Bioetica
Dove vanno i fondi del SSN, seconda puntata
Alcuno si chiederà perché si usa il termine Sistema sanitario anziché Servizio. La motivazione risiede nella surrettizia modifica della “destinazione d’uso”. E qui occorre un minimo riferimento storico. Nel 1962, il Governo Fanfani varò la prima vera legge di centro-sinistra, la nazionalizzazione dell’energia elettrica, per uniformare la distribuzione, i prezzi e la normativa in tema di elettricità. Ne prese lo spunto il Sen. Luigi Mariotti, socialista fiorentino, Ministro della Sanità per rettificare l’assetto degli ospedali nel 1968 ( L.132/68) e concepì una Riforma sanitaria (L.833/78) firmata poi dalla Tina Anselmi, dal carattere universalistico. Una sanità per tutti, un Servizio appunto, per definizione pubblico, come la Scuola, i Trasporti. Negli anni a venire, in specie con il processo di aziendalizzazione, il SSN è diventato una macrostruttura amministrativa, economico-finanziaria, politica, che ha perso la connotazione originaria di universalità e attualmente è un Sistema-Servizio per pochi, quelli che se lo possono permettere.
Anche il concetto di malasanità va modificato. Nell’accezione corrente non può essere limitato alla negligenza e al dolo che periodicamente affliggono qualche famiglia. In tale accezione vanno inseriti anche la mala gestio e il malfunzionamento, figli delle strutture più che dei singoli operatori. A tutto questo si associa il crinale scivoloso della corruzione strisciante.
Quanto sopra comporta un disavanzo del Sistema Sanitario Nazionale (SSN)? La risposta è: Sì, un sì che riporta le ragioni etiche fondamentali a quelle più strettamente economico-finanziarie.
E’ il Libro Bianco sulla Corruption 2014, a cura dell’Istituto per la promozione dell’etica in sanità (ISPE) che svela l’argomento. Secondo l’ISPE, il tasso medio stimato di corruzione e frode in sanità potrebbe ascendere al 5.59%, con un intervallo che varia tra il 3.29 e il 10%, (Button e Leys, 2013). Dato il bilancio del nostro SSN pari a 111 mld, l’ammontare sottratto al malato raggiungerebbe quota circa 7 mld. (Segato et al., 2014). Una più recente ricerca (2015) di Transparency International Italia, Censis, Ispe-Sanità e Rissc punta il dito almeno su un’azienda sanitaria ogni tre (37%) con la documentazione di episodi di corruttela, negli ultimi 5 anni, non affrontati in maniera appropriata e confermando i circa 6 mld dissipati in corruzione sanitaria.
Ma naturalmente questo è un calcolo presuntivo, allocato sull’intero territorio nazionale il quale, a macchia di leopardo, presenta aree di normale e trasparente amministrazione accanto ad aree critiche come Mezzogiorno e Lombardia.
Che il fenomeno non sia trascurabile e di poco conto lo ha accertato la Guardia di Finanza, da gennaio 2014 a giugno 2015 ha fatto emergere frodi e sprechi per un danno erariale di 806 milioni di euro.
http://www.dire.it/newsletter/odm/anno/2016/febbraio/19/?news=04#sthash.HzPHcS2b.dpuf
In prima istanza è la pubblica opinione che comunque ha un percepito negativo. All’atto delle visite specialistiche private, che sono l’ultimo stadio della fase diagnostica mancata, 10 milioni di cittadini paganti out of pocket non hanno ricevuto regolare fattura.
https://www.curiamolacorruzione.it/sanita-bruciati-per-corruzione-efrodi-6-miliardi-di-euro/.18 febbraio 2016
Medesima doglianza riguarda la cura odontoiatrica, alla luce di 7 milioni di pazienti che hanno pagato parcelle in black. Senza trascurare che anche per queste motivazioni, 4 milioni di malati hanno dovuto esimersi da queste cure perché esose.
Gli episodi di corruttela o malasanità sono spesso evidenziati dai media con crescente insistenza. Anche perché verosimilmente il fenomeno assume la connotazione di iceberg con un sommerso affatto sconosciuto.
Quando emergono alcuni fatti eclatanti (arresti, incriminazioni etc.) la pubblica opinione ne viene fortemente condizionata, tanto da far legittimamente presupporre che per ogni episodio sommerso ve ne siano altri che restano nell’ombra della mancata conoscenza o sepolti sotto uno strato di involontaria omertà.
Il secondo assioma è che esiste una gamma di sfumature del crimine, che va dalla corruzione eclatante, che potremmo definire evasione dai limiti di legge, a fatti che sono in un crinale border line quasi da elusione della legge vigente. Ciò consentirebbe di assumere che i 6/7 mld sottratti ai giusti interessi del paziente possano anche raggiungere cifre ben superiori.
Il percepito o immaginario collettivo richiamerà alla mente appalti truccati, tangenti, e quanto possa configurare un reato, ma la gamma cromatica di sfumature del crimine va dal noir al grigio pallido. In appresso alcuni esempi di condizioni ad alto rischio di violazione della legge:
a) Le convenzioni con privati (ambulatori, laboratori), che dovrebbero essere l’esempio più evidente di necessaria sussidiarietà, si possono trasformare invece in uno scambio o mercimonio di favori quantizzati o meno;
b) I conflitti d’interesse tra pubblico e privato si possono materializzare in soggetti che dovrebbero istituzionalmente essere portatori di interessi pubblici ed invece si comportano in modo opposto. Un esempio è dato dal facile “spostamento” da una lunga lista d’attesa in struttura pubblica a una più rapida nel privato.
Per quanto attiene il comparto merceologico (derrate, forniture, attrezzature) un fattore correttivo e decisamente preventivo deriva dalla recente normativa che obbliga le Aziende sanitarie a rivolgersi a CONSIP (Società del Ministero Economia) per gli affidamenti di lavori, forniture e servizi. Tale obbligo deriva dall’applicazione dell’art. 15, comma 13, lett. d), decreto-legge n. 95/2012, convertito in legge n. 135/2012, il quale prevede che gli enti del SSN, le regioni e le province autonome utilizzino, per l’acquisto di beni e servizi, gli strumenti di acquisto e negoziazione telematici messi a disposizione dalla stessa piattaforma CONSIP, ovvero, se disponibili, dalle centrali di committenza regionali. La conferma è pervenuta anche dal Consiglio di Stato (Sez. III del 11.4.2014) che non ha condiviso le conclusione cui è pervenuto il giudice di prime cure che ha ritenuto fondata la censura relativa alla violazione della disposizione di cui all’articolo 1 comma 23 del citato d.l. n.95 del 2012, secondo cui “agli enti del servizio sanitario nazionale non si applicano le disposizioni di cui al presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 24”.
Altre misure di contrasto: dall’applicazione del Codice Etico (ottimo quello dell’AO di Lecco) alle leggi sulla spending review a partire dal DL 95/2012, “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini” c.d. “spendig review 2”, che contiene, tra l’altro, una lunga serie di dettami in tema di acquisti delle PP AA e specificamente di Sanità. Utile sempre la lettura dell’evergreen Documento Conflitti d’interessi nella Ricerca Biomedica e nella Pratica Clinica (8 Giugno 2006) Comitato Nazionale per la BioEtica.
Le fonti bibliografiche sono contenute nei volumi di riferimento
A.Ferrara- L. Rosafio, Rione Sanità, chi si ammala è perduto, Aracne Editrice, 2013
A.Ferrara Quinto Pilastro, il tramonto del SSN, Bonfirraro, 2016
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