Bioetica
Paura della morte o morte della paura?
Non capisco l’avversione della Chiesa cattolica all’eutanasia legale. Come se si avesse paura folle della morte, che è invece per un credente l’incontro con Dio, questa vita essendo un passaggio e spesso diventando, in alcuni casi, una dolorosa tortura. Forse questo terrore della morte è un segno di poca fede? Davvero è una paura atea e nichilista. Come se per la Chiesa la vita fosse solo questa corporea.
L’argomento dell’equiparazione della legge sull’eutanasia assistita alle leggi assassine e eugenetiche di Hitler non merita neppure una risposta, tanto è scandaloso solo l’accostamento. Potrei rispondere solo facendo appello al libero arbitrio, che evidentemente in uno stato totalitario era negato per principio. L’unico argomento valido della Chiesa Cattolica sarebbe che essendo la vita un dono, non ne possiamo disporne. Ma per “vita” cosa si intende? Questa vita qui, corporea, tra la nascita e la morte del corpo, o la vita dalla anima eterna? Il libero consenso a che la natura faccia il suo corso, senza accanimenti terapeutici è un «peccato» che danna l’anima eterna? E prima dell’avvento della tecnica medica? E Woitila?
Un altro argomento è quello del sacrificio: soffrire poco qui per meritare il premio di là. A parte quello che si potrebbe obiettare a livello psicoanalitico, la teologia (non solo luterana, ma anche cattolico romana) insegna che la salvezza è grazia, e nel “Padre nostro” si prega Dio “ne nos inducas in tentationem“… Cristo ha sofferto poche ore sulla croce, c’è gente che soffrirebbe molto tempo, anche anni, e morirebbe tra atroci sofferenze maledicendo Dio. Questo volete? Cosa è più totalitario: imporre un sacrificio, o lasciare la libertà di accettare di accomiatarsi da questo corpo mortale in pace? La libertà deve essere lasciata, anche quella di accettare su di sé il sacrificio (la santità); ma si può chiedere un sacrificio ad altri, senza una dose di cinismo e ipocrisia?
Su questo argomento ha ben risposto David Hume, da cui traggo un solo brano, ma il saggio meriterebbe di essere letto totalmente.
AP
«Che cosa significa dunque l’opinione che in uomo, il quale, stanco della vita e perseguitato dai dolori e dalle miserie, vinca coraggiosamente i terrori naturali della morte ed esca da questa scena crudele; che tale uomo, dico, incorra nell’indignazione del creatore per aver violato l’opera della provvidenza e turbato l’ordine dell’universo? Affermare questo è affermare il falso; la vita degli uomini è soggetta alle stesse leggi cui è soggetta la vita di tutti gli altri animali; e tutte queste esistenze sono soggette alle leggi generali della natura e del moto. La caduta di una torre o un infuso di sostanze velenose distruggeranno un uomo come la più meschina creatura, un’inondazione porta via indistintamente tutto ciò che trova alla portata della sua furia” (..) Per l’universo la vita di un uomo non è più importante di quella di un’ostrica. E se anche fosse molto importante, l’ordine della natura umana l’ha sottoposta alla prudenza umana, e ci costringe a prendere decisioni in ogni circostanza. Se disporre della vita umana fosse una prerogativa peculiare dell’Onnipotente, al punto che per gli uomini disporre della propria vita fosse un’usurpazione dei suoi diritti, sarebbe ugualmente criminoso salvare o preservare la vita. Se cerco di scansare un sasso che mi cade sulla testa, disturbo il corso della natura e invado il dominio peculiare dell’Onnipotente, prolungando la mia vita oltre al periodo che, in base alle leggi generali della materia e del moto, le era assegnato. – Un capello, una mosca, un insetto può distruggere questo essere potente, la cui vita è tanto importante. E’ assurdo supporre che la prudenza umana abbia legittima facoltà di disporre di ciò che dipende da cause così insignificanti? Non sarebbe un delitto per me deviare il Nilo o il Danubio dal loro corso, se fossi capace di farlo. E’ dunque delittuoso distogliere dai loro canali naturali poche once di sangue?»
(Hume, Sul suicidio)
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