Arte

Found in translation

6 Novembre 2014

Cosa si trova traducendo?

Nuovi paesi, nuovi libri, nuove parole, nuovi scrittori, nuovi amici. Tanta roba.
Per esempio, capita ai traduttori di mandare un’application a qualche writers’ residency o colony (purtroppo qui non ci sono tanti sinonimi italiani). Non lo faccio spesso perché fatico a pensare a un futuro remoto. Voglio essere nel tal posto tra uno o due anni, in primavera o autunno? Chissà. Ogni tanto mi sforzo e funziona. Così sono stata accettata, per la seconda volta a distanza di undici anni, nel programma di ArtOmi, upstate NY, otto scrittori e una traduttrice.
Tutto bello, il verde, i cervi, le casette, il parco con le sculture, le stanze semplici, la cena preparata alle 7.30, il frigo mastodontico sempre pieno. Si lavora il doppio del normale, non devi fare altro. Ma il regalo sono i “fellow residents”. Tra gli otto personaggi molto speciali con cui ceno e chiacchiero per tre settimane, c’è una giovane donna di Città del Messico, Verónica.
È silenziosa, quasi guardinga, all’inizio. Poi fumiamo insieme un paio sigarette. Poi parliamo, facciamo lunghe passeggiate. Ci perdiamo nel verde, tra mucche e maiali giganteschi. Oltre che scrittrice, Verónica è artista e quando vedo il suo lavoro capisco che diventeremo grandi amiche.
Lavora con gli spazi e i silenzi. In breve, trasforma letteratura – le parole, i segni e i vuoti – in immagini, o in scritte ricamate, o in fotografie.
La mia opera preferita Diagrammi del silenzio, è una serie di disegni che traducono la punteggiatura di varie poesie – di Cortázar, Pavese, Li Bo e molti altri – in forme e in colore. E le altre opere – Storia del tempo, Biblioteca cieca, Prosa dall’osservatorio – sono tutte da esplorare.
Magari le riflessioni che ci siamo scambiate per settimane, e che continuano via mail, un giorno entreranno in qualche mia traduzione, in un suo disegno, o nel romanzo che sta scrivendo, probabilmente senza che ce ne accorgiamo.
E poi è simpatico potersi dire basta, non fidiamoci delle parole, non servono a niente, sono infide, meglio i fatti o le immagini! E dopo cinque minuti, lì di nuovo a scrivere e tradurre e parlare; e anche bere e fumare e camminare. E adesso grazie a lei forse capisco meglio cosa sta succedendo in Messico.

http://www.veronicagerberbicecci.net/index.php/es/inicio

Words are caves. Difficult to use without causing misunderstandings. Words are kilometric cables, the satellite signals that separate two people, each with his own receiver. To write or to speak, coins flung into the air: the latent danger that the meanings will settle into peculiar shapes.
Verónica Gerber Bicecci

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