Arte

“The Box Man”, le cavalcate visionarie di Imiri Sakabashira

8 Marzo 2020

La forza dell’arte di Imiri Sakabashira risiede senza ombra di dubbio nell’attenzione per i dettagli. O forse conviene essere più precisi: nella capacità di utilizzare i dettagli per ampliare i variegati universi che vanno a comporsi tavola dopo tavola in molti dei suoi lavori. Se nell’illustrazione è una sfida che il Nostro gioca sul piano di quella che potremmo definire interazione straniante, nel fumetto è evidente che creda profondamente nella quantità di elementi rappresentati e nelle loro possibilità di intersecarsi fittamente.

Un buonissimo esempio, per carpire la reale portata di questa sua impostazione, è questo straordinario The Box Man, uscito recentemente in Italia nella collana Umami di Star Comics. Un viaggio visionario, raccontato attraverso tre storie apparentemente indipendenti l’una dall’altra, ma in realtà legate dalle figure protagoniste che compaiono in più vicende e situazioni tra quelle rappresentate. Sono in sé personaggi allucinanti, che hanno come funzione principale quella di procedere nello spazio e nel tempo senza mai fermarsi.

Un flusso continuo che si sviluppa creando confusione e inganni perpetui: nel primo racconto L’uomo dalla calzamaglia rossa, dove uno strano individuo attraversa strade, negozi, laboratori fino a che due curiosi animaletti non iniziano – dopo averlo immobilizzato – a tirare la sua calzamaglia fino ad allungarla quasi all’infinito in una serie di ulteriori percorsi che si addentrano in luoghi sempre più assurdi e surreali; nel secondo The Box Man (che dà anche il titolo alla raccolta), viaggio lisergico in scooter per consegnare un pacco che contiene qualcosa di tanto pericoloso quanto intimo; nel terzo e conclusivo Emmanuelle, l’abitante del sottosuolo, in cui l’ennesima corsa sfrenata per poter vendere un daikon in salamoia si contrappone alla ricerca del piacere fisico da parte di una giovane donna chiaramente ispirata dalla Emmanuelle di Just Jaeckin.

 

 

Soffermandosi però sullo scorrere incessante della narrazione, ci accorgiamo che ciò che amplifica a dismisura l’intensità della lettura sono le continue digressioni presenti, il fatto insomma di saltare di palo in frasca, di spostare la focalizzazione su altri personaggi quando uno meno se lo aspetta. È un modo con il quale si tende a far smarrire il lettore, congelando la coerenza in alcuni momenti e riattivandola repentinamente in modo da intensificare lo stato confusionale percepito.

Altra grande qualità di Sakabashira è quella si saper sempre scegliere l’inquadratura adatta a ogni occasione: fenomenali in questo senso i passaggi dai piani lunghi e lunghissimi a quelli a figura intera del secondo racconto in cui ogni tavola contiene una sola vignetta per dare più forza agli scontri di wrestling perturbante messi astutamente in scena.

È indubbio che Sakabashira sia stato influenzato da autori importanti dell’heta-uma, la corrente del manga alternativo che fa dell’ironia e del disegno dalle forme imprecise e dal tratto infantile la sua cifra stilistica, ma lo spessore con il quale egli riesce a renderne attuale la proposta è una sua prerogativa ed è il motivo per il quale The Box Man entra di diritto tra le letture obbligatorie di questo 2020.

 

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