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Finanziamenti senza concorrenza: l’antitrust multa l’industria automobilistica

13 Giugno 2019

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (in acronimo AGCM), ha la funzione di tutelare la concorrenza ed il libero mercato.

L’AGCM ha i seguenti compiti:

–          vigilanza contro gli abusi di posizione dominante,

–          vigilanza di intese e/o cartelli che possono risultare lesivi o restrittivi per la concorrenza,

–          controllo delle operazioni di concentrazione (fusione o take-over) che superano un certo valore, comunicate all’Autorità, che ne valuterà l’impatto sul mercato,

–          tutela del consumatore, in materia di pratiche commerciali scorrette, clausole vessatorie e pubblicità ingannevole,

–          valutazione e sanzionamento dei casi di conflitto d’interesse dei componenti del Governo,

–          valutazione e attribuzione del punteggio di rating di legalità.

Inoltre essa può procedere ad istruttorie o indagini conoscitive, che possono concludersi con una diffida o una sanzione amministrativa.

Qualora ravvisi particolari situazioni di necessità e urgenza, l’Autorità può emettere, inoltre, provvedimenti cautelari, anche inaudita altera parte, per la tutela di interessi generali. I provvedimenti dell’Autorità sono impugnabili innanzi al TAR del Lazio.

L’Autorità negli ultimi sette anni ha multato le imprese per quasi un miliardo e mezzo di euro. Il Garante ha arginato così accordi tra le aziende contrari a una corretta concorrenza.

L’Antitrust può anche evitare le multe. Può spingere le imprese a correggere la loro condotta scorretta sottoscrivendo degli impegni formali, virtuosi.

Il precedente segretario generale, Catricalà, aveva, nel quasi il 50 % dei casi analizzati, agito, stipulando degli impegni (e senza sanzioni), verso le imprese sottoposte a provvedimenti ed indagini.

Nell’era in cui il segretario generale era il dott. Pitruzzella, gli impegni sono stati accettati soltanto nel 26 per cento delle liti tra l’Antitrust e le aziende e l’Antitrust ha fatto sentire tutto il suo peso.

Ci sono stati tre fenomeni importanti che hanno, diciamo condizionato, l’operato dell’Autorità:

1)      la crisi economica partita dagli Usa nel 2007, che undici anni dopo tiene il reddito procapite italiano ai livelli di 10 anni fa;

2)      la globalizzazione, che sta mostrando adesso il volto tetro dei protezionismi e dei dazi commerciali;

3)      infine novità tecnologiche dirompenti come gli smartphone e le connessioni in mobilità, “che hanno creato nuovi monopolisti”.

Questi hanno contribuito ad aumentare le disuguaglianze, anche in Europa, anche in Italia. Disuguaglianze che indeboliscono la democrazia e finiscono con l’imbrigliare la stessa crescita economica.

In questo senso quindi gli interventi, hanno provato ad arginare le ingiustizie, per proteggere le imprese e le persone più deboli, per favorire un’innovazione non discriminatoria, per evitare sprechi della finanza pubblica.

A questo filone appartiene anche la sanzione contro un cartello creato dai più grandi gruppi automobilistici.

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, il 20 dicembre 2018, ha concluso un’istruttoria, avviata nei confronti delle principali captive banks e dei relativi gruppi automobilistici operanti in Italia nel settore della vendita di autoveicoli mediante prodotti finanziari.

L’istruttoria, avviata a seguito della presentazione di una domanda di clemenza da parte delle società Daimler AG e Mercedes Benz Financial Services Italia S.p.A., si è conclusa accertando un’intesa unica, avente ad oggetto lo scambio di informazioni sensibili relative a quantità e prezzi, anche attuali e futuri.

In particolare, l’Autorità ha accertato che le società Banca PSA Italia S.p.A., Banque PSA Finance S.A., Santander Consumer Bank S.p.A., BMW Bank GmbH, BMW AG, Daimler AG, Merceds Benz Financial Services Italia S.p.A., FCA Bank S.p.A., FCA Italy S.p.A., CA Consumer Finance S.A., FCE Bank Plc., Ford Motor Company, General Motor Financial Italia S.p.A., General Motors Company, RCI Banque S.A., Renault S.A., Toyota Financial Services Plc., Toyota Motor Corporation, Volkswagen Bank GmbH, Volkswagen AG., nonché le associazioni di categoria Assofin ed Assilea, hanno posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza, tra il 2003 e il 2017, funzionale ad alterare le dinamiche concorrenziali nel mercato della vendita di automobili dei gruppi di appartenenza attraverso finanziamenti erogati dalle rispettive captive banks.

Le comunicazioni di cui l’AGCM è entrata in possesso, avevano questo tenore:

–          «Immagino che tutti noi markettari nei prossimi mesi saremo impegnati a dare il meglio. Per questo motivo vi chiedo se possiamo scambiarci le informazioni di pricing».

–          «In un’ottica di collaborazione tra case concorrenti (…tutto il mondo è paese…), ti chiederei se puoi rispondere alle seguenti domande: ci sono campagne in essere per il prossimo anno? Ci sono dei contributi a carico dei concessionari su alcune campagne?».

–          «Che azioni avete intrapreso in seguito al recente aumento del costo del denaro comunicato dalla Bce? Avete ritoccato i tassi dei vostri prodotti o l’importo delle spese pratica?»

–          «Vorremmo conoscere, da chi avrà il piacere e l’interesse a partecipare, come variano le caratteristiche del finanziamento (importo rata, importo anticipo etc) a seconda del modello e del prodotto finanziario».

Le comunicazioni erano scambiate tra manager e funzionari delle finanziarie controllate dalle principali case automobilistiche operanti in Italia, il cui compito esclusivo è di sostenere e supportare la vendita delle auto del proprio gruppo.

Si pensi che circa il 70 per cento delle vetture vengono comprate in Italia tramite un finanziamento, e le sue caratteristiche diventano quindi fondamentali per decidere l’acquisto.

Ma dal 2003 al 2017, la partita è stata truccata a danno dei consumatori.

Le case automobilistiche avevano infatti formato tra di loro un cartello e si scambiavano tutte le informazioni importanti sui prestiti, dai tassi applicati alle spese di istruttoria e di apertura pratica, dall’importo minimo e massimo del finanziamento alla durata minima e massima del rimborso, dalle garanzie richieste alle provvigioni ai dealer.

MA come ho detto in precedenza, in questa storia da “banda bassotti”, c’è un pentito, ed è il gruppo Daimler (Mercedes), il quale segnala all’Autorità garante, che:

–           «le principali captive banks appartenenti a gruppi automobilistici attive in Italia avrebbero scambiato informazioni sensibili con riferimento sia alle condizioni economiche che ad altre condizioni contrattuali da praticare ai dealer e ai clienti che acquistano, attraverso finanziamenti, autoveicoli».

Il gioco si era fatto troppo sporco. La violazione della normativa antitrust era chiara e il rischio di una multa salata era ormai quasi una certezza.

In una email del gennaio 2014, di fronte alla richiesta di organizzare una riunione tra concorrenti presso la sede di una delle case automobilistiche coinvolte, il dipendente della Mercedes Fs scrive:

–           «In ottemperanza alle leggi antitrust la partecipazione mia o di dipendenti del gruppo Daimler potrà avvenire soltanto dopo la valutazione dell’agenda e dei punti concreti da trattare. Per garantire la massima trasparenza sarebbe auspicabile un meeting nell’ambito di un’associazione, per esempio Assilea».

Dopo due mesi da queste indicazioni, i manager della Daimler, iniziano a collaborare, forniscono agli investigatori 145 pagine di documenti e facendo ricorso al «programma di clemenza» europeo (leniency)evitano una sanzione di oltre 60 milioni di euro.

L’Autorità indaga inizialmente su nove società (Banca Psa Italia, Bmw Bank, Fca Bank, Ford Fce Bank, Gmf, Mercedes Fs, Rci Banque, Toyota Tfs, Volkswagen Bank) e sulle due associazioni di categoria Assilea e Assofin. Il 9 gennaio scorso, gli uomini dell’Antitrust, emettono il verdetto.

–          «In considerazione della gravità e della durata dell’infrazione» alle aziende viene imposta una multa per un totale complessivo di circa 678 milioni di euro. Un importo record. In particolare la Fca dovrà pagare (salvo il successo dell’inevitabile ricorso) 178,9 milioni, la Volkswagen 163 milioni, la Renault 125. Cifre da capogiro, calcolate in base ai fatturati delle società e alla lunghezza dei comportamenti anti-concorrenziali.

Ora tocca ai consumatori, far sentire la loro voce, in maniera forte.

Chi ha acquistato a rate una vettura dal 2003 al 2017 dovrebbe infatti avere diritto a un risarcimento

–          Ma che cosa possono ottenere gli automobilisti?

–          A quanto ammonta il danno?

L’Antitrust non lo ha indicato, ma presuppongo che, accertata l’esistenza di un cartello, questo porti alla nullità delle clausole relative ai finanziamenti erogati ai clienti e quindi i consumatori potrebbero richiedere la restituzione di tutti gli interessi, in media il sovrapprezzo pagato dai consumatori a causa delle intese anti-concorrenziali è pari al 20 per cento: e quindi i clienti che hanno acquistato un’auto a rate tra il 2003 e il 2017 potrebbero riavere un quinto del costo del finanziamento».

In considerazione della gravità e della durata dell’infrazione, l’Autorità ha imposto le seguenti sanzioni pecuniarie, per un totale complessivo, di circa 678 milioni di euro.

La nuova normativa introdotta con il decreto legislativo n. 3 del 2017 garantisce una maggiore tutela per le vittime degli illeciti anticoncorrenziali. Viene riconosciuto, a ciascun soggetto leso, il diritto di agire singolarmente, o anche in via collettiva, attraverso la class action, per ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti. Pertanto, chiunque abbia acquistato un autoveicolo nuovo e/o usato, mediante un finanziamento stipulato con una delle finanziarie sanzionate , nel periodo compreso tra l’anno 2003 e il 2017, può richiedere il risarcimento del danno subito, che secondo l’art.1 del D.Lgs. 3/2017 è pari al sovrapprezzo sugli oneri e costi finanziari versati da ciascuno a causa del cartello, oltre agli interessi su tale somma.

L’Autorità ha altresì riconosciuto il beneficio dell’immunità totale dalla sanzione a favore delle società Daimler AG e Mercedes Benz Financial Services Italia SpA che, in qualità di leniency applicant, hanno evitato l’imposizione di una sanzione superiore a 60 milioni di euro.

 

Qui puoi leggere il provvedimento dell’AGCM

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