America
La sfida di Biden: unificare il Paese e il suo partito. Sagge parole da AOC
“Io sono quello che ha corso contro i socialisti. Io sono il moderato”. Così Joe Biden un mese prima dell’elezione in un’intervista in cui cercava di mettere da parte le accuse che lui sarebbe dominato dall’ala sinistra del suo partito in caso di vittoria. Adesso da presidente eletto Biden avrà il duro compito di unificare il Paese dalle divisioni create da Donald Trump. Dovrà inoltre mantenere unito il suo partito che aveva fatto quadrato sotto la sua guida per l’elezione ma adesso alcune fratture hanno cominciato ad emergere.
L’elezione del 3 novembre ha consegnato la Casa Bianca e ha riconfermato la maggioranza della Camera al Partito Democratico anche se diminuita di una manciata di seggi. La vittoria della maggioranza al Senato rimane improbabile anche se non impossibile. Ci vorrebbero le due vittorie di seggi nella Georgia che sono andati a finire al ballottaggio. Questa elezione preoccupa anche Mitch McConnell, repubblicano del Kentucky e presidente del Senato, il quale fino ad oggi non ha riconosciuto la vittoria di Biden. Il presidente uscente rimane popolare in Georgia e l’attuale presidente del Senato vuole assolutamente evitare una sconfitta repubblicana che gli farebbe perdere la leadership nella Camera Alta.
Nonostante il fatto che tutte le contese elettorali non siano completamente finite, però, i dissensi dei democratici hanno iniziato a fare capolino. In una conferenza nazionale telefonica molto accesa durata tre ore, le due ali del Partito Democratico hanno espresso le loro differenze in toni abbastanza duri. L’ala moderata ha sostenuto che la vittoria di Biden, un moderato, è stata resa possibile dal centrismo del candidato che ha beneficiato di questa sua qualità negli Stati del Midwest. Rahm Emanuel, capo di gabinetto durante l’amministrazione di Barack Obama ed ex sindaco di Chicago, è stato uno dei più accesi sostenitori di questa tesi. Secondo Emanuel, ci voleva un moderato per conquistare il voto degli elettori indipendenti che sarebbero stati spaventati dalla retorica di sinistra e avrebbero scelto Trump. La sminuita maggioranza alla Camera in comparazione dall’elezione di midterm di due anni fa è stata spiegata anche con i cosiddetti eccessi di retorica “socialista” che avrebbe fatto perdere la rielezione ad alcuni parlamentari in zone in bilico. Conor Lamb, moderato della Pennsylvania, che è riuscito con difficoltà a conquistarsi un altro mandato, si è unito a Emanuel sostenendo che il risultato dell’elezione dovrebbe suonare un campanello d’allarme alle tendenze troppo liberal del suo partito.
L’ala sinistra si è difesa facendo notare che tutti i candidati democratici progressisti, specialmente la nota “squad”, ossia Ilham Omar (Minnesota) Alexandria Ocasio-Cortez (New York), Rashida Tlaib (Michigan) e Aryanna Pressley (Massachusetts) sono stati rieletti nonostante i feroci attacchi della destra. La moderazione di Biden non è stata però sufficiente per avere la meglio negli Stati critici di Ohio e Florida. Nel Sunshine State, infatti, nonostante la vittoria di Trump, gli elettori hanno approvato l’aumento del salario minino a 15 dollari l’ora, uno dei cavalli di battaglia dei “socialisti” del Partito Democratico.
Durante le prime contese delle primarie democratiche Biden sembrava essere stato rifiutato dal Partito Democratico ma poi in South Carolina è rinato con un vittoria schiacciante. Poco tempo dopo con vittorie in altri Stati i suoi avversari hanno gettato la spugna e si sono schierati tutti nel suo campo, essendosi resi conto che ci voleva qualcuno che sconfiggesse Trump. Il 45esimo presidente è riuscito, senza volere, a unificare i democratici. Bernie Sanders, uno dei candidati che aveva dato filo da torcere a Biden per la nomination, senza provare rancore, ha lavorato duro per farlo eleggere. Inoltre, Sanders aveva avvertito la “squad” che il primo ordine del giorno dei progressisti era lavorare sodo per sconfiggere l’attuale inquilino della Casa Bianca. Difatti, la collaborazione dell’ala sinistra ha contribuito notevolmente alla vittoria di Biden.
L’ex vicepresidente ha ovviamente radici nell’ala moderata del Partito Democratico. Alcuni analisti hanno rilevato che la sua vittoria rappresenta un terzo mandato per Obama considerando la comunanza di vedute fra i due. Questo è vero ma solo in parte. Il Partito Democratico e il Paese non sono quelli del 2008 o 2012, anni in cui Obama fu eletto e rieletto. Bisogna ricordare i contributi di Sanders negli ultimi 10 anni per mettere in primo piano programmi progressisti e la visibilità offerta all’ala sinistra del Partito da individui come Ocasio-Cortez. La parlamentare di New York si sta rivelando non solo ottima candidata ma anche la nuova voce dell’ala sinistra. Si sta esibendo anche da saggia politica. Commentando la squadra che Biden sta organizzando per governare il Paese. Ocasio-Cortez ha dichiarato che “non invidia la squadra d Biden. Si tratta di un delicato equilibrio……importante perché manderà un messaggio molto, molto potente sulle intenzioni di governare”.
Non sarà facile per Biden formare una squadra per affrontare tutti i problemi che Trump gli lascerà. A cominciare dal fatto che il 45eismo presidente non ha ancora deciso di accettare il risultato elettorale, insistendo senza ragioni, sulla frode elettorale. Biden però ha già dato segnali di prepararsi a governare mettendo in piedi una task force di luminari scientifici e medici che lo consiglieranno sulla pandemia del Covid-19. Biden ha anche promesso che la sua squadra di governo includerà una grande diversità per quanto riguarda la razza, genere, e orientamento sessuale. Il neoeletto presidente dovrà anche tenere conto del fatto che con ogni probabilità McConnell controllerà il Senato che sarà responsabile di confermare le sue nomine.
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