Agroalimentare

Il prezzo sale ancora. Così il caffè diventa una bevanda per pochi

14 Maggio 2024

Il caffè espresso è da sempre la bevanda di maggior consumo in Italia, è un rituale irrinunciabile, legato alla cultura alle abitudini degli italiani, un’istituzione parte oramai dell’identità nazionale, un prodotto riconosciuto e apprezzato nel mondo. Oggi però rischia di diventare un bene di lusso visti i continui e sostanziosi aumenti subiti.

Cerchiamo di capire il perché ascoltando il parere di due torrefattori Italiani, si tratta della Torrefazione Varanini operante a Milano e nella vicina Monza e Brianza e della Torrefazione Covim leader di mercato nella regione Liguria con oltre 60 milioni di fatturato.

Ad Alberto Zappa, co-titolare insieme al fratello Massimiliano, della Varanini Caffè chiedo il motivo di questi continui aumenti.

Gli aumenti, frutto anche di speculazioni, hanno un’origine antica, erano preannunciati circa 15 anni fa. Uno studio attestava che la produzione mondiale delle due specie botaniche più consumate, l’arabica e la robusta, rimanesse stabile, mentre il consumo era gradualmente in aumento per due motivi. Un maggior consumo della bevanda da parte dei cittadini cinesi e brasiliani, che vivendo in situazioni di povertà non consumavano caffè, paradossalmente da loro prodotto, mi riferisco al Brasile. Lo stesso studio metteva in allerta il mercato di un possibile consumo previsto in aumento negli anni a venire, ciò che poi è avvenuto, quindi produzione stabile e domanda fortemente aumentata. Le scorte, prima abbondanti per il minor consumo, si sono ridotte ai minimi e qualche operatore ha prenotato grandi quantità di prodotto. I produttori stessi osservando la situazione hanno conservato scorte alte decidendo di non vendere e ciò ha fatto sì che il prodotto mancasse sul mercato, le quotazioni così sono schizzate alle stelle. Di recente sono apparse due notizie contrastanti, il Vietnam, secondo produttore al mondo della specie robusta ha annunciato un calo della produzione del 20%, qualche ora più tardi le quotazioni della specie stessa sono calate di circa il 7,5%, è evidente che una delle due notizie era falsa, probabilmente quella relativa al calo di produzione in Vietnam. È successo che qualche fondo di investimento, soddisfatto del plus derivato dalle nuove quotazioni, ha deciso di vendere quantità importanti di caffè, scatenando sul mercato un calo delle quotazioni purtroppo, ho ragione di credere, solo temporaneo. Per dirla grezza non esiste più lo sbilanciamento a cui eravamo abituati in passato tra domanda e offerta per via di un forte aumento di consumo nei Paesi più poveri. Le oscillazioni sono talmente repentine che sta alla capacità del torrefattore decidere la quantità da acquistare in un preciso momento, considerato il fatto che l’approvvigionamento avviene mesi prima di quando il prodotto viene messo poi sul mercato. Ma il rischio più grande secondo me è quello di rimanere senza prodotto, oltre a subirne le continue oscillazioni al rialzo. Sarà secondo me necessario fare una programmazione più lunga, non solo per fermare il prezzo, ma per avere maggiori garanzie di continuità, questo impegno (rischioso) naturalmente andrà diviso tra noi e la nostra clientela. Siccome piove sul bagnato anche il problema degli Houthi ha causato un sensibile aumento non solo dei costi di trasporto ma soprattutto dei costi assicurativi che coprono l’attraversamento di tratte altamente pericolose. 

 

Perché è aumentato maggiormente il prezzo della robusta rispetto all’arabica?

Perché sempre in proporzione alla domanda-offerta c’è meno robusta sul mercato, addirittura alcuni nostri clienti ci chiedono di aumentare la percentuale di arabica all’interno delle confezioni, che erano prevalentemente composte da robusta, questo senza variazioni di prezzo, il contrario rispetto a mesi fa visto che l’arabica costava da sempre molto di più, in quanto si tratta di una specie più pregiata.

Spieghiamo al lettore la differenza tra le due specie botaniche.

È luogo comune sostenere che l’arabica costando di più sia maggiormente pregiata, a mio avviso è una questione di gusto, sono due prodotti diversi. La robusta contiene più caffeina e più anidride carbonica questo il motivo di una maggiore cremosità, sfatiamo un mito, più crema nel caffè vuol dire maggiore anidride carbonica; l’arabica invece sprigiona maggiori profumi che presuppongono però un’ottima regolazione della macchina da caffè per essere percepiti, contiene meno caffeina e ha migliori proprietà organolettiche, paga meno alla vista per una cremosità ridotta. Oggi i prezzi tra le due si sono allineati per una minore disponibilità della robusta che nel frattempo però ha aumentato notevolmente la sua qualità.

Proseguo fornendo qualche informazione sul prodotto non nota a tutti.

Il caffè è il secondo prodotto a livello mondiale per quantità di denaro spostato, arriva solamente dopo il petrolio, ma prima del grano. Alla borsa di Londra è quotata la robusta, l’arabica è invece quotata alla Borsa di New York. Il primo produttore al mondo di arabica è il Brasile, mentre il Vietnam è il primo produttore di robusta. Questi i principali.

Chiedo a Simone Rebollini, Responsabile Commerciale Vending e Negozi Specializzati di Covim da quando sono iniziati gli aumenti e secondo lui perché.

Gli aumenti della robusta sono iniziati dal 2021 dopo un periodo di stabilità dei prezzi che oscillavano intorno ai 1.500 dollari per tonnellata, questo per 6-7 anni. In quei periodi non si avvertivano significativi variazioni di prezzo, la situazione era per lo più stabile. Dal 2021 il prezzo ha iniziato gradatamente a salire fino al picco dei 4.000 dollari a tonnellata, oggi siamo intorno ai 3.500 dollari. I motivi sono da ricercare in una maggiore richiesta sul mercato della robusta, i cui consumi sono notevolmente aumentati. I crudisti, ovvero gli importatori del caffè, ricercano la causa in un maggior consumo da parte dei Paesi asiatici che si sono rivolti al consumo di una bevanda in precedenza non consumata, parlo di India, Vietnam e Cina. La produzione non può aumentare in tempi brevi,  le piantagioni sono quelle, la crescita di nuove piante richiede molto tempo. Anche lo sviluppo economico del Brasile ha portato i suoi abitanti a consumare un prodotto mai consumato prima. Per l’arabica il discorso è differente, ha subito un forte aumento all’inizio, ma poi si è stabilizzata. La quotazione della miscela è però differente si tratta di centesimi di dollaro per libbra. Quando la robusta era quotata 1.500 dollari per tonnellata, l’arabica si attestava a circa 150 cent. per libbra. Ha avuto picchi fino a 250 cent di dollaro per libbra poi è rientrata, in seguito all’aumento della robusta è tornata ai valori massimi di 250 cent per libbra. Storicamente l’arabica è sempre costata un 20-30% in più della robusta, oggi le quotazioni sono allineate, non esiste più quella sostanziale differenza. 

Anche Simone mi conferma che l’arabica a livello organolettico è maggiormente pregiata, possiede una gamma di aromi più ampia, quindi più sapore e soprattutto ha un livello di caffeina più basso, che ne consente un maggior consumo nei bar soprattutto al nord. Nel vending invece è maggiormente utilizzata la robusta, perché subisce meno i cambi di temperatura, è più semplice da gestire, la combinazione di entrambe è un buon compromesso. Un altro motivo dell’aumento di consumo della robusta deriva dal fatto che i Paesi asiatici non bevono il caffè espresso come da noi, ma principalmente il caffè liofilizzato, per farlo le grandi aziende utilizzano la robusta, non a caso Nestlè ha aperto stabilimenti di produzione in Vietnam.

Secondo te il prezzo del caffè in tazza aumenterà?

Viste le oscillazioni di cui abbiamo parlato e l’aumento delle differenze tra i prodotti, oggi per comperare un chicco che chiamiamo in gergo 17 che permette un caffè di qualità superiore le quotazioni possono aumentare anche di 1.400 dollari a tonnellata in più rispetto alla quotazione di borsa per cui i prezzi sono assolutamente destinati ad aumentare. 

Non diverso il parere di Alberto Lavazza, Presidente dell’omonimo gruppo di famiglia, il maggior player italiano del caffé con 3,1 miliardi di fatturato, che in una recente intervista rilasciata al Corriere della Sera, il 5 maggio scorso.

«Si pensava che il 2024 avrebbe portato stabilità, invece il settore resta travolto da una tempesta perfetta», dice Lavazza che rappresenta un comparto di aziende che dal 2022 ha visto i costi raddoppiare. In tutto valgono 4,5 miliardi di fatturato, dei quali 2,3 dall’export. «Dimostrano però di essere efficienti — dice l’imprenditore — perché sviluppano una redditività dell’11,5%, superiore di uno-due punti a quella dei concorrenti Ue. Ma sono aziende dipendenti dalle importazioni, con 5 milioni di sacchi l’anno acquistati sui mercati. Un buon 30% è del Sud. Hanno un alto valore sociale, realizzano un prodotto imitato che diffonde la cultura italiana». «È una situazione mai vista prima, con la quotazione dell’arabica salita dal 2021 del 75%, con un +60% solo nel 2023. Poi l’impennata della robusta, i cui prezzi sono cresciuti del 200% dal valore medio storico, spinti anche dall’impennata della domanda di consumatori nuovi come i cinesi – spiega Lavazza —Se a questo si aggiunge l’effetto dollaro, incrementato del 10%, si vede come sulla categoria si sia scaricata una massa impressionante di costi».

«Ci sarà poi una forte discriminazione tra il mercato europeo e quelli americano e cinese» – continua Alberto Lavazza

A inizio 2025 infatti entrerà in vigore il regolamento che prevede il divieto di importazione nell’Ue di prodotti che abbiano causato la deforestazione dopo dicembre 2020. Questa norma «impone il tracciamento di tutta la filiera — fa presente Lavazza — e solo il 20% dei produttori mondiali di caffè sarà in grado di conformarsi subito. Su 12,5 milioni di coltivatori, 8 avranno difficoltà a vendere nell’Ue che da sola vale il 30% degli acquisti globali. Ecco perché molte associazioni di categoria rivolgono appelli urgenti alla Commissione affinché si renda conto che questo regolamento non può essere applicato in blocco». Quali gli effetti? «Creerebbe una straordinaria discriminazione perché gli Usa — si pensi a giganti come Starbucks — e la Cina non sarebbero toccati».

Immagine di copertina da rassegna stampa IlSole24Ore del 26/04/2024

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