America
In Pennsylvania Joe Biden si gioca la Presidenza
Gli avversari di Donald Trump dovrebbero dormire sonni tranquilli, perché il vantaggio dello sfidante Joe Biden nelle elezioni presidenziali del 3 novembre sembra essere netto, circa l’8 per cento del voto popolare. La terribile gestione della pandemia potrebbe aver messo in crisi il Presidente, certo della riconferma fino a febbraio scorso. In verità, il sistema elettorale statunitense e la volatilità dell’elettorato offrono un cospicuo margine di incertezza a tutte le elezioni presidenziali.
Inoltre, un’eventuale vittoria al fotofinish potrebbe spianare la strada a una campagna elettorale permanente. Difatti, Donald Trump si è rifiutato di assicurare che riconoscerà la vittoria dell’avversario, oltre ad aver plasmato una corte suprema a sua immagine e somiglianza. Si potrebbe creare la paradossale situazione in cui il candidato sconfitto di misura potrebbe rimanere in carica o chiedere nuove elezioni grazie a qualche cavillo giuridico.
Joe Biden deve quindi vincere con un buon margine se vuole ottenere la Casa Bianca ed evitare la farsa di un Presidente uscente che deve essere allontanato con la forza. Come può maturare questa vittoria? Il sito di previsioni fivethirtyeight.com assegna a Biden 163 grandi elettori certi (stati dove ha un vantaggio di +15%), 53 molto probabili (vantaggio 10-15%) e 63 probabili (vantaggio 4-10%), per un totale di 279 grandi elettori sui 270 sufficienti per accedere alla Casa Bianca. Altri 78 grandi elettori sono considerati in bilico.
In questa situazione, la partita si gioca tra i 63 grandi elettori probabili. Se Biden li vince tutti, sarà Presidente, altrimenti potrebbe cacciarsi nei guai. La somma è data dagli stati del Nevada, della Pennsylvania e dalla regione dei grandi laghi: Minnesota, Wisconsin e Michigan. In Nevada il margine di Biden è risibile, ma si tratta dello stato più piccolo, dove gran parte della popolazione si concentra nella democratica Las Vegas. Quattro anni fa, Hillary Clinton conquistò i suoi 6 grandi elettori. Potrebbe non riservare sorprese.
Anche la storia del Minnesota potrebbe essere già scritta, perché stato di solide tradizioni democratiche in cui Trump rimontò Clinton senza superarla. Il Michigan è uno stato grande e complesso, vecchio cuore industriale e simbolo della ribellione della classe operaia americana che quattro anni fa portò Trump alla Casa Bianca. L’influente comunità afroamericana stressata dalle politiche e dalle dichiarazioni del magnate newyorchese dovrebbe ricondurre il Michigan all’ovile democratico.
Trump strappò il Wisconsin nel 2016, impresa che non riusciva dai tempi di Ronald Reagan. Terra di cerniera tanto cruciale che a Milwaukee si è tenuta la convention democratica che ha ufficialmente candidato Joe Biden. Qui è ambientato il recente Irresistible, film commedia in cui Steve Carell impersona un importante spin-doctor democratico, spedito nelle campagne del Wisconsin proprio per riallacciare il rapporto con l’America rurale. I sondaggi sono favorevoli a Biden, ma le campagne potrebbero ribaltare i risultati della città di Happy Days.
Il vero incubo democratico è la Pennsylvania, stato cruciale con i suoi 20 grandi elettori. Politico.com lo definisce come il mattone più grande del “muro blu” tirato giù da Trump nel 2016. Il Keystone State è uno stato operaio dominato dal centro internazionale di Philadelphia. Nel 2016, le contee dove si concentrano o concentravano le fabbriche e le miniere si sono ribellate alla città, tanto che Hillary Clinton ha perso pur ottenendo l’82% dei voti a Philadelphia.
Mentre a Philadelphia monta la protesta per l’ennesimo afroamericano ucciso dalla polizia, sabato Trump ha svolto 4 comizi nelle contee. Il suo è stato il solito show in cui ha ribadito come la scelta non sia solo tra democratici e repubblicani, ma tra lockdown e comunità aperte, tra socialismo e libero mercato, tra tagli alle tasse e programmi di spesa pubblica come il “green new deal”. Il magnate newyorchese tornerà qui lunedì, utilizzando la solita narrazione apocalittica.
Ovviamente la partita è aperta anche negli stati in bilico. Florida, Georgia, North Carolina e Iowa probabilmente continueranno a consegnare grandi elettori a Trump, anche se i risultati potrebbero essere meno rosei di quattro anni fa, creando un importante effetto simbolico per i democratici. Tra questi, la torta più importante è quella texana. La stella solitaria è il secondo stato più grande, repubblicano dal 1980. Fattori come una demografia che favorisce i latinos e la sensibilità dimostrata dai democratici verso questa comunità, in genere poco incline alla partecipazione elettorale, potrebbero favorire una rimonta.
Kamala Harris si presenterà a El Paso, lungo la frontiera narrata da Cormac McCarthy. L’obiettivo è quello di motivare quegli ispanici che contribuirono alla buona performance di Bernie Sanders, ma che oggi faticano a recarsi alle urne. Viceversa, grazie al voto anticipato, il Texas ha già superato l’affluenza del 2016. L’alta affluenza potrebbe essere segno di una stella solitaria aggrappata ai valori tradizionali, che non demorde nel suo sostegno a Trump. A maggior ragione, la Pennsylvania appare come il vero ago della bilancia.
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