Criminalità
Il Mostro di Firenze: le indagini continuano. Arriveremo mai alla verità?
16 morti ammazzati e mutilati, due condannati per i delitti ma il mistero dura intatto da più di 50 anni e le indagini continuano a tutt’oggi. Parliamo del Mostro di Firenze: il caso che sconvolge e che attira attenzioni morbose ancora oggi come il primo giorno. Dal 1968 al 1985 sono state uccise e sfregiate in serie 8 coppie, che si erano appartate in luoghi disabitati a Firenze e dintorni, e le indagini hanno portato all’arresto e alla condanna di due persone, Giancarlo Lotti e Mario Vanni, mentre non è mai stato chiarito il ruolo di un terzo sospettato, Pietro Pacciani, perché è morto prima che si arrivasse alla sentenza definitiva.
Nel frattempo, però, il caso non è mai stato veramente chiuso, tanto che si continua a indagare tutt’ora. Il sospetto è che i condannati fossero “strumenti”, consapevoli fino a un certo punto, nelle mani di un “livello superiore” – i mandanti dei delitti oppure addirittura i veri esecutori, che avrebbero poi fatto condannare degli innocenti al posto loro, Lotti e Vanni, appunto. Questo secondo livello superiore avrebbe perseguito fini forse satanisti, forse “terroristi” magari perché legato ai servizi segreti deviati.
La difficoltà maggior delle indagini portate avanti oggi sta nel fatto che è passato davvero molto tempo, per cui tante prove sono andate perdute e molti testimoni sono nel frattempo morti. E allora ha ancora senso indagare dopo 50 anni, quando comunque si è già arrivati a una verità processuale con annesse condanne definitive? La riapertura delle indagini non è solo l’ennesimo sintomo della malattia italiana chiamata complottismo? Cosa si pensa di scoprire davvero? Lo abbiamo chiesto al dottor Giorgio Droetto, medico e criminologo.
Esiste davvero un livello superiore?
“L’ipotesi di un secondo livello che stesse sopra l’S.I. (soggetto ignoto), in veste di burattinaio, è affascinante ma mi pare poco probabile, come altrettanto improbabile mi pare il legame con l’eversione nera o la banda dei sequestratori sardi che avrebbero avuto le loro basi in quell’area interessata dai delitti.
A meno di prendere in considerazione una scheggia impazzita appartenente a questi gruppi (cosa poco probabile), solitamente queste formazioni di criminali tendono a non provocare allarme sociale nel territorio in cui si devono mimetizzare, tantomeno evitano di attirare l’attenzione delle forze di polizie e dei mezzi di informazione con azioni che hanno come reazione un aumento del controllo del territorio da parte dello stato e dei cittadini. Non è fatto eccezionale come la camorra o la mafia abbiano fatto arrestare o eliminato criminali isolati che con le loro azioni aumentavano il controllo delle forze di polizia, cosa che ovviamente andava a disturbare le loro attività criminali
Secondo lei il serial killer è uno oppure un gruppo di persone? E come si fa a immaginare un gruppo di “amici” che trae piacere dall’uccidere coppie e mutilarle?
“Più si allarga il numero delle persone che partecipano ad un’azione più aumentano le possibilità che qualcuno parli involontariamente, si penta, si ubriachi, si tradisca. La vicenda dei compagni di merende (espressione nata dalla testimonianza di Vanni sulla natura dei rapporti tra lui e Lotti, Ndr.) che andavano a uccidere per divertimento mi pare surreale, anche in considerazione del livello estremamente basso dei soggetti che non avevano certo una intelligenza criminale tale da non commettere il minimo errore e da non tradirsi.
Penso che l’esecutore fosse (oggi potrebbe essere deceduto) un singolo individuo che negli anni ha ripetuto un rituale semplice ma terribile. Venne favorito sia dai mezzi di indagine esistenti all’epoca (non c’erano strumenti formidabili come il test del Dna, il gps e le telecamere) e anche da una certa approssimazione nell’indagine stessa, che verrebbe confermata dalla notizia che solo tre anni fa fu trovata in un cuscino appartenente a due vittime un’ogiva calibro 22: è vero che si tratta di un oggetto di piombo di piccole dimensioni, tuttavia sarebbe bastato palpare il cuscino per trovarlo.
La mutilazione delle vittime rientra in un rituale sadico che non richiede necessariamente competenze mediche o infermieristiche, ma dimostra come l’S.I. volesse portare con sé parte delle sue vittime come prova di potere e possesso, in un contesto dove poteva finalmente dare sfogo alla sua sessualità malata”.
Se difficilmente Lotti e Vanni sono i veri responsabili, quale sarebbe stato il loro ruolo nella vicenda?
“Lotti, Vanni ed il Pacciani erano tre balordi (i cosiddetti compagni di merende), probabilmente guardoni di coppiette, frequentatori di prostitute, fanfaroni da osteria (sotto l’effetto del vino), ma non li vedo pianificare con fredda lucidità una serie di delitti con un preciso sadico rituale, sempre attento e meticoloso. Che fossero personaggi manipolati, strumentalizzati – consapevolmente o inconsapevolmente – mi pare poco probabile e penso che questo, oramai, resterà senza risposta.
Credo che ad oggi l’uomo destrimane, di intelligenza o normale o superiore alla media, alto 180 cm circa (come lo avrebbero descritto i profiler dell’Fbi) resti avvolto nella nebbia e inoltre penso che nel momento in cui fosse individuato probabilmente scopriremo che si tratta di una persona non corrispondente ai profili ipotizzati”.
Arriveremo mai alla verità a distanza di tutti questi anni?
“Solitamente il trascorrere del tempo diminuisce le possibilità di ricostruire fatti e responsabilità, essendo ormai molti personaggi coinvolti deceduti e forse morto lo stesso S.I. Prove perse o mai considerate, superficialità, indagini che hanno spesso trascurato alcune piste per seguire pervicacemente altre: penso che quello del Mostro di Firenze resterà uno degli enigmi insoluti del nostro Paese, a meno che nuove tecniche scientifiche accendano improvvisamente la luce sul buio di questa brutta vicenda. La mia è una speranza, ma non certamente una convinzione”.
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