Milano Resiliente, Condivisa ed Inclusiva: il connubio possibile
:La resilienza insieme a sostenibilità e vivibilità è uno dei tre principali valori per la rigenerazione urbana. Eppure, dei tre, la resilienza sembra essere più una metafora. In tutto il mondo una molteplicità di soggetti stanno cercando di costruire città e comunità resilienti e “resilienza”. Come concetto pratico, ha il potenziale per affrontare gravi problemi ecologici e umani. Una sfida rapida, comunità per comunità.
Ci sono molte definizioni, indirizzate a diversi settori di pensiero o di azione: resilienza ecologica, economica, di comunità, ingegneristica, psicologica, e così via. Ma cos’è la resilienza? Per molti tecnici la resilienza si associa al Pendolo di Charpy. Nel mondo della scienza dei materiali e nell’ingegneria meccanica è infatti lo strumento usato per misurare la capacità di un materiale di resistere alla rottura a flessione per urto o, spiegato in altre parole, la capacità di assorbire energia mentre viene deformato elasticamente. A questo concetto prettamente ingegneristico sono stati associati nel tempo significati più trasversali e generali; di resilienza in chiave sociale ed economica abbiamo sentito parlare anche Obama nel suo primo discorso di insediamento alla Casa Bianca nel 2009.
Di resilienza parlano gli psicologi, che hanno identificato nell’introspezione, nell’indipendenza, nella capacità di relazionarsi con gli altri, nell’iniziativa, nella creatività, nell’altruismo, nell’autostima i pilastri della resilienza personale. In un sistema sociale può essere intesa come la capacità di affrontare il cambiamento senza perdere la propria identità; è il segno dell’intelligenza con cui una comunità affronta le proprie difficoltà, senza precludersi alle trasformazioni ma anche mantenendo salde le proprie radici, la propria storia, il tessuto connettivo che sostiene la vita quotidiana, gli scambi sociali, il sistema simbolico che sostiene l’intera collettività.
Ma quando scendiamo dalle alture della teoria siamo rapidamente di fronte a delle questioni pratiche, che si possono riassumere in quattro domande fondamentali: la resilienza a cosa? la resilienza per cosa? resilienza per chi? e decisa da chi? Generalmente si richiede che le risposte siano identificate localmente.
Avere una “città resiliente” suona come una grande idea che chiunque potrebbe sostenere. Ma per progettare la resilienza abbiamo bisogno che sia identificabile, misurabile e attendibile. A queste domande stanno provando a dare risposta 67 città sparse nel mondo che sono entrate a far parte del network, promosso e finanziato dalla Rockefeller Foundation, 100 Resilient Cities.
Tra queste c’è anche la nostra città, Milano, sembra più protagonista della scena internazionale per l’innovazione sociale e la lotta ai cambiamenti climatici. Insieme ai partner AMAT, Politecnico di Milano e Kyoto Club ha accettato questa nuova sfida, consapevole della presenza di un elevato capitale sociale cittadino e della necessità di rispondere a due sfide prioritarie: a) la domanda di qualità urbana nelle periferie con particolare riferimento ai quartieri di residenza sociale e b) la necessità di gestire le emergenze derivanti dal dissesto idrogeologico e dal cambiamento climatico: esondazioni, allagamenti e picchi di calore o di freddo.
Due sfide fortemente intrecciate tra loro, proprio perché la domanda di qualità urbana nelle periferie può trovare risposta in quegli interventi che sono anche utili a ridurre i rischi e gli effetti del dissesto idrogeologico e dal cambiamento climatico a cui è esposta la popolazione anziana e infantile che vive nelle periferie. In questi primi mesi con il gruppo di lavoro abbiamo provato a dare un primo quadro di riferimento per Milano Città Resiliente.
Sono molte le tematiche e le strategie rispetto alle quali rafforzare la capacità di resilienza di Milano. Milano resiliente è sicuramente una Smart city capace di affrontare le sfide della crisi economica mobilitando le proprie risorse creative e imprenditoriali. Così come è resiliente Milano quando affronta l’emarginazione sociale e le nuove povertà moltiplicando la solidarietà grazie ad un rapporto virtuoso tra politiche pubbliche e le risorse del volontariato sociale.
Nel recente dibattito, sviluppato nel quadro di EXPO 2015, che porterà alla adozione della Carta di Milano, il concetto di resilienza si declina chiaramente con gli obiettivi di una città che si impegna a ridurre le ineguaglianze nell’accesso al cibo e gli sprechi (di cibo, e di risorse in genere).
Milano Sharing City è un’altra grande capacità resiliente che la città porta in dote, essendo la prima città italiana ad aver intrapreso un percorso strutturato di promozione e valorizzazione della Sharing Economy e, più in generale, di tutte le pratiche collaborative con l’obiettivo di costruire nuove forme di comunità e nuovi processi economici.
Ma come si collega la Sharing Economy con i rischi climatici? In un recente studio della Fondazione Rockefeller è emerso in modo chiaro ed univoco il ruolo fondamentale che svolgono i legami sociali e comunitari per la resilienza a fronte di catastrofi naturali. Lo studio, realizzato in seguito all’uragano Sandy, si concentra sulla capacità di recupero e il capitale sociale. Dai risultati emerge come le comunità di NY colpite dal disastro si siano auto-organizzate, condividendo l’accesso all’elettricità, al cibo, all’acqua e alle abitazioni. Il mutualismo creatosi dopo Sandy si è sviluppato in quel momento in modo spontaneo, senza un coordinamento amministrativo. Dobbiamo però tenere in considerazione che questo potrebbe non essere sempre possibile a causa dell’emotività del momento o dalle difficoltà strutturali.
Ed è in questo quadro che la “Sharing Economy” può andare a svolgere un ruolo importante nel auto-coordinamento in caso di calamità naturali e migliorare la Resilienza delle nostra città. In un’economia condivisa, “I proprietari di asset utilizzano piattaforme digitali per sfruttare la capacità inutilizzata di cose che già possiedono, ed i potenziali clienti affittano dai loro pari, piuttosto che affittare o acquistare da una società”. Durante i disastri, questi proprietari di attività possono utilizzare le stesse piattaforme digitali per offrire ciò che hanno a costo zero. Ad esempio, oltre 1.400 newyorkesi hanno offerto alloggio gratuito per le persone pesantemente colpite dall’uragano. Lo hanno fatto utilizzando AirBnB. Dopo questa esperienza, sulla West Coast americana, la città di San Francisco ha siglato una partnership con BayShare, una società di advocacy per la Sharing Economy nella Bay Area. Le aziende del crowdsourcing hanno costituito il BayShare Council (Lyft, AirBnb e TaskRabbit) e creato la piattaforma SF72.org che aiuta la popolazione a prepararsi in caso di disastro facilitando l’incontro di chi ripara cose e case a coloro che ne potrebbero aver bisogno. L’obiettivo della partnership è quello di sfruttare il potere della condivisione per garantire la migliore risposta ai disastri futuri a San Francisco.
Ora anche Milano dovrà trovare percorsi e policy adeguate di resilienza urbana che sappiano valorizzare le risorse esistenti. Nei prossimi mesi con il Direttore della Resilienza (CRO – Chief Resilience Officer) ed il gruppo di lavoro saremo impegnati a mettere a sistema tutte quelle capacità resilienti già presenti in città. Sarà fondamentale facilitare il più possibile le necessarie sinergie tra i diversi assessorati, perché solo così si assicurerà l’inclusività, l’innovazione e la prontezza della capacità d’intervento a fronte dei rischi sistemici.
Le opportunità per rendere tutto ciò realtà sono molte, dagli interventi di riqualificazione urbanistica e protezione idraulica di edifici e spazi pubblici, aumentando le aree a verde e la permeabilità del suolo, moltiplicano la capacità locale di ritenuta idrica e di drenaggio delle acque, in occasione di eventi meteo estremi o di allagamenti dovuti ad esondazioni e innalzamento della falda, come si verificano in alcune periferie della città. Favorire gli interventi di rafforzamento della coesione sociale, che si alimentano anche delle azioni di riqualificazione urbana (spazi pubblici dedicati alla costruzione delle comunità locali), un formidabile strumento di resilienza urbana in questi contesti, in quanto moltiplicano le reti di sorveglianza, collaborazione e solidarietà sociale.
Aumentare la diffusione di superfici verdi (aree, tetti, pareti) o di micro riqualificazioni degli spazi pubblici attente alla presenza del verde i quali migliorano, oltre che la qualità urbana, anche il microclima locale, mitigando così gli effetti negativi dei picchi di calore estivi – basti pensare alla canicola delle ultime settimane – a cui sono particolarmente vulnerabili anziani e bambini dei quartieri meno dotati di verde.
Sarà un percorso lungo ed impegnativo ma possibile, perché come dimostrato negli ultimi anni questa giunta non teme ma favorisce il cambiamento, ed in ogni rischio vede un’opportunità.
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