Mediterraneo

Neanche i morti sfuggono alla brutalità del regime egiziano

1 Agosto 2020

Un paio di settimane fa decine di tombe del cimitero monumentale del Cairo sono state rase al suolo. Ignorando il parere di archeologi, architetti e storici, il governo egiziano ha deciso di far passare una nuova superstrada attraverso uno dei cimiteri più importanti del Nord Africa. Un luogo molto amato dagli egiziani, e di grande rilevanza culturale e storica, dato che qui sono seppelliti anche principi, sultani, illustri studiosi, esponenti politici, intellettuali che hanno fatto la storia dell’Egitto, dalla conquista musulmana sino agli inizi del XX secolo.

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«Quello che sta facendo il governo egiziano è un insulto alla storia e persino all’identità del popolo egiziano» ci spiega un archeologo europeo che preferisce non rivelare la sua identità dato che le autorità egiziane sono sempre più vendicative, e potrebbero creare problemi ai suoi collaboratori in Egitto.

Entrato a far parte della Lista Unesco dei siti Patrimonio dell’Umanità nel 1979, il cimitero monumentale del Cairo è un landmark della metropoli nordafricana. Se lo si guarda dalla Cittadella (la collina fortificata da Saladino all’inizio del XII secolo, appena fuori dal Cairo storico) appare come una città nella città: una necropoli che si estende a nord e a sud della Cittadella, e che custodisce parte della storia della città e del paese dall’ottavo secolo a oggi.

Per esempio nel cosiddetto Deserto dei Mamelucchi, complesso di mausolei e monumenti islamici costruiti fra il tredicesimo e il quindicesimo secolo, riposano i sultani e i membri delle dinastie mamelucche susseguitesi in Egitto. Ma oltre a sultani, reali, nobili e aristocratici, nel grande cimitero monumentale del Cairo sono sepolti anche cantanti (tra cui la celebre Umm Kulthum), intellettuali, scrittori, attivisti per l’indipendenza, politici, imprenditori, spesso protagonisti della storia moderna egiziana (e anche mediterranea). Ogni tomba è unica e diversa dalle altre. Alcune somigliano a vere e proprie ville, con un edificio principale affacciato su un cortile interno circondato da mura.

L’antico acquedotto del Cairo e vari mausolei di epoca mamelucca. Fotografia del 1890, pubblico dominio

Vari storici e architetti ne hanno sottolineato il grande valore, lanciando una petizione online contro le demolizioni. Due settimane fa, infatti, i bulldozer hanno raso al suolo le mura di decine di tombe nell’area del Deserto dei Mamelucchi. Le tombe distrutte per fare spazio alla strada risalgono al ventesimo secolo, mentre i mausolei mamelucchi non sono stati toccati. Il loro destino però è cristallizzato in una foto diventata virale sui social media, che ritrae il grandioso mausoleo di un sultano mamelucco rimasto isolato nella sabbiosa distesa vuota lasciata dai bulldozer dove fino a poche ore prima sorgevano decine e decine di tombe. Con tutta probabilità il mausoleo si ritroverà pericolosamente schiacciato tra le due carreggiate della futura superstrada.

A causa del clima di terrore imposto sui cittadini e sui media dal regime di Al Sisi, non sono molte le informazioni riguardo ciò che sta succedendo nel cimitero monumentale. Sono però circolate notizie di decine di famiglie avvisate con appena un giorno di preavviso che la loro tomba di famiglia rientrava nell’area dei lavori, e che sarebbe stata rasa al suolo, o almeno “ridimensionata”. Il risultato è che molti cairoti si sono ritrovati a dover correre al cimitero per mettere in salvo come potevano, senza alcun aiuto ufficiale naturalmente, i resti dei loro familiari.

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Non solo. Nel corso degli anni il grande cimitero del Cairo è diventato una casa, oltre che per i morti, anche per tantissimi vivi. Non esiste un censimento ufficiale, ma si parla di centinaia di migliaia di persone come minimo. I custodi delle tombe e i becchini vi abitano insieme alle loro famiglie, e costituiscono una sorta di “aristocrazia cimiteriale”.

Veduta di una parte del cimitero monumentale del Cairo. Foto di V.Saini

Innumerevoli famiglie povere, inoltre, vivono fra le tombe da generazioni. Migliaia e migliaia di persone nascono, si sposano, hanno figli e muoiono nella Città dei Morti. E, pur non essendoci al momento notizie ufficiali né informazioni verificate, è più che probabile che molte di queste abbiano perduto la loro casa a causa delle demolizioni. Uno scempio urbanistico, storico e sociale che non è il primo (e molto probabilmente non sarà neanche l’ultimo) a causa di una serie di progetti edilizi faraonici varati dal governo egiziano, ufficialmente per modernizzare la capitale e alleggerire il traffico.

Risale a qualche settimana fa la notizia di un nuovo viadotto in costruzione che sfiora, letteralmente, i condomini del governatorato di Giza. Il risultato è così assurdo che l’incredulità prevale, almeno sinché non si vedono le foto, che ritraggono un viadotto al quale centinaia di residenti potrebbero tranquillamente accedere dalla finestra di casa. Ci sono state timide proteste, qualche mugugno, ma nulla di più: perché ormai sono davvero pochi quelli che si azzardano a esprimere dissenso nel brutale Egitto di Al Sisi. E non si può certo biasimarli.

Da ieri la notizia delle demolizioni nel cimitero monumentale del Cairo hanno cominciato a fare il giro del mondo. Probabilmente ci saranno reazioni e critiche da parte di osservatori internazionali, esperti di architettura e storia medievale islamica, forse anche l’Unesco protesterà con il governo egiziano. Fatto sta che le demolizioni ci sono già state. E come spesso accade nell’Egitto di Al Sisi, che si tratti di attivisti buttati in galera senza speranza di un (giusto) processo, di omicidi come quello di Giulio Regeni, o di distruzione di luoghi patrimonio dell’umanità, ormai è tardi per rimediare.

 

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Immagine in copertina: V.Saini

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