Calcio
Barcellona-Bayern Monaco, quando il calcio diventa terapia
Probabilmente la complicità è anche di questo tepore primaverile che molti indicano come veicolo di umori estatici e ormoni ballerini, c’è che a volte il mondo pare sorridere, e questo per merito una partita di calcio. Molto spesso nel corso degli anni si è provato a quantificare, analizzare, decriptare questa girandola di fattori spirituali che riempie la relazione tre calcio e passione. Lungi da noi provare a sviscerare il lato romantico, definendo la questione sicuramente come “cosa più importante tra le meno importanti” ma evitando di scendere lungo sentieri troppo retorici.
La gradevolezza suscitata nel calciofilo di coppa fa specie perché la partita in questione non implica il concetto di fede, quindi di appiglio e di emotività incatenata a bandiere, colori e vessilli ma, per intenderci, è legata a un’idea di bellezza complessiva. Barcellona e Bayern Monaco hanno prodotto bellezza, Messi ha prodotto bellezza, il calcio ha prodotto bellezza. Come un dipinto, come un bel film, come una qualsiasi opera d’arte. Come un panorama mozzafiato, come un’esperienza ai limiti. Tant’è che a distanza di giorni potrebbe dar piacere pensare che chiunque abbia visto la partita possa conservare qualche riserva di stupore in più per affrontare le angustie del mondo.
Sui media si procede alla celebrazione unisona del talento di Lionel Messi, anni ventotto il prossimo 24 giugno, argentino, tra i migliori calciatori di tutti i tempi. Al Nou Camp “Leo” ha incantato tutti risvegliando lo spirito estetico di milioni di persone, ma nonostante questo la scelta dei media porta sempre l’esigenza di “personificare” la bellezza. Bisogna che ci sia un referente, un punto di riferimento, una rappresentazione iconografica da adorare. La memoria sembra corta, più che altro il processo produttivo appare ormai velocissimo: sei mesi fa sui maggiori siti d’informazione sportiva spuntavano resoconti scritti e filmati sulla crisi di un campione, sui problemi fisici, sullo scarso carisma con la maglia dell’Argentina. A chiudere tutto, quel costante paragone con Maradona che accompagna la Pulga sin dai suoi esordi, messo lì a celebrare gloria o a quantificare fallimenti, a seconda delle circostanze.
La doppietta di Messi, la finta in dribbling sul difensore, il tocco a beffare il più forte portiere al mondo rappresentano esplosioni di sublime in novanta minuti di puro spettacolo “artistico”. Un mercoledì di maggio in una metropoli europea, in uno degli stadi più importanti al mondo, si coltiva il massimo livello d’espressione dato da ogni componente ambientale di un’avvenenza globale, che supera anche l’immagine classica del campione da adorare.
Questo aspetto rimane negli occhi di chi guarda, non viene riportato perché la cronaca degli eventi – e dunque delle sensazioni- è ormai questione immediata e visiva, a ore di distanza pochi riprendono l’adrenalina di una bellezza complessiva. Il post gara dunque lo si dedica all’estasi per il singolo, l’approfondimento deve sempre avere un nome, un cognome, un numero di maglia.
Ognuno di noi, andando oltre Lionel Messi dovrebbe ringraziare se stesso per aver scelto di spendere il proprio tempo per quella partita, dovrebbe ringraziare un’orchestra per aver sparso improvvisa meraviglia, dovrebbe dire grazie alla possibilità che ha avuto di godere davvero, in maniera gratuita e inaspettata, per qualcosa di “inutile”.
Questo è ciò che può dare il calcio, un treno per l’onirico senza pesantezze di bagaglio che per due ore scarse può riconciliare l’animo con la geometria del senso, con la percezione di una dimensione dove tutto sembra sinuoso e salomonico, anche nella sua apparente ingiustizia sportiva. Un esempio dato dalla grazia di Messi, dalla forza del collettivo tedesco, ma anche dall’impeto di Suarez che per vincere si venderebbe l’anima al demonio, dalle danze di Neymar, discusso talento sospeso tra mondanità e consacrazione. Oppure dai superpoteri di Neuer il portierone, il baluardo costretto a piegarsi dopo aver protetto il fortino teutonico dagli assalti blaugrana. E no, non ci parlate di calcioscommesse, diritti tv, appalti truccati e tangenti per impianti e manifestazioni, violenze di vario genere. Qui siamo in un prato verde dove accadono miracoli: non si ha intenzione di cercare brutture e pensare a bassezze, noi calcioamatori le lasciamo oltre la linea di fondo, si riprendono nel caso dopo il triplice fischio, quando il tutto torna individuo da criticare, o da adorare.
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