«Quale dignità potrà mai trovare una persona che non ha il cibo o il minimo essenziale per vivere e, peggio ancora, il lavoro che lo unge di dignità?». Le parole di papa Francesco, rivolte pochi giorni fa al Parlamento europeo, hanno colpito nel segno. Eppure, non sembrano avere inciso molto sulla decisione della Santa Sede di interrompere i rapporti di lavoro con gli artigiani che finora hanno prodotto le pergamene con la Benedizione apostolica acquistate dai fedeli a prezzi che vanno da 10 a 50 euro l’una nei negozi intorno al Vaticano, oppure ordinate via web. Già dai primi secoli della Chiesa, quest’attività permette di raccogliere fondi per l’Elemosineria apostolica, la storica istituzione pontificia che aiuta i poveri a nome del Papa, e nello stesso tempo ha fin qui permesso di dare lavoro a centinaia di artigiani e artisti della pergamena.
Dopo quasi cinque mesi, infatti, è rimasta inascoltata la supplica diretta al Papa dai firmatari della “Convenzione per i diplomi di Benedizione Apostolica”. Sono circa 500 persone tra imprese artigiane, dipendenti, calligrafi, pittori e collaboratori esterni che dal primo gennaio 2015 rimarranno senza lavoro: è la conseguenza del mancato rinnovo della convenzione con calligrafi, istituti e negozi firmatari dei diplomi di Benedizione Apostolica. La decisione, oltre a lasciare in serie difficoltà finanziarie centinaia di famiglie, avrà conseguenze negative sull’indotto economico del settore, ben presente nelle adiacenze di Roma. Dati ufficiali non ve ne sono, ma a seconda delle varie fonti viene stimato un giro d’affari che va da un minimo di 2,5 a massimo di 10-12 milioni di euro l’anno. Tolto quanto di spettanza degli artigiani e ai negozi che le vendono, secondo il quotidiano la Repubblica, all’Elemosineria affluiscono fino a 60 mila euro al mese. Nel 2013 le pergamene vendute sono state 340mila.
«L’Elemosineria Apostolica ha deciso di avocare la convenzione, restando così l’unica fornitrice di Benedizioni Apostoliche, attraverso Internet, in una situazione di assoluto monopolio sia sui modelli da proporre sia sui prezzi da praticare in tutto il mondo, per avere, a suo dire, le risorse necessarie a praticare la carità», dichiarano i firmatari della supplica al Papa. «Si tace sul fatto che per interi lustri l’Elemosineria Apostolica ha fatto la sua carità silenziosa anche attraverso le risorse erogate alla stessa da noi firmatari della convenzione per timbri a secco e bolli, in quota fissa su ogni pergamena venduta». Tale quota fissa, a fronte della firma vaticana, ammonta a 3 euro a pergamena: l’importo effettivamente devoluto ai poveri. «Abbiamo posto la nostra perizia artistica e creatività a esclusivo servizio del Vaticano – continuano i firmatari – facendo della qualità e della tempestività delle consegne l’unico nostro mezzo di pubblicità, e sviluppando una richiesta diffusasi in tutto il mondo, anche da parte degli stessi collegi e istituti religiosi. Tutto ciò avveniva senza l’ausilio di Internet perché non esisteva e, in seguito, perché a noi era vietato dall’Elemosineria, per contratto».
Con amarezza viene ricordato quanto aveva dichiarato papa Francesco il 3 settembre 2014: «Col lavoro non si gioca! E chi, per motivi di denaro, di affari, di guadagnare di più, toglie il lavoro, sappia che toglie la dignità alle persone». A dispetto del silenzio ufficiale, e contando sulla sensibilità del Papa ai temi sociali, artigiani e artisti continuano a sperare in una risposta che riesca a mettere fine al disagio e alla paura del futuro per centinaia di famiglie, salvando l’arte della calligrafia, un altro pezzo di made in Italy a rischio di estinzione. Speranza che però deve fare i conti con la scelta di rigore nella gestione delle finanze vaticane voluta dal Pontefice. Oltretevere è in atto una rivoluzione burocratica nella Santa Sede per migliorare l’efficienza degli uffici. Si è cominciato con lo Ior, la banca vaticana, per proseguire con l’età pensionabile dei vescovi, senza tralasciare i lavori affidati all’esterno e la nuova procedura gratuita della Sacra Rota per lo scioglimento dei matrimoni religiosi.
«Sono costretto a chiudere il laboratorio», racconta con amarezza Paolo Pensa, calligrafo e artista, «perché perdo più del 90% del lavoro. La mia passione per l’arte inizia da piccolo, quando venivo da mio padre a vedere come lavorava per apprendere il mestiere. Dopo la scuola passavo sempre al laboratorio e, durante il periodo delle vacanze estive, avevo più tempo per capire il lavoro artistico e le tecniche usate da mio padre. Quando ho finito il militare ho iniziato subito a lavorare nel laboratorio, specializzandomi nella creazione artistica dei diplomi commissionati dalla Santa Sede o da altre istituzioni religiose. Ora sono costretto a cambiare lavoro predendo la mia occupazione primaria. Sono in grande difficoltà economica perché ho una moglie e un bambino piccolo da crescere. Penso spesso a crearmi un’altra alternativa lavorativa ma con l’attuale situazione economica non vedo molte possibilità all’orizzonte».
La sala stampa della Santa Sede non ha finora fornito spiegazioni, nonostante ripetute sollecitazioni. Si può solo immaginare che da un lato si sia voluto dare corso alle indicazioni del Papa di tagliare le gambe al business che gira intorno alla Chiesa, e dall’altro che si vogliano far affluire maggiori risorse alle Elemosineria. Ma il paradossale risultato è che centinaia di artigiani e di artisti, cresciuti nel profumo delle pergamene e dei colori usati per produrre i diplomi, perdono lavoro e dignità. E non vedono prospettive future. «Il lavoro di mio padre Rino è nel mondo delle pergamene», continua a raccontare Paolo con un pizzico di orgoglio. Tutto iniziò nel lontano 1949. «Su consiglio di monsignor Castaldo Chezzi, cappellano e parroco dell’Ospizio di Santa Balbina nel quartiere di San Saba a Roma, dove ancora oggi mio padre ha il suo ufficio, lontano da qualsiasi flusso turistico. La prima raccomandazione che fece monsignor Ghezzi a mio padre fu quella di lavorare soltanto per istituti religiosi, collegi, parrocchie, sacerdoti, senza dimenticare tutte le comunità cattoliche, come ha sempre fatto. La decisione di escluderci totalmente da questo incarico professionale andava presa 70 oppure 80 anni fa. Adottare un simile provvedimento oggi diventa una grande tragedia per tutti coloro che operano in questo settore».
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