Consumi
“Il nuovo switch-off? una necessità tecnica, non un incentivo al consumo”
Avvocato Davide Rossi, Direttore Generale di AIRES (Associazione Italiana retailer elettrodomestici specializzati). Siede in alcuni Consigli di Amministrazione Nazionali ed Europei e contemporaneamente continua a seguire la sua vecchia passione per il cinema, in qualità di consulente per primarie imprese del settore audiovisivo. Nella grande quantità di notizie di questo periodo, ne esiste una che passa un po’ sotto traccia, ma che si occupa di un tema che toccherà ognuno di noi: la sostituzione del proprio apparecchio televisivo. Ho cercato di approfondire la questione, facendomi aiutare dall’avvocato Davide Rossi DG di AIRES, Associazione che dal 2005 rappresenta il settore dell’elettronica di consumo. Settore che vale circa 15 miliardi di euro, che diventano 17, se si considerano i prodotti elettromedicali e quelli per la cura della persona. 11 miliardi il volume di affari delle imprese aderenti all’Associazione, esclusivamente rivenditori specializzati, che sviluppano almeno il 70 % del loro fatturato in prodotti di elettronica di consumo. AIRES unisce le cinque principali catene dell’elettronica: Media World, Euronics, UniEuro, Expert, e Trony.
Incontro l’Avvocato Rossi negli uffici dell’associazione e ne nasce una piacevole conversazione, con una declinazione finale sul Cinema, sua storica passione.
Nel lontano luglio del 2012 l’Italia passa dalla TV analogica al Digitale terrestre tra la confusione dei consumatori. Si poteva sostituire l’apparecchio con una TV di nuova generazione con decoder integrato godendo così di incentivi statali all’acquisto, oppure acquistare il decoder da affiancare alla vecchia TV. Dieci anni dopo la storia si ripete: si passa al DVB-T2, quindi un nuovo switch off, ci vuole spiegare meglio in che cosa consiste?
In realtà si passa a MPEG4. In questa prima fase il passaggio sarà da MPEG2 a MPEG4, successivamente, nel corso del 2022, è previsto un ulteriore passaggio a HEVC-T2 Main 10, che dovrebbe rappresentare lo standard definitivo. Queste sigle, che appaiono misteriose, rappresentano il livello di compressione del segnale televisivo digitale. Attualmente il livello di compressione è basso, il numero 2 indicato nella sigla, sta a significare una leggera compressione del segnale, che si comprimerà ulteriormente con MPEGG4. In buona sostanza dove prima ci potevano stare solamente due canali ce ne potranno stare quattro. Questo però rischia di non essere sufficiente, perché tutte le frequenze sopra i 700 Mega hertz devono essere liberate dalle emittenti televisive, per essere riassegnate agli operatori di telefonia per il 5G. Il 5G ha la necessità di avere maggiore banda Hertziana e l’unica alternativa è stata quella di imporre alle emittenti di trasmettere con un sistema più compresso, per consentire la continuità di trasmissione. Diversamente, gran parte dell’emittenza televisiva, sarebbe stata falcidiata e le quasi mille televisioni presenti in Italia non avrebbero trovato lo spazio necessario. Il diritto delle emittenti di trasmettere fino al 2035 sarebbe stato compromesso con l’aggravio, per tutti noi, di non vedersi più garantito il pluralismo dell’informazione. L’unica alternativa è stata quella di pensare ad un sistema più complesso, considerato che la tecnologia lo consente. Purtroppo i televisori attuali non saranno più in grado di decomprimere il nuovo segnale. Immaginiamo di ricevere una mail che contenga allegati pesanti, in genere zippati, per essere letti andranno unzippati. Il televisore di nuova generazione dovrà fare la stessa cosa, cioè decomprimere il segnale e renderlo visibile sullo schermo. Questa cosa non si può fare con gli schermi attualmente presenti, perché non è possibile aggiornare il software o scaricare un’applicazione, servirebbe un cip particolare, che si chiama 265, che ha la capacità tecnica di decomprimere il segnale. L’unica alternativa quindi è quella di sostituire tutti i televisori o di allegare al vecchio apparecchio un decoder che abbia le caratteristiche tecniche necessarie.
Una grossa mano per la ripresa di un settore l’elettronica di consumo che a dire la verità aveva reagito meglio di altri nel periodo della pandemia. Lo stare in casa ha accelerato la sostituzione di molti elettrodomestici che probabilmente avrebbero avuto una vita più lunga. Ora un ulteriore aiuto, agevolato ulteriormente da un bonus rottamazione per l’acquisto di televisori compatibili, non temete critiche?
Assolutamente no. Si tratta di una necessità che deriva da una questione tecnica, non si tratta di un incentivo al consumo per l’acquisto dei televisori; è la risposta ad un esigenza tecnica insuperabile. Inoltre la rottamazione dei televisori è un’attività virtuosa, visto che gli stessi verranno portati nei centri di raccolta e di recupero. Dai vecchi apparecchi saranno recuperati alcuni materiali, che andranno a generare ulteriori risorse economiche e occupazionali per le imprese che se ne occuperanno. Va poi specificato che l’aiuto è per i cittadini, i consumatori e non per i negozi. È un aiuto per spingere le famiglie italiane verso un’innovazione tecnologica importante. I nuovi apparecchi hanno, non solo la possibilità di far vedere i nuovi canali digitali, ma sono televisori “smart”in grado di collegarsi alla rete, dando un aiuto anche a tutta l’emittenza televisiva, che potrà fare una pubblicità profilata e mirata, per competere contro i giganti della rete, soprattuto con Google e Youtube, che erodono margini a questi operatori. Quindi maggiore pluralismo e maggiori possibilità che continuino ad esserci editori televisivi, in grado di competere con i giganti del web, grazie alle tecnologie offerte da questi nuovi televisori “smart”; un servizio migliore per i consumatori. Molti hanno scoperto da poco che esiste anche la funzione HBBTV che consente all’utente di rivedere dall’inizio un programma, oppure scegliere il programma preferito, quindi un utilizzo avanzato della TV. Il televisore “smart” rappresenta una nuova esperienza visiva. Per gli appassionati di calcio, ad esempio, la possibilità di vedere l’evento è riservata solamente ai possessori di TV smart, infatti DAZN invia il proprio segnale via internet, l’apparecchio andava in ogni caso sostituito indipendentemente da questo cambio tecnologico.
A proposito di bonus, nonostante lo switch-off sia stato posticipato al 2023 le risorse statali potrebbero non bastare. Come se ne esce secondo lei?
Non è esattamente così. Il primo switch-off avverrà tra poco, il 15 ottobre. Da quella data tutti i canali che non fanno parte delle sei ammiraglie, quindi RAI, Mediaset, etc… e tutti i canali all news delle private, non si potranno più vedere. Mi riferisco a tutti gli altri canali come RaiStoria, Rai Yo Yo, Rai Gulp, Rai Sport… Si tratta quindi di uno switch-off morbido, previsto a vari step. Nel corso del 2022 si completerà il cambio e tutti canali passeranno in MPEG4. Un cambiamento ammorbidito e diluito nel tempo.
Esiste come da vostra dichiarazione un “recupero ecologico” dove i rivenditori garantiscono il ritiro gratuito, “uno contro uno”. Come verranno smaltiti i vecchi apparecchi? in un’ottica di economia circolare quali sono i benefici di questa operazione?
Questo incentivo accelera un processo già in corso. Tutti gli anni, vengono recuperati oltre 360 mila tonnellate, una cifra enorme, considerando che un’auto pesa circa una tonnellata e mezza, vorrebbe dire circa l’equivalente di 240 mila autovetture, che vengono recuperate oggi in elettrodomestici. Esiste già un grande processo di recupero, reso possibile anche dai nostri rivenditori, che ritirano non solo “uno contro uno” ma anche “uno contro zero”, ritirando i piccoli prodotti sotto i 25 centimetri di diametro, senza l’obbligo di comperare di nuovi. Pensiamo ad esempio ai telefonini, alle batterie, ai rasoi, il consumatore può recarsi nel punto vendita, consegnare il prodotto, lasciando al negozio l’onere del recupero. Nel caso del televisore, alla consegna verrà ritirato il vecchio, oppure il cliente potrà consegnarlo direttamente presso le isole ecologiche, presentando idonea documentazione, che attesta l’acquisto di un nuovo apparecchio. Tutto questo accelererà il processo di recupero. Sarà spiegato al consumatore che il modo corretto di smaltire i prodotti, non sarà più quello di affidarsi agli svuota cantine o smaltendolo direttamente in maniera impropria, ma affidarsi al sistema ufficiale, composto dai rivenditori e dal servizio offerto. A Milano, ad esempio, è possibile rivolgersi all’Amsa, prenotandosi on-line e portando l’apparecchio sotto casa, la sera. Entro il mattino successivo verrà trasferito alle isole ecologiche a costo zero. Si tratta di un percorso educativo, che insegnerà ai consumatori la corretta destinazione del rifiuto elettronico. I rivenditori di prodotti elettronici rappresentano, non solo l’ultimo miglio della consegna dei prodotti, ma anche il primo miglio per il ritorno degli stessi, in una logica di un’economia pienamente circolare. È corretto precisare che il recupero del vecchio apparecchio non significa recuperarne una parte, per esempio una scheda, con l’obiettivo di adattarla ad un altro TV, ogni componente viene avviato ad un corretto recupero. Sono recuperate tutte le materie prime, preventivamente smontate, con logiche corrette per evitare che si disperdano nell’ambiente. Sono recuperati i singoli materiali, come il rame, il palladio e tutti gli altri prodotti, che compongono il televisore e solo dopo un lungo e costoso processo vengono recuperati.
Cosa significa occuparsi di responsabilità ambientale nel mondo degli elettrodomestici? è solo una questione di classe energetica?
Il ruolo del rivenditore di prodotti elettronici è duplice, educa in primo luogo il consumatore, al quale viene spiegato il senso dell’etichetta energetica, dell’eco bonus energetico ancora in corso, la possibilità di risparmiare, se si comprano elettrodomestici ad alta efficienza, quindi consegnare un prodotto, che sia compiutamente sostenibile dal punto di vista ambientale, cercando di promuoverlo, anche se lo stesso ha un costo più alto. Vanno spiegate le ragioni per cui è meglio fare un acquisto più costoso, ma maggiormente consapevole e più attento all’ambiente. Il secondo ruolo, invece, è materialmente logistico, cioè avviare il corretto processo di recupero dei vecchi prodotti. Tutta la catena va controllata e i primi protagonisti sono i rivenditori.
Una settimana fa ha ricondiviso un post di Media World, dove si parlava di STEM Gap, ovvero “il numero di donne impegnate professionalmente nei settori cosiddetti STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) è ancora largamente minoritario rispetto alla corrispondente aliquota maschile.” Qual è la situazione nelle aziende in Italia? Il settore sta facendo qualcosa per colmare questo gap?
In realtà noi questo gap non lo viviamo, ci sono aziende che sono già al 50% occupate da entrambi i sessi. Basta fare un giro tra i rivenditori per rendersene conto. Se parliamo poi delle divisioni e delle competenze interne come il marketing, la comunicazione, l’area amministrativa anche qui siamo in perfetta parità. Una leggera predominanza maschile la si può trovare solamente nell’area commerciale, credo però al pari di molti altri settori. Anche la nostra clientela è formata oramai da una buona parte di pubblico femminile, non esistono più differenze tra uomo e donna per gli acquisti di un elettrodomestico o di un televisore. Da questo punto di vista ci riteniamo uno dei settori più moderni. Penso sia anche una questione generazionale della nostra clientela, sicuramente oggi più giovane.
Soffrite la concorrenza delle grandi piattaforme internet?
Tutti i nostri soci sono oramai multicanale, dispongono di negozi fisici e di estensive attività on line. Vivono oggi il problema, anche se non in maniera spaventevole, della concorrenza sleale o asimmetrica, operata dalle piattaforme che ospitano operatori, consentendogli di stare sul mercato, pur non avendone le caratteristiche amministrative, finanziarie gestionali e di compliance. Questo non ci piace. Stiamo chiedendo, sia a livello nazionale sia europeo, la stesura di norme che ci consentano di competere ad armi pari con le piattaforme che, essendo straniere, godono di condizioni normative più favorevoli. Esiste una forma di protezionismo al contrario che punisce le aziende italiane e favorisce quelle straniere. Ci auspichiamo una concorrenza leale e simmetrica. Molti di questi operatori possono permettersi di praticare prezzi al ribasso, spesso vendendo prodotti irregolari o prodotti che non hanno pagato tutti gli oneri, per essere immessi sul mercato. Vendere un prodotto elettronico significa pagare oneri importanti come ad esempio l’IVA, che spesso viene elusa. L’imposta, in un processo corretto, viene pagata in regime di inversione contabile, cioè viene versata dal dettagliante finale, che è l’ultimo soggetto che vende al consumatore. Questi operatori spesso, non versando l’Iva, accumulano un importante debito dell’imposta e poi spariscono. La piattaforma che li ospita purtroppo si dichiara non responsabile. Ci stiamo impegnando per far approvare una norma che obblighi la stessa piattaforma ad essere lei stessa sostituto di imposta e di versare l’Iva per conto dell’operatore. Si tratterebbe di una semplificazione per coloro che devono pagare l’imposta, e un ostacolo insormontabile per i soggetti evasori. Un altro onere spesso evaso è l’eco contributo per lo smaltimento virtuoso. Quello che per semplificare viene talvolta chiamata tassa di scopo per la tutela ambientale. Un altro onere che riguarda personal computer, tablet, apparecchi telefonici è quello della copia privata, una spettanza che deve passare da questi supporti, per essere pagata poi alla SIAE per i diritti di autore. Anche questo è un onere che viene spesso evaso. Tutto ciò si riflette in un più basso prezzo di vendita, consentito spesso dalle piattaforme che godono di maggiore fiducia da parte del consumatore finale. Stiamo chiedendo quindi una responsabilizzazione alle piattaforme che dovrebbero operare con un più alto livello di controllo sui soggetti ospitati al proprio interno.
La sua passione per il cinema ha anche uno storico professionale, è infatti stato Presidente di Univideo fino al 2010. Quale futuro prevede per le sale cinematografiche e per la distribuzione, in un’epoca in cui le piattaforme digitali stanno spopolando e non sono solo contenitori di contenuti, ma produttori di contenuti?
Prevedo un futuro comunque promettente, anche se sfidante, per le sale cinematografiche (che dovranno ovviamente fare la propria parte per essere all’altezza di una clientela sempre più esigente e talvolta distratta) e per tutto il mondo dell’audiovisivo. Sono reduce dall’aver visitato l’ultima Mostra del Cinema a Venezia, dove non ricordavo di aver mai visto una numerosa produzione di film italiani, come in questo periodo. Le piattaforme giocano la loro partita, ma all’interno di un ecosistema che regge, in un contesto dove i consumi dei prodotti audiovisivi tendono ad aumentare. Ci saranno sempre più appassionati di cinema, di serie TV, di nuove produzioni, potrà accadere che questa abbuffata di serie TV rallenterà a favore di un maggior consumo di film. Il fatto che Netflix ha finanziato film e non più solo serie, lo sta a dimostrare. Le sale cinematografiche dovranno essere belle, come quelle della Notorius Pictures, devono essere comode, avere grandi spazi, devono essere eco-sostenibili, devono trasferire un grande piacere, per chi le frequenta. Devono essere facilmente fruibili, con sistemi di prenotazione facili e snelli. Andare al cinema dovrà diventare una scelta consapevole, spinta da tutti i canali informativi con l’aiuto di una sala confortevole di nuova generazione.
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