Bioetica

Legale l’eutanasia in Canada con sentenza costituzionale

7 Febbraio 2015

La Corte Suprema del Canada ha dichiarato incostituzionale la legge che vieta la possibilità di ricorrere al suicidio medicalmente assistito, che pure nel 1993 era stata confermata da una sentenza della stessa Corte. La decisione è stata presa all’unanimità dai nove giudici del collegio. La Corte ha dato un anno di tempo al governo per modificare la legge, che per il momento resta valida. La Corte si è espressa su un ricorso presentato nel 2009 dalla British Columbia Civil Liberties Association – un’associazione per i diritti civili – per conto di due donne, Kay Carter e Gloria Taylor, che avevano contratto due diverse malattie neurodegenerative (e che nel frattempo sono morte).

Nella sentenza, i giudici hanno scritto di non essere d’accordo sul fatto che «la formulazione del “diritto alla vita” implichi che esista un divieto assoluto di ricevere assistenza durante la propria morte, o che un individuo non possa decidere di poter “dire addio” alla propria vita». La sentenza limita i suoi effetti agli adulti consenzienti che soffrono di un dolore «prolungato e intollerabile», non necessariamente di patologie terminali.

La settima sezione della Carta dei diritti e delle libertà – la parte della Costituzione canadese citata a proprio favore nella sentenza dai giudici della Corte – è però sottoposta a una clausola per la quale il governo canadese può decidere di non rispettare le decisioni della Corte che la riguardano. Il ministro della Giustizia Peter MacKay, che fa parte del Governo di centrodestra, ha affermato che il Governo avrà probabilmente bisogno dell’intero anno messo a disposizione dalla Corte per decidere cosa fare e come muoversi. Il suicidio medicalmente assistito è ad oggi legale in alcuni stati americani e paesi europei, fra cui Lussemburgo, Svizzera, Belgio e Paesi Bassi.

In Italia d’altro canto sul tema Eutanasia la situazione è complessa. Da una parte si torna ad avvertire un forte fermento civile in direzione della legalizzazione, dall’altro le nostre radici culturali di estrazione cattolica ci impediscono di affrontare la questione con equilibrato distacco dal sentimento religioso. Il problema della legalizzazione dell’Eutanasia, a personalissimo avviso di chi scrive, si pone più pressante in mancanza di soluzioni ad oggi alternative: l’uso delle cure palliative ad esempio andrebbe rafforzato, così come andrebbe approvata una legge ad hoc sul Testamento Biologico.

Come sempre su questi temi che riguardano la libertà di autodeterminazione, arrivare a una soluzione condivisa è un cammino delicato e difficile, in quanto proprio su questo piano vengono a scontrarsi le opposte visioni relative al valore del diritto alla vita: da una parte concepito come bene supremo indisponibile persino da parte dell’individuo poiché dono del Creatore, dall’altra invece considerato bene supremo che deve coniugarsi tuttavia con il diritto all’autodeterminazione dell’individuo. In realtà è da tempo che si discute nel merito dell’opportunità di approvare una legge sul tema dell’Eutanasia, soprattutto in corrispondenza di casi eclatanti che toccano le coscienze come il caso Welby o il caso Englaro, o più recentemente il caso Brittany, senza tuttavia giungere a conclusioni concrete e definitive in materia.

In merito alla decisione della Corte canadese si esprime in una nota il deputato Gian Luigi Gigli, capogruppo “Per l’Italia – Cd” in Commissione Affari Costituzionali: “La decisione della Corte suprema del Canada di autorizzare l’Eutanasia, perché il divieto previsto dal codice penale violerebbe la Carta dei diritti e delle libertà, costituisce un ulteriore scivolamento sul piano inclinato dei diritti individuali. Auspichiamo che l’Italia mantenga ben saldo il valore costituzionale della vita come bene sociale, che non appartiene solo all’individuo”.

“Proprio ora che le cure palliative sono in grado di accompagnare dignitosamente il morente, in nome della libertà – sottolinea Gigli – si autorizza il medico a dare la morte, recidendo la radice stessa di ogni esercizio di libertà: la vita. Dopo Olanda e Belgio, anche il Canada sceglie di infrangere il giuramento ippocratico del “non nocere”, che fonda l’alleanza tra medico e paziente.

Come in Olanda e Belgio, la Corte Canadese ci tiene ad assicurare che la fine anticipata sarà limitata agli adulti “affetti da malattie gravi e irrimediabili che causano loro sofferenze persistenti e intollerabili” e riservata a chi è in grado di “acconsentire chiaramente” a mettere fine alle propria vita. Come in Olanda e Belgio, tra qualche anno l’eutanasia sarà proposta anche per depressi, aspiranti suicidi, bambini e carcerati”.

A sommesso avviso di chi scrive, sarebbe fortemente auspicabile occuparsi al più presto del tema: non solo e non tanto dell’Eutanasia in quanto tale, ma primariamente riguardo ai temi connessi sopracitati: la tutela del diritto a una vita dignitosa non riguarda sic et simpliciter la legalizzazione del suicidio medicalmente assistito, ma anche altri temi confinanti in cui le divergenze ideologiche sono meno distanti (Cure palliative, testamento biologico e accanimento terapeutico).

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