Consumi
Il mantra del ‘Venerdì Nero’
Sono settimane che su ogni canale social ma pure in radio, in Tivvù e persino su tradizionali giornali di carta è tutto un rincorrersi di ‘Black Friday’, ‘Black Week’, ‘Black-Qualsiasi-Cosa’. Da quando ci si è accorti, qualche annetto fa, della frenesia americana per le spese dell’ultimo venerdì di novembre, anche da ‘sta parte dell’Oceano s’è deciso che non si poteva stare con le mani in mano. E allora, via con il mantra del ‘Black Fiday’, sorta di calcio d’inizio della stagione delle compere in vista del Natale. Che pare tanto ‘cool’ come direbbero quelli dell’altra parte dell’Atlantico, scafati inventori della mistica del ‘Venerdi Nero’. Cui nessuno sembra resistere. Agli albori degli anni Duemila, il mio primo Thanksgiving americano lo passai quasi interamente al lavoro. All’uscita dalla redazione, New York – già bell’imbiancata da una spruzzata di neve – sembrava deserta. Per quanto New York possa essere deserta. Almeno per un giorno, il calore della famiglia, la tradizione, il tacchino ripieno con la salsa di mirtilli sulla tavola imbandita avevano trionfato sulla frenesia della City. Per poco. Manco il tempo di mettere in frigorifero i resti del pennuto al forno che le Tivvù via cavo iniziavano a raccontare l’attesa spasmodica, da una parte all’altra del Paese, del ‘Black Friday’ – che oggi fa così figo pure da noi – con tanto di inviati fuori dalle catene commerciali a riprendere i primi appassionati dello shopping. Già incredibilmente in fila per accaparrarsi, subito, gli oggetti in saldo. Celebranti, rosi dalla bulimia consumistica di un giorno – c’è chi dice chiamato così perché i libri contabili dei commercianti passavano dal rosso delle perdite al nero del guadagno – in cui comprare, comprare, comprare. Non importa nemmeno cosa. Pur di comprare. E a prezzi d’occasione. Una nazione – dagli Stati del Midwest al delta del Missisipi, dalle coste alle metropoli, fino al più piccolo paesello rurale – in coda davanti ai negozi. Puntuale, ogni anno, m’era toccato il pezzo sul ‘Black Friday’ – pure divertente da scrivere – e puntuale, ogni anno, la curiosità per la venerazione, da parte di tutte quelle persone, dell’acquisto compulsivo. Spesso inutile: se c’è un consumatore che, più di ogni altro, accumula in casa gli oggetti più disparati – di cui, poi, si dimentica in fretta – è quello americano. Che, nel ‘Venerdì Nero’, da il meglio di sé. “Cosa ha acquistato di bello?” Ricordo la domanda di un anchorman a un accaldato signore di mezza età con un pacco voluminoso e un sorriso a 32 denti. Felicissimo di raccontare fuori dal centro commerciale, in diretta nazionale, il suo colpo gobbo. “Ho preso un forno a microonde”. “Ed è quello che voleva?”. “Onestamente no, volevo un aspirapolvere ma erano finiti. Comunque questo è un gran bel forno. E poi per quanto lo ho pagato…”. Lo si può mettere in soffitta con leggerezza. Chissà se anche da noi s’è arrivati a tanto.
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