Consumi
eBay. I primi 20 anni di un’icona dell’understatement digitale
eBay compie 20 anni.
È una della aziende simbolo della new economy ed una delle poche ad aver superato indenne la bolla dei primi del secolo.
L’idea alla base era semplice: vendere oggetti usati attraverso un’asta al rialzo, che fino ad allora era un sistema di determinazione del prezzo esclusivo delle vendite di oggetti di grande valore.
Il successo è stato immediato, tanto che eBay è una delle poche start up di successo ad non aver mai avuto un conto economico negativo: ha sempre guadagnato e tanto.
Negli anni successivi sono stati introdotti i feedback per classificare compratori e venditori, in seguito la possibilità di vendere ad un prezzo fisso e infine la negoziazione del prezzo. Nel frattempo l’acquisto di Paypal, la piattaforma di pagamenti garantiti e legati al buon esito della transazione, ha permesso uno sviluppo ancora più rapido.
eBay a dispetto del successo commerciale ed economico non è mai diventata l’icona cool dell’era digitale come Google, Apple, Amazon, Facebook che, con l’eccezione di Apple, sono nate molti anni dopo.
Le ragioni sono varie.
Innanzitutto, l’usato rimane un argomento poco attraente, pertanto occuparsene condanna alla scarsa considerazione. Quando i cosiddetti giganti dell’ecommerce, che trattavano oggetti nuovi, conquistavano le prime pagine dei giornali per fatturati nell’ordine delle decine o centinaia di milioni di dollari ed euro, su eBay si commerciano già beni per decine di miliardi.
Per preveder il successo dell’ecommerce anche in categorie un tempo giudicate inattaccabili dai guru, come l’abbigliamento, bastava vedere i volumi raggiunti su eBay. Non a caso Amazon emulerà il modello di venditori diffuso di eBay, superandola per il valore delle merci gestite.
In secondo luogo, il modello di business è fin troppo semplice pertanto non alimenta alcun mito, a dispetto dell’algoritmo segreto alla base di Google, dell’innovazione di Apple, della supply chain di Amazon e della complessità di Facebook.
Poi, la figura del suo fondatore, Pierre Omydar, che poco dopo averla fondata e quotata, intascando circa 4,5 mld, ha lasciato ogni carica operativa per dedicarsi filantropia, finanziando siti di informazione, sulla scia di wikileaks: The Intercept. Omydar ha fatto di tutto per non catalizzare intorno a sé quell’aura di tycoon 2.0 che Jobs Zuckerberg Bezos coltivano come parte integrante della strategia aziendale.
Infine ciò che ha penalizzato eBay è stato il fatto di essere stata troppo in anticipo sui tempi e di aver smarrito una certa spinta innovativa, un’azienda più cosciente del proprio ruolo non avrebbe lasciato tanto spazio ad Amazon.
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