Criminalità
Gli Stati Uniti e le armi da fuoco: i conti non tornano
La strage di San Bernardino è stata l’ultima di una lunghissima serie di omicidi di massa compiuti negli Stati Uniti con armi da fuoco. Una scia di sangue, causata di volta in volta da fanatici islamici (come nel caso di San Bernardino), da fanatici cristiani (come nel caso dell’assalto alla clinica per gli aborti di Colorado Springs) o da persone prive di un’apparente motivazione, per quanto folle, come nel caso dei sei morti ad Anderson County del 16 novembre.
Dopo ognuno di questi episodi abbiamo ascoltato gli accorati discorsi di Barack Obama sulla necessità di porre un freno alla vendita selvaggia di armi da fuoco, abbiamo addirittura letto l’editoriale del New York Times sulla “epidemia di armi” e ci siamo anche dovuti sorbire le reazioni più o meno isteriche della National Rifle Association o dei sedicenti “blogger pro-armi”.
Nel dibattito si inserisce il Washington Post, che con un piglio fin troppo rassicurante cerca di tranquillizzare la popolazione attraverso dei dati elaborati dal Pew Research, che ci fanno scoprire come, in verità, gli omicidi negli Stati Uniti non siano mai stati così pochi. Ecco i freddi numeri: dal 1993 al 2013 i morti ammazzati con armi da fuoco sono calati drasticamente, passando da una media di 7 ogni 100mila statunitensi a 3,6.
Praticamente, si sono dimezzati. E se si va ancora più indietro, le cose non cambiano, anzi: nel 1980 c’erano addirittura 10 omicidi ogni 100mila abitanti. Secondo i dati dell’Fbi, per farla breve, il dato nazionale sui crimini violenti (commessi con arma da fuoco o meno) è calato del 49% dall’apice raggiunto nel 1991. Insomma: gli Stati Uniti sono diventati un posto molto meno violento.
Il Washington Post esamina poi le ragioni dietro a questi dati: più poliziotti sulle strade, in seguito alla legge varata da Bill Clinton nel 1994; l’utilizzo dei computer che ha reso il lavoro più efficiente; il graduale declino dell’abuso di alcolici; la percentuale molto inferiore di piombo nell’aria (ebbene sì, secondo molti ricercatori ha un ruolo, anche importante); i progressi dell’economia.
Da questi dati sembrerebbe emergere un paese preda di un allarmismo non confortato dai numeri. Come se le cose, invece, andassero bene e, tutto sommato, non ci fosse poi bisogno di regolamentare la vendita delle armi negli USA.
Giungere a una conclusione del genere, però, non è solo pericoloso, ma anche errato. Perché – come si può vedere dai dati elaborati dal dipartimento della Giustizia – a essere letteralmente crollati sono gli omicidi compiuti sotto effetto di droga, quelli compiuti durante stupri, rapine, furti, ecc. e gli omicidi direttamente collegati alle gang.
Che cosa significa tutto questo? Il pensiero (anche secondo il New York Times) va subito alla “crack epidemic”: l’epidemia di crack che ha imperversato nelle grandi città statunitensi tra gli anni ’80 e la prima metà degli anni ’90. Una epidemia che ha portato a un’esplosione del traffico di droga, della tossicodipendenza, dei furti, delle rapine, della rivalità tra le gang e, in definitiva, degli omicidi e dei crimini compiuti. (n.b. “Argument” include omicidi compiuti durante risse, pestaggi e litigi per soldi; “Felony” include omicidi compiuti durante stupri, furti, rapine, ecc.).
Quindi, certo, gli Stati Uniti sono oggi un posto più sicuro di quanto non fossero negli anni ’90 e molte delle zone che un tempo erano semplicemente inavvicinabili sono tornate a una (relativa) normalità.
Ma il fatto che si stia (lentamente) risolvendo quello che era uno dei principali problemi degli USA (almeno dal punto di vista dell’ordine pubblico) non significa che quello che gli americani hanno sotto gli occhi sia un falso problema.
Se un tempo l’emergenza era rappresentata dalle violenze “gang-related”, oggi l’emergenza sono invece i “mass shooting”, le sparatorie di massa. 363 nel 2013, 336 nel 2014, 354 fino a oggi negli Stati Uniti (con 462 morti e 1.314 persone ferite). Praticamente, un omicidio di massa (tentato o compiuto) al giorno, spesso compiuti da persone squilibrate che posseggono armi da fuoco regolarmente registrate.
Il fatto che il tasso generale di omicidi sia crollato, quindi, non dimostra che quello denunciato da Obama o dal New York Times sia un falso problema. Ma che, semplicemente, rispetto agli anni ’80 e ’90 gli Stati Uniti si trovano di fronte a un nuovo problema. Che potrebbe sicuramente essere risolto anche attraverso una severa regolamentazione della vendita delle armi.
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