Bioetica

Se non vuoi morire soffrendo, fatti vivo

13 Settembre 2019

Il 24 settembre scade il termine di un anno dato dalla Corte Costituzionale al Parlamento per legiferare in materia di suicidio assistito. In caso di mancato intervento da parte del legislatore, sarà il pronunciamento della Corte a fare giurisprudenza vincolante.

Il Parlamento “sovrano” in questi dodici mesi ha invece rinunciato alla propria sovranità, accettando l’ordine dei partiti di lasciar perdere, girarsi dall’altra parte, non turbare le gerarchie vaticane anche a costo di costringere le persone all’ipocrisia dell’eutanasia clandestina.

I tempi dettati dalla Consulta però stringono. Il diritto che il Parlamento non vuol riconoscere alle persone malate irreversibili, costrette ad enormi sofferenze fino alla fine dei loro giorni, potrebbe quindi riconoscerlo la Corte obbligando il Parlamento a legiferare in punta di Costituzione.

Si è intanto mossa la Cei, la conferenza episcopale italiana, legittimamente. Ha organizzato un convegno e tramite il Presidente Bassetti ha intimato ai parlamentari di fare una legge prima che si pronunci la Corte – in circa 10 giorni, quindi – e di escludere dalla norma il riconoscimento del suicidio assistito, in qualunque circostanza, considerando la vita un bene indisponibile e l’accettazione del dolore come un dovere verso i propri cari.

L’idea dei vescovi è che Dj Fabo avrebbe avuto il dovere di continuare a soffrire perché sua madre, la sua donna – i suoi cari, in senso lato – potessero continuare a vederlo appunto soffrire, e magari gioire del fatto che il loro caro sofferente e desideroso di farla finita fosse invece ancora vivo.
In un sussulto di umanità, però, i vescovi riconoscono che se ad aiutare Fabiano fosse stato un parente, allora la pena avrebbe potuto essere ridotta.

Invece dei 5-12 anni previsti in caso di condanna di Marco Cappato – che con la sua disobbedienza civile ha innescato l’intervento della giurisprudenza costituzionale, ed è imputato in due procedimenti penali, a Milano e Massa, attualmente sospesi dal ricorso alla Corte – se ad accompagnare Fabiano in Svizzera fosse stata la madre o la compagna, allora si sarebbe potuto infliggere sempre la galera ma con una pena più lieve.

Il Partito democratico si è detto d’accordissimo e pronto ad obbedire.
In questi dodici mesi in cui è stato all’opposizione, il Pd si è preoccupato di non avviare alcun dibattito sulla questione. né ha avvertito la responsabilità di assumere alcuna iniziativa, anche solo di confronto, di conoscenza.
Dopo l’intervento della Cei d’un colpo ha superato l’afonia. Tramite Graziano Delrio il Partito guidato da Nicola Zingaretti (o è Franceschini?) si è precipitato di far sapere ai vescovi che il Partito seguirà la linea clericale.

Non è chiaro come questo possa avvenire in dieci giorni in un Parlamento che non ha mai nemmeno discusso la cosa, e con un’opinione pubblica lasciata a brancolare nel buio, confusa e intimidita dalla macchina della propaganda che, su questo, accomuna il Pd alla Lega e il cardinal Bassetti al Popolo della Famiglia di Salvini.

Il suicidio assistito tratta di casi molto specifici. Li ha indicati lo scorso luglio il Comitato di bioetica che, nella sua riflessione consegnata al Governo definisce gli ambiti e i criteri di applicazione per una legislazione costituzionalmente orientata della materia.

Una legge è necessaria perché la sedazione palliativa profonda riguarda solo i malati allo stadio terminale, non anche le persone come Fabo che, senza l’aiuto del respiratore, avrebbe potuto restare agonizzante per giorni, settimane. Il Codice penale attuale questa eventualità legale la esclude.

L’assenza di una legge che renda legale il suicidio assistito in Italia non significa che gli italiani non lo praticheranno, significa che continueranno a farlo in maniera clandestina, all’estero, e potranno farlo solo quegli italiani dotati dei mezzi finanziari e nelle condizioni fisiche necessarie per affrontare il loro ultimo viaggio.

Il Pd è pronto a imporci di morir soffrendo, come vuole la Cei. Chi invece questo non lo vuole e  al contrario vuole, con la Costituzione, essere libero fino alla fine, allora ha l’opportunità di farsi vivo il 19 settembre a Roma, alla manifestazione-concerto organizzata dall’Associazione Luca Coscioni per l’eutanasia legale.

Dalle 17 alle 23, in piazza San Giovanni Bosco, nel giardino dedicato a Piergiorgio Welby, una maratona di artisti e personalità, a pochi giorni dalla pronuncia della Corte, per ribadire insieme a Marco Cappato e Filomena Gallo che il diritto di essere liberi vale fino alla fine. E perché sia un diritto è importante condividere la responsabilità di esserci, far sentire la propria voce, farsi – letteralmente – vivi!

@kuliscioff

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