Criminalità
Libero Grassi, quando un imprenditore dice no alla mafia
Era il 10 gennaio 1991 quando Libero Grassi scrisse una lettera aperta sul Giornale di Sicilia. “Caro estortore, volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l’acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere… Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo. Per questo abbiamo detto no al ‘Geometra Anzalone’ e diremo no a tutti quelli come lui”.
L’11 aprile 1991 Libero Grassi fu ospite di Samarcanda, la trasmissione che conduceva allora Michele Santoro su Rai 3, dove spiegò: “Io non sono pazzo, non mi piace pagare, è una rinunzia alla mia di dignità di imprenditore“.
Il 29 agosto 1991, alle 7:25, Libero Grassi è sul balcone di casa sua, insieme alla moglie Pina. Scambiano alcune parole poi si avvia verso la porta d’uscita. Alle 7:30 esce dal portone e si dirige verso la sua auto. Salvino Madonia e Marco Favaloro sono già appostati e aspettano che Grassi esca di casa. Madonia ordina a Favaloro di tenere il motore accesso e lo sportello aperto per la fuga. Scende dall’automobile, nascondendo una pistola calibro 38 nel giornale, e segue la vittima. Libero Grassi svolta per via Alfieri e il killer arriva alle sue spalle, punta la pistola e spara quattro colpi, uno all’altezza del petto e tre alla testa.
Muore così, Libero Grassi, il simbolo dell’antiracket, colpito vigliaccamente alle spalle. Imprenditore onesto, aveva accusato pubblicamente i suoi estortori, puntando il proprio dito, anche con lettere aperte ai giornali e partecipazioni a trasmissioni televisive.
Devi fare login per commentare
Accedi