In Italia l’economia della bellezza genera 192 miliardi di fatturato
In Italia le imprese che investono in arte e cultura sono oltre 700, producono complessivamente 192 miliari di euro di ricavi annui e registrano una produttività superiore di 1,4 rispetto alla media, che sale a oltre 3 nel settore bancario, il comparto più vivace nello sviluppo di progettualità in questi ambiti. È quanto emerge dalla quinta edizione di Economia della Bellezza, la piattaforma di cultura d’impresa che ha l’obiettivo di valorizzare il patrimonio economico di Bellezza generato dalle PMI del nostro paese. Nell’edizione 2024, lo studio approfondisce la capacità delle imprese italiane di sviluppare progetti culturali e artistici oltre ai loro impatti sulla produttività.
«Economia della Bellezza dimostra con numeri e testimonianze concrete, di piccoli e grandi imprenditori del nostro paese, quanto sia vincente il binomio tra arte e cultura e attività d’impresa. Una unione che crea valore, economico e sociale, e che conferma il ruolo chiave della figura dell’imprenditore-mecenate per lo sviluppo virtuoso della collettività – spiega Ernesto Fürstenberg Fassio, presidente di Banca Ifis -. Per questo, ho voluto creare Ifis art, il brand che riunisce tutte le progettualità di Banca Ifis che hanno l’obiettivo di valorizzare il patrimonio culturale del nostro paese. Una piattaforma integrata e aperta sia alle nostre persone che al territorio e che, tra le altre cose, prevede una corporate collection di importanti opere esposta nelle sedi del gruppo, il Parco Internazionale di Scultura di Villa Fürstenberg, a Mestre, il sostegno alle più importanti manifestazioni artistiche nazionali — da Biennale di Venezia a Roma Arte in Nuvola —, oltre a operazioni di assoluto rilievo come l’acquisto e il restauro dell’opera di Banksy Migrant Child, a Venezia, e del Palazzo San Pantalon, sul quale è stata realizzata».
Secondo il report elaborato dall’ufficio studi di Banca Ifis e presentato presso Villa Fürstenberg, a Mestre, all’interno della giornata studio dal titolo “Economia della Bellezza, Arte e Cultura asset strategici di competitività”, le aziende che realizzano questo tipo di investimenti producono un forte cambiamento sia all’interno dell’azienda che sul posizionamento verso gli stakeholder esterni. Un cambiamento che si traduce in un aumento della produttività maggiore di 1,4 volte rispetto alle aziende di analoga dimensione che operano nel medesimo mercato, oltre a una crescita delle retribuzioni superiore di 2,2 volte, con un impatto indiretto, quindi, anche sulla valorizzazione delle competenze.
Dallo studio emerge come si tratti di realtà che hanno una lunga tradizione, seguendo la storia del nostro paese: il 6 per cento è sul mercato da più di 65 anni e la numerica aumenta durante gli anni ’60 (29 per cento la relativa incidenza), andando a stabilire tra gli anni ‘80 e ’90 quasi il 43 per cento delle imprese con, infine, un altro 22 per cento di tali realtà che ha iniziato a operare nel XXI secolo.
Guardando poi alla distribuzione geografica di tali realtà, 18 regioni su 20 hanno all’attivo imprese che evidenziano progettualità su arte e cultura. Di queste, il 79 per cento si concentra nelle regioni del Centro-Nord, sul podio Lombardia (227), Veneto (123) ed Emilia-Romagna (112). Caso a parte l’Umbria che emerge con una penetrazione del 18% sul tessuto imprenditoriale.
Per quanto riguarda la dimensione di queste imprese, 8 su 10 registrano un fatturato inferiore ai 250 milioni di euro. Le oltre 700 aziende riscontrate sono distribuite su diversi settori produttivi: moda, meccanica, agroalimentare, solo per citare i primi tre settori composti da imprese che investono in progetti di stampo artistico-culturale. Gli obiettivi che le imprese si sono poste con queste progettualità sono stati approfonditi attraverso un’indagine sul campo che ha coinvolto i decision maker (da imprenditori a Istituzioni come la Camera di Commercio) da cui sono emersi quattro tipologie di aree di intervento: il 52 per cento costruisce relazioni solide con territori e comunità; il 23 per cento comunica con i propri stakeholder esterni; il 12 per cento usa arte e cultura come strumenti di innovazione e di stimolo creativo; il 12 per cento si è concentrato sull’engagement dei dipendenti.
L’analisi condotta dall’edizione 2024 di Economia della Bellezza ha permesso di individuare 16 gruppi bancari che hanno adottato, in modo strutturato e continuativo, progettualità e iniziative su arte e cultura da cui è emerso che: il 68 per cento delle banche adotta approcci di costruzione di relazioni solide con il territorio e le comunità; il 20 per cento utilizza l’arte e la cultura per comunicare e coinvolgere i propri stakeholder esterni; il 12 per cento considera tali progetti come strumenti di innovazione e stimolo creativo. Forte, e presente trasversalmente a tutte e tre le aree definite, il coinvolgimento dei propri dipendenti.
Inoltre, secondo i dati di Economia della Bellezza, l’incremento della produttività dei gruppi bancari con progetti su arte e cultura è pari al 27 per cento nel periodo 2018-2022, superiore al +8 per cento del totale sistema bancario, con una performance pari a oltre tre volte il ritmo medio annuo di crescita del settore e a circa due volte il ritmo annuo di crescita della retribuzione.
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Nella foto di copertina il Parco Internazionale di Scultura di Villa Fürstenberg
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