Bioetica
L’utero di Bobbio
Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze
(Norberto Bobbio, Invito al colloquio, in Politica e cultura, Einaudi, Torino 1955, p. 15.)
Sono ragionevolmente sicuro del fatto che Bobbio non avrebbe mai aperto un profilo Facebook o Twitter. LinkedIn non ha posto per i filosofi, Pinterest men che meno; resta Medium, che però non è un social.
Preambolo per dire come in questi giorni la solita, odiosa, tediosissima polarizzazione che ormai sembra l’unico codice di regolamentazione dei social mi ha colpito nel personale, là dove per personale intendo il ragionamento.
Il tema generale è l’utero in affitto, quello particolare è il Dubbio.
Lavoro con i social e leggo due quotidiani al giorno, sono in rete il 95% del mio tempo di veglia e quindi posso dire di essere informato. Molto informato. Pure troppo informato, ma questo è un altro discorso.. Eppure in questi giorni Facebook e Twitter sono un vero tormento, per me; lo sono perché non riesco a farmi un’opinione definitiva, certa, schierata e quindi rassicurante sulla questione dell’utero in affitto.
E’ il termine di per sé stesso che in qualche modo non mi piace, ma già questo mi pone di fronte a un interrogativo serio: perché non mi piace? Voglio dire, l’utero è un organo del corpo umano e ‘affitto’ non è una parolaccia.
Ci sto riflettendo perché qualcosa nell’impianto del ragionamento che si sta facendo da una parte come dall’altra non mi convince. Non mi piace ad esempio che ci sia un ‘mercato’. Non mi piace che un bambino sia equiparato ad un organo, perché non è un organo. C’è qualcosa che non mi convince nel modo in cui tutto questo bailamme non tiene in minimo conto quei bambini che già esistono, respirano e vivono male in luoghi oscuri, dimenticati [è uno dei motivi per cui mi sono battuto insieme a tanti altri e purtroppo con esito infausto a favore della Stepchild adoption]
Insomma, ho dei gran dubbi e non ho una posizione netta, chiara, definita. E lo rivendico.
Ma pare non si possa. Non è consentito avere dubbi di sorta, non esiste zona grigia, luogo in cui dire dire ‘Ci sto riflettendo’ senza passare per cretini o smidollati.
Ancora una volta non c’è verso di dare spazio a chi [come me in questa specifica occasione] ha dei dubbi. Ci vorrebbe un social per dubbiosi: me lo immagino come un luogo temporaneo in cui ci si prende del tempo per farsi un’opinione leggendo, magari studiando, addirittura [utopia!] approfondendo.
Sto leggendo molto sull’argomento e ascolto tutti senza intervenire quasi mai se non per esternare, appunto, i miei dubbi che però allo stato attuale ci sono, sono grossi e lì restano, imperterriti.
Non so se riuscirò a rimpicciolirli o a dissiparli del tutto ma in questo momento, sentendo il ‘dibattito’ mediatico [social e no] mi viene da tenermeli da conto e quasi da coccolarli, perché tutte queste sicurezze in giro mi fanno un [bel] po’ paura.
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