Criminalità
La banalità del male
Ricorre la tragica figura della “banalità del male” che ci ha insegnato Arendt nella commissione del delitto del barman contro la bellissima Giulia che portava in grembo Thiago.
Si compie con spietata e feroce efferatezza un crimine con la tranquilla consapevolezza di non aver fatto nulla di male. Il reo è nella condizione annichilente: non esistono limiti, impedimenti, preclusioni, ostacoli. Tutto è “terribilmente normale”.
Il cadavere -anche se rappresentato da una bellissima donna e da un nascituro- può essere bruciato, spezzettato come carne da macello, nascosto in un garage, portato in giro nel baule di autovettura; sconta la legge del possibile: non c’è nulla di male.
Annichilire è verbo che copre un quadro semantico particolare che dimostra la nullità dell’essere pensante. Significa anche annientare, distruggere, nullificare. Deriva da adnihilare che contiene in sé la parola nihil che significa niente.
Il barman che uccide spietatamente non avverte nulla, è pervaso dal niente, non c’è il costrutto del pensiero, che implica, riflessione, meditazione, scelta, raziocinio di bilanciamento.
Non ha disegno, se non quello di rimuovere le prove, occultarle, tentare ogni sforzo per farle scomparire. Se ci fosse riuscito sarebbe stato felice; il giorno dopo sarebbe tornato a lavorare nella Milano bene, da bere, a divertirsi ad insidiare altre donne.
È la condizione della banalità del suo male invece che attecchisce nelle sue ciniche e fredde azioni: come i nazisti che prendevano i bimbi ebrei e li scaraventavano nei forni crematori per farci dopo il sapone. La banalità del male nasce lì, nei campi di concentramento dove, come diceva Primo Levi, non c’era l’uomo.
Ma questo è il punto: potrà pentirsi, ravvedersi, potrà esserci un percorso di recupero, di redenzione nella pena seppure ergastolo che dovrà scontare per il resto della sua vita il barman?
La caduta nella devastazione della nullità del pensiero non farà baluginare neppure il sentiero dell’affrancamento dalla colpa.
Queste crudeltà sono irreversibili, non conoscono le strade della luce del ravvedimento: si uccide come se si prendesse un caffè.
Ci sarà solo buio, oscurità della prigione quando si serreranno le chiavi della gattabuia: e passeranno notti e giorni nello scontato nulla.
Ma non ci sono più né Giulia, né il piccolo che portava dentro, Thiago.
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