press, 2005
[62] https://www.youtube.com/watch?v=1c42ABDgEqs
[63] C. Palermo, “Il quarto livello: integralismo islamico, massoneria e mafia: dalla rete nera del crimine agli attentati al Papa nel nome di Fatima”, Editori Riuniti, 1996
[64] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/07/04/segreti-di-belfagor.html
[65] https://www.grandeoriente.it/chi-siamo/la-storia/gran-maestri/publio-cortini-041053-26051956-%E2%80%A2-26051956-30111957/
[66] Mario Guarino e Fedora Raugei, “Licio Gelli – Vita, misteri, scandali del capo della Loggia P2”, Dedalo, 2016, p. 46
[67] https://www.grandeoriente.it/chi-siamo/la-storia/gran-maestri/giordano-gamberini-17-07-196121-03-1970/
[68] S. Flamigni, “Trame atlantiche. Storia della loggia massonica segreta P2”, Kaos Edizioni, 2014
[69] Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2, Allegati, serie II, vol. III, tomo I, pp. 395-396
[70] Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2, Allegati, serie II, vol. III, tomo I, p. 397
[71] G. Piazzesi, “Gelli – La carriera di un eroe di questa Italia”, Garzanti, 1983
[72] Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2, Doc. XXIII n.2-quater/6/tomo XV, vol. VI, pp. 162-163
[73] Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2, Doc. XXIII n.2-quater/6/tomo XV, vol. VI, pp. 162-163
[74] Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2, Doc. XXIII n.2-quater/6/tomo XV, vol. VI, pp. 162-163
[75] https://www.fotoa3.it/event/it/1/158063/1973+-+Lino+Salvini+Gran+Maestro+del+Grande+Oriente+d%E2%88%9A%C3%89%26%23x8d%3BItalia
[76] G. Piazzesi, “Gelli – La carriera di un eroe di questa Italia”, Garzanti, 1983
[77] Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2, Doc. XXIII n.2-quater/6/tomo XV, vol. VI, pp. 167-168
[78] [78] Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2, Allegati, serie II, vol. III, t. I, pp. 471-472
[79] Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2, Allegati, serie II, vol. III, t. I, pp. 471-472
[80] Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2, Doc. XXIII n.2-quater/6/tomo XV, vol. VI, pp. 168-171
[81] Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia massonica P2, Allegati, serie II, vol. III, t. I, p. 520
[82] http://www.fondazionespirito.it/il-novecento-attraverso-i-giornali-il-caso-di-mino-pecorelli/
[83] https://core.ac.uk/download/pdf/16697461.pdf
[84] https://www.strano.net/stragi/stragi/p2/elep2.htm
[85] Relazione della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulla Loggia massonica P2, On. Tina Anselmi, pp. 12-13
[86] Relazione della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulla Loggia massonica P2, On. Tina Anselmi, pp. 88-89 ; https://ibiworld.eu/2022/11/26/henry-kissinger-lanima-nera-del-xx-secolo/
[87] https://www.repubblica.it/commenti/2022/12/28/news/rauti_occorsio_mio_padre_ordine_nuovo_msi-380964060/?ref=RHLM-BG-I381047365-P5-S3-T1
[88] https://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_piazza_della_Loggia#/media/File:Strage_piazza_della_Loggia.png
[89] http://www.notavtorino.org/documenti-02/imposim-su-maf-masson-servsegr-2010-11.htm
[90] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/04/15/le-logge-della-piovra.html
[91] https://www.huffingtonpost.it/entry/dentro-lufficio-affari-riservati_it_6051edc6c5b6f2f91a2dd7ee/
[92] http://leg13.camera.it/_dati/leg13/lavori/doc/xxiii/064v01t02_RS/00000009.pdf
[93] https://formiche.net/2022/03/guide-lespresso-federico-umberto-damato/
[94] https://www.huffingtonpost.it/entry/dentro-lufficio-affari-riservati_it_6051edc6c5b6f2f91a2dd7ee/
[95] L. Lanza, “Bombe e segreti. Piazza Fontana, una strage senza colpevoli”, Eleuthera, 1997, p. 20
[96] https://www.anordestdiche.com/la-p2-ordine-nuovo-e-piazza-della-loggia/
[97] https://www.anordestdiche.com/la-p2-ordine-nuovo-e-piazza-della-loggia/
[98] https://www.anordestdiche.com/la-p2-ordine-nuovo-e-piazza-della-loggia/
[99] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1987/06/04/un-colonnello-finisce-in-cella-per-reticenza.html
[100] https://www.jensenmuseum.org/voxson-a-tumultuous-history/umberto-ortolani/
[101] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993, p. 143
[102] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/06/21/vita-soldi-potere-di-un-re-dei.html
[103] Mario Guarino e Fedora Raugei, “Licio Gelli – Vita, misteri, scandali del capo della Loggia P2”, Dedalo, 2016, p. 111
[104] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/06/21/vita-soldi-potere-di-un-re-dei.html
[105] S. Flamigni, “Trame atlantiche. Storia della loggia massonica segreta P2”, Kaos Edizioni, 2014
[106] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/06/21/vita-soldi-potere-di-un-re-dei.html
[107] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993, p. 143
[108] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993, p. 140
[109] https://www.quirinale.it/onorificenze/insigniti/261482
[110] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/04/22/scompare-dall-annuario-vaticano-il-nome-del.html
[111] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/01/21/giudici-interrogano-ortolani-mi-iscrissi-alla.html
[112] https://archivi.polodel900.it/scheda/oai:polo900.it:121976_la-fiat-apprende-costernata-che-il-dott-oberdan-sallustro-direttore-generale ; https://spazio70.com/estero/raf-eta-ira-e-operazione-condor/buenos-aires-21-marzo-1972-lerp-sequestra-e-uccide-il-dirigente-fiat-oberdan-sallustro/
[113] https://www.infobae.com/en/2022/03/22/sallustros-ordeal-the-shocking-details-of-the-kidnapping-and-death-of-the-fiat-executive-in-the-hands-of-the-erp/
[114] https://www.avvocatisenzafrontiere.it/?p=1940
[115] M. Guarino, “Poteri segreti e criminalità: l’intreccio inconfessabile tra ‘ndrangheta, massoneria e apparati dello Stato”, Dedalo, 2004, pp. 41-42
[116] G. Piazzesi, “Gelli – La carriera di un eroe di questa Italia”, Garzanti, 1983
[117] https://www.avvocatisenzafrontiere.it/?p=1940
[118] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2000/12/02/si-preparammo-il-golpe-ultima-verita.html
[119] https://ibiworld.eu/en/henry-kissinger-the-dark-soul-of-the-20th-century/
[120] Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulla Loggia massonica P2, Allegati, 2-quater/3/tomo IV/parte 1/ Vol. I
[121] https://patrimonio.archivio.senato.it/inventario/scheda/moro-viii-leg/IT-SEN-072-007421/relazione-del-questore-emilio-santillo-sulla-loggia-massonica-p2-p-509#lg=1&slide=0
[122] https://patrimonio.archivio.senato.it/inventario/scheda/moro-viii-leg/IT-SEN-072-007421/relazione-del-questore-emilio-santillo-sulla-loggia-massonica-p2-p-509#lg=1&slide=0
[123] Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulla Loggia massonica P2, Allegati alla Relazione, Doc. XXIII 2-quater/3/tomo XI/ Vol. III, p. 543 e seguenti
[124] https://patrimonio.archivio.senato.it/inventario/scheda/moro-viii-leg/IT-SEN-072-007421/relazione-del-questore-emilio-santillo-sulla-loggia-massonica-p2-p-509#lg=1&slide=0
[125] http://www.ascenzairiggiu.com/rivolta-di-reggio-calabria/
[126] G. Piazzesi, “Gelli – La carriera di un eroe di questa Italia”, Garzanti, 1983
[127] G. Piazzesi, “Gelli – La carriera di un eroe di questa Italia”, Garzanti, 1983
[128] Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulla Loggia massonica P2, Allegati alla Relazione, Doc. XXIII 2-quater/3/tomo VII-bis pp. 132-133
[129] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2006/07/10/cosi-ho-ucciso-il-giudice-occorsio.html ; G. Piazzesi, “Gelli – La carriera di un eroe di questa Italia”, Garzanti, 1983
[130] Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulla Loggia massonica P2, Allegati alla Relazione, Doc. XXIII 2-quater/3/tomo VII-bis pp. 131-137
[131] https://thevision.com/politica/licio-gelli-patacca/
[132] https://thevision.com/politica/licio-gelli-patacca/
[133] https://www.archivioantimafia.org/p2/piano_rinascita_democratica.pdf
[134] https://www.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2010/07/Il-Piano-di-rinascita-democratica-della-P2-commentato-da-Marco-Travaglio.pdf ; https://www.ibs.it/da-gelli-a-renzi-passando-libro-aldo-giannuli/e/9788868336080
[135] https://www.roadtvitalia.it/morte-roberto-calvi-enigma-ancora-insoluto/
[136] https://www.professionefinanza.com/roberto-calvi/
[137] https://www.ilpost.it/2022/06/18/roberto-calvi/
[138] https://www.ilpost.it/2022/06/18/roberto-calvi/
[139] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[140] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[141] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[142] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[143] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[144] https://st.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-04-24/vaticanoior-anni-6070-sindona-163653_PRN.shtml
[145] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[146] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1987/05/05/il-crack-del-vecchio-banco.html
[147] https://www.ticinolive.ch/2015/04/14/scacco-matto-intervista-a-un-giocatore-non-dazzardo/
[148] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[149] THE LAST VICTIM OF BANCO AMBROSIANO | IBI World UK
[150] https://www.corriere.it/cronache/cards/vaticano-marcinkus-palazzo-londra-40-anni-scandali-finanziari/crack-ambrosiano-caso-marcinkus_principale.shtml
[151] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/05/17/il-rinvio-giudizio-di-rosone-chiesto-dal.html
[152] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[153] https://moondo.info/michele-sindona-chi-era/
[154] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[155] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[156] M. Turco, C. Pontesilli e G. Di Battista, “Paradiso IOR – la banca vaticana tra criminalità finanziaria e politica. Dalle origini al crack Monte dei Paschi”, Lit Edizioni, 2013, p.102
[157] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[158] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[159] https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/sterco-diavolo-sotto-cupolone-40-anni-scandali-finanziari-220946.htm
[160] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[161] https://opdollariei.org/it-it/article/che-cose-lopus-dei-2/#:~:text=L’Opus%20Dei%2C%20che%20ha,spirituale%20e%20il%20proprio%20apostolato.
[162] https://www.limesonline.com/cartaceo/che-cosa-e-e-quanto-conta-lopus-dei
[163] F. Pinotti, “Poteri forti”, BUR, 2005
[164] F. Pinotti, “Poteri forti”, BUR, 2005
[165] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[166] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[167] https://www.ilpost.it/2019/07/11/giorgio-ambrosoli-2/
[168] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[169] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[170] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1994/07/06/quindici-anni-fa-lo-scandalo-dei.html
[171] https://www.gerograssi.it/cms2/file/casomoro/DVD23/0323_001.pdf
[172] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[173] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[174] P. L. Williams, “Operation Gladio: The Unholy Alliance Between the Vatican, The CIA And the Mafia”, Prometheus Books, 2015
[175] https://www.laprovinciacr.it/news/nella-storia/15568/Nasce-a-Firenze-un-nuovo-partito.html
[176] https://www.senato.it/leg/06/BGT/Schede/Attsen/00000638.htm
[177] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/07/03/per-il-crack-sindona-ora.html
[178] https://thevision.com/politica/sindona/
[179] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/07/03/per-il-crack-sindona-ora.html
[180] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[181] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[182] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1994/02/11/estradato-firrao-il-cassiere-della-p2.html
[183] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[184] https://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/ma-quale-dani-secco-casa-ldquo-grande-fratello-vip-rdquo-185967.htm
[185] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1988/04/29/un-gigante-con-il-mal-di-sportello.html
[186] https://dati.camera.it/ocd/aic.rdf/aic2_01225_8
[187] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[188] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[189] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[190] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[191] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/05/22/una-vita-di-intrighi-dal-sindacato-giallo.html
[192] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[193] https://webspecial.zuonline.ch/longform/blanchimentdargentageneve/annees-gris-fonce-1990-2009/
[194] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[195] Gian Trepp, Swiss Connection, Unionsverlag, 1998 Zürich, pp. 75, 95, 101, 144, 145, 148, 150-153, 158, 160, 170, 176, 177, 182, 183, 189, 190, 206, 319, 323-329, 331-341, 343-354, 376
[196] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[197] F. Pinotti, “Poteri forti – la morte di Calvi, lo scandalo dell’Ambrosiano. La nuova ricostruzione delle misteriose trame della finanza italiana”, BUR, 2005
[198] https://www.treccani.it/enciclopedia/anastasio-somoza-debayle_%28Enciclopedia-Italiana%29/
[199] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[200] F. Pinotti, “Poteri forti – la morte di Calvi, lo scandalo dell’Ambrosiano. La nuova ricostruzione delle misteriose trame della finanza italiana”, BUR, 2005
[201] https://www.fondazionecipriani.it/home/index.php/scritti/15-economia-selvaggia/37-armi-e-droga-nell-inchiesta-del-giudice-palermo
[202] https://www.fondazionecipriani.it/home/index.php/scritti/15-economia-selvaggia/37-armi-e-droga-nell-inchiesta-del-giudice-palermo
[203] https://www.sandiegouniontribune.com/sdut-argentine-coup-leader-ex-adm-emilio-massera-dies-2010nov08-story.html
[204] https://www.antimafiaduemila.com/home/terzo-millennio/256-estero/85554-lascito-nefasto-titolo-honoris-causa-al-repressore-argentino-emilio-eduardo-massera.html
[205] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/08/12/morto-ammiraglio-torrisi-coinvolto-nella-vicenda.html
[206] https://ibiworld.eu/en/henry-kissinger-the-dark-soul-of-the-20th-century/
[207] https://tg24.sky.it/cronaca/2011/04/29/wojtyla_segreto_beatificazione_giovanni_paolo_ii_galeazzi_pinotti_chiarelettere_controinchiesta
[208] https://www.antimafiaduemila.com/home/mafie-news/309-topnews/90337-la-morte-di-calvi-le-verita-accertate-gli-interrogativi-tuttora-senza-risposta.html
[209] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1991/07/28/ora-vi-dico-chi-ha-ucciso.html
[210] C. Bellavite Pellegrini, “Storia del Banco Ambrosiano”, Laterza, 2002
[211] http://www.archivio900.it/it/libri/lib.aspx?id=1993
[212] F. Pinotti, “Poteri forti – la morte di Calvi, lo scandalo dell’Ambrosiano. La nuova ricostruzione delle misteriose trame della finanza italiana”, BUR, 2005
[213] https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/03/11/p2-massoni-e-misteri-40-anni-fa-la-scoperta-della-loggia-coperta-guidata-da-licio-gelli-da-villa-wanda-alla-strage-di-bologna-la-storia/6130207/
[214] F. Pinotti, “Poteri forti – la morte di Calvi, lo scandalo dell’Ambrosiano. La nuova ricostruzione delle misteriose trame della finanza italiana”, BUR, 2005
[215] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[216] https://ibiworld.eu/en/henry-kissinger-the-dark-soul-of-the-20th-century/
[217] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[218] https://www.valdarno24.it/2020/02/18/lex-guardasigilli-claudio-martelli-a-colloquio-su-bettino-craxi-il-13-marzo-evento-a-san-giovanni/
[219] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
[220] F. Pinotti, “Poteri forti – la morte di Calvi, lo scandalo dell’Ambrosiano. La nuova ricostruzione delle misteriose trame della finanza italiana”, BUR, 2005
[221] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1985/05/09/il-governo-non-vuole-arrestare-licio-gelli.html
[222] https://4agosto1974.wordpress.com/2014/03/01/verbale-nara-lazzerini-02-04-1985/
[223] https://www.youtube.com/watch?v=YA-ryJ-2kPU
[224] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1982/01/28/082U0017/sg
[225] Michele Gambino, “Il cavaliere B.: chi è e che cosa vuole l’uomo che sogna di cambiare l’Italia”, Manni Editori, 2001, p. 103
[226] F. Pinotti, “Poteri forti – la morte di Calvi, lo scandalo dell’Ambrosiano. La nuova ricostruzione delle misteriose trame della finanza italiana”, BUR, 2005
[227] F. Pinotti, “Poteri forti – la morte di Calvi, lo scandalo dell’Ambrosiano. La nuova ricostruzione delle misteriose trame della finanza italiana”, BUR, 2005
[228] F. Pinotti, “Poteri forti – la morte di Calvi, lo scandalo dell’Ambrosiano. La nuova ricostruzione delle misteriose trame della finanza italiana”, BUR, 2005
[229] C. Bellavite Pellegrini, “Storia del Banco Ambrosiano”, Laterza, 2002
[230] https://www.repubblica.it/politica/2018/01/13/news/berlusconi_apre_la_campagna_visitando_la_tomba_di_craxi-300947790/
[231] C. Bellavite Pellegrini, “Storia del Banco Ambrosiano”, Laterza, 2002
[232] F. Pinotti, “Poteri forti – la morte di Calvi, lo scandalo dell’Ambrosiano. La nuova ricostruzione delle misteriose trame della finanza italiana”, BUR, 2005
[233] https://www.report.rai.it/dj/Paradise_Papers/page1.html
[234] F. Pinotti, “Poteri forti – la morte di Calvi, lo scandalo dell’Ambrosiano. La nuova ricostruzione delle misteriose trame della finanza italiana”, BUR, 2005
[235] G. Piazzesi, S. Bonsanti, “La storia di Roberto Calvi”, Longanesi, 1984
[236] Memoriale Pallicani
[237] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1987/05/29/capitali-all-estero-la-corte-assolve-monsignor.html
[238] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993, p. 348
[239] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993, p. 140
[240] https://www.ilmessaggero.it/rubriche/accadde_oggi/assassinato_domenico_balducci_banda_magliana-2027202.html?refresh_ce
[241] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/06/11/magliana-da-banda-di-periferia-agli.html
[242] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1986/01/22/ex-vicequestore-respinge-le-accuse.html
[243] Martina Bernardini, “Roma. La fabbrica degli scandali”, Newton Compton, 2015
[244] Simona Zecchi, “La criminalità servente nel caso Moro”, La Nave di Teseo, 2018
[245] Testimonianza di Pazienza resa al Pubblico Ministero dott. Tescaroli nell’ambito del processo per l’omicidio di Rpberto Calvi
[246] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1998/05/07/carcere-solo-per-mazzotta-salvi-pazienza-ortolani.html
[247] https://www.adnkronos.com/carboni-libro-di-pazienza-lo-conobbi-nell81-me-lo-presento-damato-non-era-millantatore_3HdYRSCYnKgjDA0r7EDEzf
[248] Testimonianza di Pazienza resa al Pubblico Ministero dott. Tescaroli nell’ambito del processo per l’omicidio di Rpberto Calvi
[249] https://www.maurizioturco.it/bddb/1993-12-08-la-repubblica-e-.html
[250] https://www.grandeoriente.it/la-complessita-umana-armando-corona-fondazione-sardinia-blog-persone-storia-della-sardegna/
[251] https://www.leggo.it/italia/cronache/morto_flavio_carboni_chi_era_misteri_italiani-6458838.html
[252] https://marcosaba.tripod.com/francescopazienza.html
[253] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1987/01/18/gli-accusatori-di-pazienza-ora-diventano-suoi.html
[254] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993, pp. 374-375
[255] http://bandadellamaglianalastoriainfinita.blogspot.com/2006/10/rosone-racconta-il-fallimento-del.html
[256] https://www.youtube.com/watch?v=BJ3H9HMxZ8I
[257] https://roma.repubblica.it/cronaca/2019/07/05/news/roma_diventa_definitiva_la_confisca_dei_beni_a_diotallevi-230432276/
[258] http://bandadellamaglianalastoriainfinita.blogspot.com/2006/10/rosone-racconta-il-fallimento-del.html
[259] https://www.ilriformista.it/chi-era-flavio-carboni-il-faccendiere-che-morendo-si-porta-via-i-misteri-ditalia-275371/
[260] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/10/04/ecco-come-riciclavano-soldi-sporchi.html
[261] G. Ruggeri e M. Guarino, “Berlusconi: inchiesta sul signor TV”, Kaos Edizioni, 1994, https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/10/04/ecco-come-riciclavano-soldi-sporchi.html
[262] https://www.senato.it/leg/14/BGT/Schede/Attsen/00017573.htm
[263] G. Ruggeri e M. Guarino, “Berlusconi: inchiesta sul signor TV”, Kaos Edizioni, 1994
[264] G. Ruggeri e M. Guarino, “Berlusconi: inchiesta sul signor TV”, Kaos Edizioni, 1994
[265] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/08/14/arbitro-nei-giochi-dell-alta-finanza.html
[266] https://www.italiaoggi.it/archivio/curto-ha-ammesso-la-tangente-215202 https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/09/08/curto-soldi-li-ho-buttati-via.html
[267] F. Pinotti, “Poteri forti – la morte di Calvi, lo scandalo dell’Ambrosiano. La nuova ricostruzione delle misteriose trame della finanza italiana”, BUR, 2005; https://dbe.rah.es/biografias/12312/jose-maria-lopez-de-letona-nunez-del-pino
[268] https://www.lefotografiechehannofattolastoria.it/2021/fascia-dark/lomicidio-del-banchiere-di-dio/
[269] F. Pinotti, “Poteri forti – la morte di Calvi, lo scandalo dell’Ambrosiano. La nuova ricostruzione delle misteriose trame della finanza italiana”, BUR, 2005
[270] C. Raw, “La grande truffa: Il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano”, Mondadori, 1993
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