Bioetica

Testamento Biologico: a che punto siamo in Italia?

26 Dicembre 2014

La dichiarazione anticipata di trattamento (alias Testamento biologico, o più variamente testamento di vita, direttive anticipate, volontà previe di trattamento) è l’espressione della volontà da parte di una persona (testatore), fornita in condizioni di lucidità mentale, in merito alle terapie che intende o non intende accettare nell’eventualità in cui dovesse trovarsi nella condizione di incapacità di esprimere il proprio diritto di acconsentire o non acconsentire alle cure proposte (consenso informato) per malattie o lesioni traumatiche cerebrali irreversibili o invalidanti, malattie che costringano a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali che impediscano una normale vita di relazione.

La parola testamento viene presa in prestito dal linguaggio giuridico riferendosi ai testamenti tradizionali dove di solito si lasciano scritti (di pugno) le volontà di divisione dei beni materiali per gli eredi o beneficiari. Nel mondo anglosassone lo stesso documento viene anche chiamato living will (a volte impropriamente tradotto come “volontà del vivente”).
La volontà sulla sorte della persona passa ai congiunti di primo grado o ai rappresentanti legali qualora la persona stessa non è più in grado di intendere e di volere per motivi biologici.

 

Contesto giuridico in Italia

Non esiste ancora in Italia una legge specifica sul testamento biologico nonostante nell’ottobre 2008 il Senato abbia avviato l’esame, concluso, in prima lettura, il 26 marzo 2010, del testo unificato di varie proposte di legge recante disposizioni sul consenso informato e sulle dichiarazioni anticipate di trattamento. Nel corso del dibattito parlamentare non sono mancate prese di posizione varie e contrastanti tra i diversi schieramenti politici e anche all’interno degli stessi, frutto di differenti concezioni etiche e giuridiche.

Il provvedimento è stato esaminato, in sede referente, dalla XII Commissione affari sociali della Camera (A.C.2350) che ne ha concluso l’esame, con la votazione del mandato al relatore, il 1° marzo 2011. L’esame in Commissione del testo già approvato dal Senato ha visto l’intervento di molti deputati. Sono state svolte anche audizioni informali di associazioni ed esperti del settore. Il lavoro istruttorio della Commissione ha portato all’approvazione di numerosi emendamenti. L’Assemblea della Camera ha concluso l’esame del provvedimento il 12 luglio 2011 e lo ha trasmesso all’altro ramo del Parlamento. L’esame in seconda lettura presso il Senato, avviato nel settembre 2011, non è tuttavia giunto a conclusione.

Il progetto di legge sancisce preliminarmente i principi della tutela della vita umana e della dignità della persona, del divieto dell’eutanasia e dell’accanimento terapeutico, e del consenso informato quale presupposto di ogni trattamento sanitario. Provvede quindi alla disciplina, con una norma di carattere generale, del consenso informato, sempre revocabile e preceduto da una corretta informazione medica, e delinea le caratteristiche e i principi essenziali della dichiarazione anticipata di trattamento. Tale dichiarazione consiste nella manifestazione di volontà con cui il dichiarante si esprime, con determinate formalità, in merito ai trattamenti sanitari in previsione di un’eventuale futura perdita della propria capacità di intendere e di volere. Essa, tuttavia, non può riguardare l’alimentazione e l’idratazione, che devono essere mantenute fino al termine della vita, salvo che non abbiano più alcuna efficacia nel fornire al paziente i fattori nutrizionali necessari alle funzioni fisiologiche essenziali del corpo.

Le dichiarazioni anticipate hanno una validità di cinque anni e sono pienamente revocabili, rinnovabili e modificabili. Ne viene inoltre sancita la non obbligatorietà per il medico che, tuttavia, qualora non intenda seguire gli orientamenti espressi dal paziente, è tenuto a sentire il fiduciario o i familiari e a motivare in modo approfondito la sua decisione sottoscrivendola.

L’assistenza ai soggetti in stato vegetativo è qualificata come livello essenziale di assistenza ed è assicurata attraverso prestazioni ospedaliere, residenziali e domiciliari secondo modalità previste da disposizioni normative e dall’Accordo sancito tra il Ministro della salute e le regioni e province autonome sulle Linee di indirizzo per l’assistenza alle persone in stato vegetativo e stato di minima coscienza. Vengono poi disciplinati il ruolo del fiduciario e del medico ed è infine stabilita l’istituzione di un Registro delle dichiarazioni anticipate di trattamento in un archivio unico nazionale informatico[1].

La formalizzazione per un cittadino italiano della propria espressione di volontà riguardo ai trattamenti sanitari che desidera accettare o rifiutare può variare da caso a caso, anche perché il testatore scrive cosa pensa in quel momento senza un preciso formato, spesso riferendosi ad argomenti eterogenei come donazione degli organi[2], cremazione, terapia del dolore, nutrizione artificiale e accanimento terapeutico, e non tutte le sue volontà potrebbero essere considerate bioeticamente e legalmente accettabili.

L’articolo 32 della Costituzione della Repubblica Italiana stabilisce che «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge[3]» e l’Italia ha ratificato nel 2001 la Convenzione sui diritti umani e la biomedicina (L. 28 marzo 2001, n.145) di Oviedo del 1997 che stabilisce che «i desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà saranno tenuti in considerazione[4]». Il Codice di Deontologia Medica, in aderenza alla Convenzione di Oviedo, afferma che il medico dovrà tenere conto delle precedenti manifestazioni di volontà dallo stesso[5].
È importante sottolineare che nonostante la legge n. 145 del 2001 abbia autorizzato il Presidente della Repubblica a ratificare la Convenzione, tuttavia lo strumento di ratifica non è ancora depositato presso il Segretariato Generale del Consiglio d’Europa, non essendo stati emanati i decreti legislativi previsti dalla legge per l’adattamento dell’ordinamento italiano ai principi e alle norme della Costituzione. Per questo motivo l’Italia non fa parte della Convenzione di Oviedo[6].

 

Casi di giurisprudenza

Per la prima volta in Italia, il 5 novembre 2008, il Tribunale di Modena emette un decreto di nomina di amministratore di sostegno in favore di un soggetto qualora questo, in un futuro, sia incapace di intendere e di volere. L’amministratore di sostegno avrà il compito di esprimere i consensi necessari ai trattamenti medici. Così facendo si è data la possibilità di avere gli stessi effetti giuridici di un testamento biologico seppur in assenza di una normativa specifica[7]. Si tratta di uno dei casi in cui la giurisprudenza sopperisce a carenze legislative: il c.d. Decreto Stanzani [8], è opera di un illuminato Giudice il fu Dott. Guido Stanzani il quale ha dimostrato lungimiranza e grande sensibilità alla tematica del testamento biologico.

 

Dibattito politico in Italia

L’argomento, “eticamente sensibile”, vede posizioni differenti fra correnti di pensiero di tipo laica, radicale (spingendosi fino a voler discutere di eutanasia) e posizioni di forte difesa della vita di ispirazione cattolica. Per quanto riguarda l’eutanasia il Comitato Nazionale di Bioetica si è espresso chiaramente nel 2003 con un documento di raccomandazioni dove si afferma che le dichiarazioni anticipate non possono contenere indicazioni «in contraddizione col diritto positivo, con le norme di buona pratica clinica, con la deontologia medica o che pretendano di imporre attivamente al medico pratiche per lui in scienza e coscienza inaccettabili» e che «il paziente non può essere legittimato a chiedere e ad ottenere interventi eutanasici a suo favore[9]».
Il documento del CNB afferma inoltre che «i medici dovranno non solo tenere in considerazione le direttive anticipate scritte su un foglio firmato dall’interessato, ma anche giustificare per iscritto le azioni che violeranno tale volontà».
Alcuni recenti casi mediatici (come ad esempio quello di Eluana Englaro) hanno posto nuovamente all’attenzione della politica e dell’opinione pubblica la necessità di legiferare in maniera chiara sull’argomento.

Possiamo solo augurarci che il pressing mediatico possa portare all’approvazione di una legge equilibrata sul tema che metta al centro il rispetto della volontà della persona.

 

Note

[1] Documenti della Camera dei Deputati: Il Testamento biologicohttp://www.camera.it/camera/browse/465?area=30&tema=122&Questioni+di+bioetica

[2] Il Ministro della Salute italiano, per esempio, per la donazione degli organi, aveva tentato di introdurre un talloncino da portare con sé dove si dichiara la propria posizione rispetto alla volontà di donare gli organi.
[3] Art. 32 della Costituzione Italiana.
[4] Convenzione per la protezione dei Diritti dell’Uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti dell’applicazioni della biologia e della medicina; art. 9. Consiglio d’Europa, 4 aprile 1997. Legge 28 marzo 2001, n. 145. parlamento.it, 28 marzo 2001.
[5] «Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà in caso di grave pericolo di vita, non può non tenere conto di quanto precedentemente manifestato dallo stesso»; Codice di Deontologia Medica, art. 34. Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri.
[6] Convenzione di Oviedo e il suo calvario. Associazione Luca Coscioni, 1 febbraio 2008.
[7] Primo caso di «Testamento biologico». Il giudice applica una norma del 2004. Corriere della Sera, 29 maggio 2008. URL consultato il 20-02-2009. Decreto Stanzani del 5 novembre 2008. forumdonnegiuriste.it, Tribunale di Modena, 29 maggio 2008. URL consultato il 20-02-2009. Dichiarazioni anticipate di trattamento. Comitato Nazionale di Bioetica, 18 dicembre 2003.

[8]Decreto Stanzanihttp://www.aduc.it/generale/files/allegati/decreto-modena-amm-sostegno.pdf, 5 novembre 2008.

[9]Un testamento lungo 15 anni. L’Espresso, 12 febbraio 2009.

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