Beni comuni

Dove finiscono i beni confiscati? Una piattaforma li segue passo a passo

4 Dicembre 2018

Quanti sono, dove sono e soprattutto come vengono riutilizzati i beni confiscati in Italia? Grazie alla legge 109 del 1996, i beni confiscati, dopo essere stati sottratti alle organizzazioni criminali, vengono riutilizzati a fini sociali e quindi assegnati ad associazioni, cooperative, comuni, province e regioni in grado di restituirli alla collettività. L’obiettivo è quello di valorizzarli e riqualificare il contesto culturale, sociale e urbano del territorio in cui si trovano.

A Roma è stato presentato. Confiscati Bene 2.0, il portale realizzato dall’Associazione Libera con la collaborazione di OnData e Fondazione TIM, che monitora con trasparenza i patrimoni economici sottratti alla criminalità organizzata nel nostro Paese e promuove la loro valorizzazione, con il contributi di cittadini, associazioni e istituzioni.

Il sito raccoglie e diffonde informazioni open data complete, fruibili, aggiornate, tanto sul bene quanto sulla sua destinazione. I beni monitorati sono oltre 14mila. La piattaforma, basata su tecnologie Open-Source, raccoglie inoltre il racconto di oltre 700 pratiche di riutilizzo istituzionali e sociali che possono eventualmente ispirare proposte di ulteriori nuovi progetti.

Promuovere il riutilizzo dei beni confiscati alle mafie ridà dignità a comunità e territori così come è avvenuto per la nuova Biblioteca Collina della Pace del comune di Roma situata in un parco nel cuore del quartiere Finocchio, realizzato in un’area di 13000 mq sequestrata il 14 novembre 1996 alla Banda della Magliana, nella periferia orientale di Roma. Non è chiaro per quale uso fosse stato costruito precedentemente, se per farne una villa o un albergo. Dal momento della confisca, avvenuta il 20 febbraio 2001, però, l’Assessorato alle Politiche per le Periferie, attraverso il Dipartimento XIX – Politiche per lo Sviluppo e il Recupero delle Periferie, ha avviato un percorso di partecipazione con i cittadini del quartiere per individuare le soluzioni da adottare per la riqualificazione dell’area. È stato perciò realizzato un parco pubblico e la biblioteca per il quartiere, ed è stato abbattuto un ecomostro in cemento armato che deturpava lo spazio.

Il parco è stato intitolato alla memoria di Peppino Impastato e la biblioteca Collina della Pace è diventata anche la sede capofila per Roma ed il Lazio della BILL, la biblioteca della legalità, iniziativa nata nelle Marche e che ora si sta diffondendo in tutta Italia, per promuovere nei ragazzi la lettura di libri che parlino di impegno per la legalità e di lotta contro le mafie.

 

Stessa sorte ha avuto  la Cascina Bruno e Carla Caccia, bene confiscato alle mafie a San Sebastiano da Po, in Piemonte.  La cascina apparteneva alla famiglia ‘ndranghetista dei Belfiore. Domenico Belfiore venne indicato da diversi collaboratori di giustizia – ritenuti attendibili dal Tribunale di Torino – come reggente di una vera e propria associazione di stampo mafioso (la “Locale”: struttura periferica della ‘ndrangheta) che operava in provincia di Torino, con il controllo in tutta l’area metropolitana del traffico di stupefacenti, usura, sequestri di persona, gioco d’azzardo e scommesse. Domenico venne condannato all’ergastolo nel 1993 come mandante dell’omicidio del Procuratore Capo di Torino Bruno Caccia, ucciso il 26 giugno 1983 a Torino. In seguito all’arresto, le indagini patrimoniali portarono alla confisca dei beni di Belfiore, intestati in realtà a Francesco, il minore dei sette fratelli. Nonostante la confisca definitiva avvenne al 1996, soltanto nel 2007 la famiglia Belfiore lascia la casa permettendone il riutilizzo sociale previsto dalla legge 109/96. La famiglia cercò di ostacolare la confisca tanto che venne nominato un Prefetto ad acta che insieme alla coraggiosa azione dell’amministrazione Comunale di San Sebastiano da Po ha permesso l’assegnazione del bene all’associazione Gruppo Abele nel 2007, il quale ha poi affidato la gestione del progetto all’Associazione ACMOS nel 2008. L’immobile è composto da una Cascina ottocentesca rimaneggiata, un fienile ristrutturato di circa 200 mq, una stalla sul cui tetto è sistemato un impianto fotovoltaico e da un ettaro di terreno circostante. Il bene è stato dedicato alla memoria di Bruno Caccia e di sua moglie Carla.

Oggi Cascina Caccia è prima di tutto una casa, abitata da giovani che se ne prendono cura trasformandola in uno spazio che vuole essere condiviso e aperto a tutti: una comunità di vita accogliente che cerca di estendere il senso di comunità verso il territorio in cui è inserita e le persone che desiderano fermarsi per brevi o lunghi periodi. Lo spazio è rivolto all’educazione alla legalità, ma non solo: è un’area al servizio di tutta la comunità di San Sebastiano e dei comuni limitrofi. Il bene confiscato è quindi teatro di corsi e laboratori autogestiti che si affiancano alle migliaia di studenti da tutta Italia che ogni anno visitano il bene confiscato più grande del nord Italia. Sul terreno infine, oltre ad uno spazio dedicato all’orto, al noccioleto e ad alcuni piccoli animali della fattoria, è stato creato uno spazio per le api. Ormai sono cinquanta le famiglie che permettono di avere il primo prodotto a marchio Libera Terra del nord Italia: il miele.

 

 

(In collaborazione con Fondazione Tim)

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