Musei

Blanche (G.O.O. #4)

17 Giugno 2015

Cari SG,

da molto tempo non ci sentiamo; da così tanto tempo che qui a Milano è stato inaugurato l’Expo, ma anche la Fondazione Prada, la mostra Arts & Food alla Triennale e la nuova versione del Design Museum, il MUDEC, i Silos di Armani, il nuovo museo che ospita la Pietà Rondanini e, infine, il Teatro Continuo di Burri, parlando del quale ci eravamo lasciati un po’ di settimane fa.
Forse è solo una grande sbornia da Expo, ma pare che Milano stia capendo che, per incamminarsi con determinazione verso il futuro, sia assolutamente necessario attrezzarsi con strumenti culturali importanti.
Vedremo, a conclusione dell’Esposizione, se si è trattato di un temporaneo risveglio o se qualcosa è realmente cambiato all’interno della città.

Nel frattempo qualcosa è successo anche fuori da Milano: il 29 Aprile, in occasione del cinquantenario della morte, si è inaugurata al Centre Pompidou una retrospettiva sul lavoro di Le Corbusier, uno dei più importanti Antichi moderni, del quale è impossibile prescindere.

Vorrei ricordare, allora, una piccola opera giovanile, che ci fa capire come, molto spesso, i primi progetti di un architetto comprimano al loro interno suggestioni che esploderanno poi nelle opere mature, come un filo ininterrotto di pensieri che si svolge durante tutta la carriera.

Nel 1911, a 25 anni, Le Corbusier progetta una casa per la propria famiglia, la Villa Jeanneret-Perret, a La-Chaux-de-Fonds, in Svizzera, cinque anni prima della più famosa Villa Shwob, che diverrà tassello fondamentale nel passaggio fra le prime case svizzere, che risentono di una sorta di vernacolarismo, e le prime opere parigine, già maturate in un linguaggio razionalista.

La villa del 1911 presenta degli aspetti di modernità marcati, che si ritroveranno come stilemi nel futuro e che diventeranno dei feticci imprescindibili per molti architetti: l’esasperata ricerca della luce, con una moltitudine di finestre di forme e dimensioni differenti, preludio alla facciata libera; lo stacco tra muro e tetto, sempre ad opera di una lunga serie di finestre a nastro; lo sbilanciamento asimmetrico tra il volume verticale e massivo della casa e l’orizzontalità del lungo terrazzo-giardino, che pare ricordare delle forme marinare, quelle che poi diverranno le architetture- piroscafo della maturità dell’architetto.

Tutte queste caratteristiche, però, paiono passare in secondo piano rispetto a quello che diventerà un elemento chiave dell’architettura contemporanea: il colore bianco, che dà anche il nome alla casa, la Maison Blanche.
Attorno al bianco si svilupperà buona parte dell’architettura degli anni successivi (non solo quella di Le Corbusier), arrivando fino ad oggi come un lascito imprescindibile; volumi di assoluta chiarezza, che ricordano le parole di Gio Ponti, in Amate l’architettura, del 1957:

pensai:
L’architettura, fatto plastico ed astratto, è incolore o, se si vuole, acolore. La possiamo «ideare» secondo colore (o colori) e materia (o materie), ma se la dobbiamo considerare o giudicare puramente come architettura: nella essenza architettonica, nella validità architettonica, la consideriamo acolore. Come la scultura. Come il fenomeno, volumetrico, del cristallo. Quindi è naturalmente bianca. Il colore delle architetture greche era una strana superstite barbarie, un tatuaggio di quella sublime architettura: ed è per noi fenomeno che ci affatica di accettare: per fortuna il tempo ha rimediato. Certo Le Corbusier non avrebbe mai scritto: quand le Parthénon était coloré.

Il colore bianco, da Meier a Sejima, passando per Niemeyer e Superstudio, è diventato materiale indispensabile nel transito dal disegno alla costruzione, per non perdere la purezza delle geometria, cercando uno stacco deciso con l’intorno per rendere chiare, quasi diagrammatiche (seppur sinuose) le forme architettoniche, ritornando alla prima caratteristica dei Grandi Antichi, la loro assoluta distanza con gli attributi peculiari dell’umanità; uno stacco che le rende sorprendenti e affascinanti e che costruisce, attorno ad esse, una atmosfera di assoluta attrazione.

Con affetto
Diego Terna

G.O.O. #1

G.O.O. #2

G.O.O. #3

 

Foto di Chiara Quinzii e Diego Terna

 

cq_villa_jeanneret__chiara_quinzii_small

 

dt_villa_jeanneret__diego_terna_small

 

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.