America

“Quello che del Venezuela non dicono”: Intervista a Carlos Cosmo Gullì

30 Gennaio 2019

Data di rilascio dell’intervista: 26 Gennaio 2019
Si ringraziano per la cortese disponibilità Carlos Cosmo Gullì e Maria Cristina Zennaro.

● Chi è Carlos Cosmo Gullì?

Sono nato a Caracas da genitori di origini italiane, dove sono cresciuto, ho studiato, e ho trascorso gli anni più importanti della mia vita. Provengo da una delle zone più popolari della città, quella di San Martin, dove ho avuto modo di vivere a stretto contatto con i bambini più poveri e di stringere amicizie che con il tempo sono diventate indissolubili.

All’arrivo in Italia per un trasferimento deciso da mio padre mi sono laureato nuovamente a Torino, mantenendo però nel cuore i ricordi e le tradizioni del mio paese e cercando, dal 1978 in poi, di diffondere la cultura venezuelana anche in Italia.

● Tra le altre cose, lei è stato una sorta di Cassandra nell’individuare da principio ciò che stava accadendo in Venezuela. 

Nel corso degli anni ho scritto per “L’Avanti” e per altri quotidiani nazionali articoli di forte denuncia della situazione venezuelana già a partire dall’anno 2000, quando il paese ha iniziato a mostrare i primi segni di deterioramento e di una dittatura incombente; in questo senso, mi vanto di essere stato uno dei primi ad aver avuto il coraggio di parlare del caudillo in un momento in cui era considerato un idolo. Per le mie posizioni ricevetti insulti e minacce, venni considerato un folle, ma nel mio piccolo insistetti e cominciai ad aprire un varco nel muro del silenzio torinese e italiano.

● Da quali esigenze nasce il progetto Familia Futura?

Familia Futura nacque come circolo di pensiero di quattro persone che in una maniera o in un’altra avevano a che fare con il Venezuela. Quando la situazione del paese precipitò, diventò un vero e proprio centro di informazione per venezuelani in Italia su ciò che stava accadendo oltreoceano, e per “informazione” intendo quel genere di informazione che non arrivava in Italia.

Oggi è un’associazione culturale italo-venezuelana, che si occupa di libera informazione, di Diritti Umani, e di supporto agli immigrati provenienti dall’America latina attraverso la condivisione di tutte le informazioni necessarie per integrarsi in Italia. Il tutto, senza scopo di lucro: siamo otto volontari e nessuno percepisce uno stipendio, ma mi creda, ci sentiamo ripagati ugualmente.

● Ad oggi, quali sono i dati ufficiali sulle violazioni dei diritti umani a carico del governo Maduro?

Sinceramente, dati ufficiali non ce ne sono: per averli bisognerà aspettare che cada il regime. Quel che è certo è che la maggior parte di questi dati è sommersa a causa della scarsa libertà d’espressione e di presenza di stampa, web o radio; il numero di emittenti televisive e di giornali chiusi dal regime è elevato, alcune testate sono state boicottate, e ad alcune emittenti televisive sono semplicemente state cancellate le frequenze perché non erano in linea con la propaganda del regime (azioni già abbondantemente utilizzate da Hugo Chávez, del resto). Tra queste figura anche la chiusura di un canale televisivo storico che ha accompagnato i venezuelani per anni: RCTV Radio Caracas Televisión, spentasi definitivamente nel 2007 per volere di Chávez.

Nonostante questo, ad oggi, i dati più attendibili sulle violazioni dei diritti umani a carico del regime di Maduro sono per lo più ricavati da eventi accertati attraverso evidenze video, fotografiche, mediche e ospedaliere del personale degli obitori, stracolmi di cadaveri, prove che sono giuntea organismie associazioni o più semplicemente pubblicate sui social. Un buon lavoro d’inchiesta a tal propositolo hanno fatto Amnesty International, Croce Rossa e Caritas, i quali che producono costantemente informazioni su questa crisi che è realmente, a tutti gli effetti, un vero disastro umanitario.

● Restando sul tema della violazione dei diritti umani, quali sono le pratiche più comuni adottate dal sistema maduriano?

Il concetto di crimine di Lesa Umanità può raccogliere crimini di ogni tipo: oltre la repressione di manifestanti pacifici, spesso colpiti ad altezza uomo con proiettili di gomma e sale e qualche volta anche con proiettili veri, possono essere annoverate in questa categoria le detenzioni arbitrarie, la tortura fisica e psicologica, gli omicidi di Stato, e anche il crimine di schiavitù.

La mancanza di cibo è il sistema castro-cubano per sottomettere il popolo: la fame continua e la debolezza fisica non ti permettono di ribellarti e, grazie a una sorta di Sindrome di Stoccolma, se poi ti vene regalata una briciola di pane ringrazi il tuo padrone: questo è successo in Venezuela, dove il popolo è stato letteralmente schiavizzato passo dopo passo. A a peggiorare la situazione vi è poi la penuria di medicine: l’impossibilità di curarsi è un altro motivo di disperazione anche per chi soffre di malattie croniche come il Parkinson, il Diabete, HIV o malattie cardiovascolari. A tal proposito, va ricordato che il governo non ha permesso un corridoio umanitario per evitare che il mondo conoscesse la verità sul Venezuela. Tipico delle dittature.

● Esistono dossier ufficiali, ricerche o documenti attestati che confermano la grave situazione del paese?

Gli ultimi omicidi dei manifestanti per mano della polizia di Maduro durante le manifestazioni di supporto al giuramento diJuan Guaidó, quelli perpetrati a seguito della delinquenza dilagante che miete ogni anno decine di migliaia di morti, hanno portato a diverse indagini da parte dell’OSA (Organizzazione Stati Americani) e di esperti indipendenti che hanno collaborato con l’inchiesta allo scopo di ottenere dati certi; a seguito di questi, il Segretario generale dell’Organismo Luis Almagro ha ritenuto che il numero verificato di crimini commessi dal governo Maduro fosse più che sufficiente per presentarne la denuncia davanti alla Corte Penale Internazionale (CPI).

Al presentare questo rapporto presso l’OSA di Washington, il comitato di ricerca e Almagro hanno invitato gli Stati dello Statuto di Roma a visionare il dossier, in tale modo che tutti potessero prendere coscienza di quanto stava accadendo in Venezuela e chiedere immediatamente un’ulteriore indagine. Si tratta di un rapporto di oltre 400 pagine e di 400 allegati, in cui si parlava di 131 vittime (oggi di più) di omicidi accaduti durante le proteste contro Maduro dal 2014 eseguiti dalle forze dell’ordine dello Stato o dai cosiddetti colectivos, bande teppistiche di delinquenti comuni pagati dal regime. Un rapporto che coglie la verità, la fredda e calcolata “intenzione di uccidere”.

Lo stesso rapporto segnala che dal 2015 vi sono state 8.292 esecuzioni documentate. Una cifra allarmante che dimostra il carattere reiterato e generalizzato degli omicidi. Si segnala, inoltre, che dal 2013, anno in cui Maduro è stato eletto, almeno 12.000 venezuelani sono stati detenuti in maniera arbitraria e sottoposti a privazioni severe.  Ma il crimine psicologico, sfruttando la fame e l’istinto di sopravvivenza innato dell’uomo, sono gravi, secondo me, quanto quelli di omicidio. Schiavizzare un popolo, affamarlo per tenerlo sotto il pugno di ferro è tipico della dittatura della famiglia Castro.

● La situazione del Venezuela degli ultimi anni ha sempre trovato un’attenzione limitata e a singhiozzo da parte dei media internazionali, concentrandosi per di più su fatti di cronaca limitati nel tempo (rivolte, elezioni, repressioni) e collegandosi ad altre tematiche principali come le politiche internazionali degli Stati Uniti. Secondo lei quali elementi concorrono a restituire una percezione annacquata, approssimativa e liquida della grandezza del dramma di questo paese?

È una grave mancanza da parte dei media internazionali, soprattutto di quelli italiani, che hanno peccato sicuramente di superficialità e disinformazione. Il solo fatto che circa 3,5 milioni di venezuelani siano fuggiti dal paese alla ricerca di una vita normale, e che l’ONU preveda che nel giro di un paio di anni questo numero possa raggiungere i 5 milioni, avrebbe dovuto mettere in allarme tutti i giornalisti. Conosco il mestiere e, secondo la mia opinione, ci sono campanelli d’allarme che bisogna ascoltare. Secondo statistiche ufficiali la diaspora venezuelana è la più massiccia degli ultimi anni, e il Venezuela è il paese sudamericano dove c’è il maggior numero di persone affette da denutrizione.

È vero che il governo di Maduro ha cercato di coprire le statistiche del disastro sociale di cui è colpevole comprando il silenzio di organismi internazionali che avrebbero dovuto denunciare la denutrizione, ma è anche vero che lo stesso allarme è stato lanciato da altri organismi e da liberi cittadini. Un paese dove i medici, minacciati dal regime e intimati a non rendere pubbliche le cartelle ospedaliere, chiedono aiuto in strada, dovrebbe letteralmente farti svegliare.

Vi sono stati poi rapporti annuali molto eloquenti come quello del “Ministerio del Poder Popular para la Salud” del 2015 che segnalava un aumento del 100% della mortalità di neonati e di puerpere. Se la denutrizione, la miseria, la disperazione di un popolo che chiede aiuto al mondo non è motivo per domandarsi “Sarà il caso che scriva qualcosa su questo dramma umano?”, allora sarà meglio non dedicarsi alla missione del giornalista. Non possiamo nasconderci dietro ad un ideale politico e dimenticare quello che somiglia a un genocidio.

● Prima ha accennato all’impossibilità di disporre di dati ufficiali a causa delle azioni censorie attuate verso il sistema d’informazione venezuelano; giusto per essere più precisi, qual è lo stato della stampa cartacea e digitale in Venezuela, e quali sono le fonti principali attraverso cui vengono veicolate all’esterno le notizie?

Lo stato dell’informazione cartacea in Venezuela è in pessime condizioni: i giornalisti, quelli che ancora possono scrivere e informare attraverso tutti i mezzi possibili come testi, video e altri supporti, sono praticamente tutti all’estero; grazie ai Social Media le testimonianze di quanto accade nel mondo ci sono, ma in genere il Venezuela vive nella quasi totale oscurità.

Per quanto riguarda la stampa cartacea, i dati sono abbastanza eloquenti: il Sindacato Nazionale dei Lavoratori della Stampa (Sntp, per sua sigla in spagnolo) ha denunciato, nel mese di novembre 2018, che dal 2013 hanno chiuso i battenti ben 115 giornali; sempre nel 2018, in un solo anno, 25 giornali sono letteralmente “scomparsi”, e in alcuni stati del Venezuela non giunge più alcun tipo di informazione a mezzo stampa. Le uniche emittenti TV rimaste attive sono quelle che il regime gestisce e comanda, e questo credo renda ancor meglio l’idea del perché il lavoro giornalistico che facciamo dall’esterno diventi un anello della catena informativa fondamentale di cui la gente ha bisogno.

● II giuramento di Guaidó sembra aver innescato una situazione d’attenzione perfetta per costruire l’incipit della narrazione di una guerra civile. Inizialmente la stampa italiana ha molto parlato di “autoproclamazione” per descrivere quanto accaduto. Ritiene questo termine corretto o fuorviante?

La prima imprecisione è proprio quella di definire “autoproclamazione” il giuramento di Juan Guaidó. Questo dimostra una disinformazione che bisogna colmare al momento di mettersi a scrivere un articolo o di parlarne in un telegiornale. In base alla Costituzione venezuelana, in caso di vuoto di potere della carica presidenziale, l’incarico passa al Presidente dell’Assemblea Nazionale. Guaidó appunto, il quale era tenuto a prestare giuramento nel pieno rispetto della Costituzione.

● Quali sono le irregolarità contestate dall’Assemblea Nazionale relative alle ultime elezioni?

Per rieleggere Maduro sono state organizzate delle “votazioni” non democratiche, anticipate e organizzate dal regime in tutta fretta con la complicità del CNE (l’organo che si occupa delle elezioni), alle quali nessun partito dell’opposizione ha potuto partecipare per una serie di regole dell’ultimo minuto imposte proprio dal regime; in questo modo Maduro non poteva far altro che vincere.

Credo sia anche giusto sottolineare che nella storia delle elezioni venezuelane non c’è mai stata un’affluenza così bassa alle urne: i seggi, costantemente monitorati, fotografati, ripresi dai coraggiosi reporter improvvisati, mostravano chiaramente la mancanza di affluenza degli elettori. Praticamente risultavano deserti. Eppure, secondo il CNE, Maduro ha vinto con 6.190.612 voti, pretendendo di far credere di aver superato addirittura Chávez, che nel suo massimo splendore, nel 1998, vinse con 3.673.685 di voti.

Se aggiungiamo a questo le statistiche sul desiderio dei venezuelani per un cambio di governo (tra cui quelle svolte dall’Istituto Venezuelano di Analisi dei Dati, IVAD), dove la percentuale dei venezuelani che chiedevano un cambio immediato di governo variava dal 77% al 80%, ci rendiamo conto dell’illegittimità del suo secondo mandato. Il Gruppo di Lima, l’OSA, l’Unione Europea e molti paesi, hanno disconosciuto questo mandato. Il resto è storia degli ultimi giorni.

● Nonostante il crollo di tutti i parametri durante il suo mandato e la gravissima crisi in cui il paese versa, Maduro può contare ancora su un consistente bacino di sostenitori, o almeno così sembra. Qual è l’identikit del venezuelano maduriano, e quali punti in particolare della politica di Maduro nutrono questo consenso nonostante l’evidente stato di deterioramento del tessuto sociale, politico ed economico dei suoi anni di mandato?

Come ho già detto precedentemente, Maduro non ha più credibilità tra gli elettori. I dati del regime vengono falsati, così come alcuni video in cui si vede gente sbandierare in suo favore, spesso commettendo errori madornali di ritocco che evidenziano la manipolazione di questi audiovisivi. Sono famosi alcuni video in cui Maduro saluta un pubblico che poi risulta essere inesistente.

Tra gli elettori di Maduro possiamo pensare ai cosiddetti enchufados (attaccati alla spina) quelli che godono di privilegi, anche in denaro, diventando sudditi del tiranno e infischiandosene del dramma del proprio paese, poi ci sono i diplomatici all’estero; non dimentichiamo i lavoratori pubblici minacciati di licenziamento; parte degli “affamati” dal regime che in cambio di un sacchetto di cibo, spesso avariato, votano e consegnando l’evidenza di voto ricevono in cambio l’elemosina.

Nessuno può scegliere “Maduro”. Lo si fa solo per una questione d’istinto di sopravvivenza. Non è retorica, con Nicolás Maduro il Venezuela ha conosciuto la miseria e la morte come non è mai accaduto prima.

● Molti simpatizzanti esterni di Maduro si appellano all’ideale del bolivarismo auspicando un sovranismo degli stati sudamericani libero dalle influenze imperialiste statunitensi. In che misura le scelte attuate da Maduro possono essere definite bolivariste, e in cosa invece ritiene abbia tradito questo ideale?

Il romanticismo lo posso capire, l’idealismo è bello se lo vedi nei film: non è bello sulla pelle di un popolo che soccombe, come quello venezuelano.

La vecchia canzone dell’America imperialista è quella che ha dettato Fidel Castro, che è poi stato il primo a invadere il Venezuela grazie a Chávez e poi a Maduro, imponendo le proprie regole. Già ai tempi di Hugo Chávez, Fidel ha introdotto il suo pensiero in Venezuela, portando il seme della “sua” rivoluzione come un incantatore di serpenti, in un paese che poteva fornirgli ricchezze incalcolabili. Questo è l’imperialismo cubano, non quello americano.

● Può spiegare meglio questo concetto?

Il Venezuela è già invaso, da anni: Luis Almagro (OSA) ha dichiarato che sono almeno 22.000 i cubani infiltrati, e per quanto ci riguarda sappiamo che non esistono dubbi che i servizi di intelligenza e i militari cubani controllino totalmente il Venezuela.

Nicolás Maduro è un burattino nelle mani dell’Havana, per questo è stato scelto da Fidel e da Raúl Castro: non ha una formazione militare, persino i comunisti venezuelani pensano che sia un “improvvisato”; quello che sa del marxismo lo ha imparato frequentando un breve corso che impartiva la Escuela de Cuadros a Cuba.

Si è reso più volte ridicolo parlando in diretta televisiva di apparizioni di uccellini con l’anima di Chávez e di aver viaggiato nel futuro per poi rassicurare che tutto sarebbe andato bene. Secondo molti critici dell’opposizione, Maduro ha goduto anche del fatto che parte di essa sia scesa a patti con lui, cosa che la Resistenza venezuelana, grande protagonista del cammino verso la libertà, non ha mai fatto. I giovani eroi venezuelani che hanno realmente svegliato le coscienze (e molti di loro hanno perso la vita per un paese che non hanno mai visto libero perché nati dopo l’avvento di Chávez) secondo me sono il futuro.

● Russia, Cina e Turchia si sono schierate a favore di Maduro: questione di vicinanza agli ideali?

Sempre parlando di “imperialismi”, il Venezuela viene sfruttato e utilizzato dalla Cina, dalla Russia, dalla Turchia con il lasciapassare di Maduro. Un esempio? Lo sfruttamento dell’Arco Minero: nel 2016 Nicolás ha elargito concessioni minerarie per 112.000 km quadrati che comprendono lo Stato Bolívar e Amazonas, al sud del fiume Orinoco: imprese nazionali e straniere deforestano e sfruttano questa fascia di territorio ricca di coltan, oro e diamanti, con conseguente danno ecologico e massacro delle popolazioni indigene. I difensori dell’ambiente, tra cui Alejandro José Lanz Muñoz, presidente del Centro di Indagine Ecologiche del Venezuela, ha lanciato l’allarme e riceve minacce regolarmente minacce di morte. Quindi non chiudiamo gli occhi, e soprattutto non nascondiamo la verità.

● A suo parere, qual è la cosa più difficile da comunicare correttamente all’audience internazionale sulla situazione del Venezuela, e quali sono i punti di mala informazione più comuni che riscontra nell’opinione pubblica generale?

La peggior cosa che può fare una fonte di informazione è quella di prendere notizie e dati dal regime di un paese. Ovviamente saranno dati che non corrisponderanno alla realtà. I mezzi di informazione devono fare quello che sta facendo lei, cercare organizzazioni, organismi, testimoni, inchieste attendibili e poi parlare al proprio pubblico. Tutte le informazioni prodotte dal regime di Stato non sono veritiere. Questo dovrebbe saperlo qualsiasi giornalista.

● Considerando la panoramica della quantità e della qualità di notizie che vengono diffuse, quali sono secondo lei le informazioni più rilevanti, taciute o mai portate in evidenza che non hanno trovato sufficientemente spazio nel dibattito contemporaneo per restituire una corretta visione dei fatti?

Innanzitutto si è sorvolato sul fatto che secondo la Costituzione venezuelana il Presidente della Repubblica non può essere un cittadino non venezuelano: quindi Nicolás Madurosin dal primo momento avrebbe dovuto essere considerato illegittimo perché nato in Colombia.

A riportare lo stato attuale del regime venezuelano è Mario Ivan Carratù – vice ammiraglio, comandante della Casa Militar durante la presidenza Pérez (prima di Chávez). Questo dovrebbe far già riflettere di per sé.

Molti altri ad esempio non parlano di qualcosa che è gravissimo, cioè il coinvolgimento per narcotraffico di tutti i vertici del governo di Maduro: i figli di sua moglie, Cilia Flores, stanno scontando una pena detentiva in Americaper narcotraffico e per aver sfruttato a tal fine aerei di Stato e documenti diplomatici. Quello di Maduro è un vero stato mafioso, non va nascosto. Il numero due del suo governo, Diosdado Cabello, è accusato di essere il capo di un cartello della droga. Non sono fatti da sottovalutare.

Un’altra pecca è la freddezza del Vaticano che non ha mai denunciato in maniera decisa quello che accade in Venezuela, come invece ha fatto per altre gravi crisi internazionali.

● Quando pensiamo al traffico di droga in Sudamerica solitamente pensiamo alla Colombia, a Pablo Escobar, e ad altri “nodi” di collegamento comuni nella cultura mediatica degli ultimi anni. In base a quanto detto sopra, come giudica la posizione odierna del Venezuela nel contesto del narcotraffico internazionale?

È da ormai anni che il Venezuela non gode più di un’economia in salute e i guadagni provenienti dalle esportazioni di petrolio non raggiungono più i livelli visti sotto il Governo di Hugo Chávez. Il Paese, ormai sempre più vicino al punto in cui i conflitti sociali endemici diverranno un rischio per la stabilità regionale latinoamericana, ha trovato nel narcotraffico una nuova fonte di guadagno.

● Come si svolge oggi la quotidianità del Venezuela, e quali sono le conseguenze più visibili di questa prima reazione istituzionale pubblica contro Maduro?

Sono giorni molto pericolosi perché la sensazione generale è quella di avere a che fare con gli ultimi colpi di coda di un mostro che non vuole lasciare il potere.

I venezuelani sanno che hanno bisogno dell’aiuto internazionale, dell’osservazione e possibilmente dell’intervento di chi si trova nei confini vicini e può agire rapidamente affinché questa dittatura cada senza versare altro sangue. Come venezuelano, sarò sempre grato a quei paesi che hanno compreso che il Venezuela ha realmente bisogno d’aiuto e sono pronti a intervenire senza pensare ai propri interessi economici.

● Cosa risponde a chi sostiene in Europa la legittimità democratica di Maduro pur riconoscendo le modalità dittatoriali con cui ha esplicato le sue funzioni esecutive?

Gli consiglierei di leggere bene la storia venezuelana degli ultimi anni, approfondire la nostra Costituzione, visitare il paese NON da turista, e poi parlare. “Maduro” e la parola “democrazia” sono come il diavolo e l’acqua santa.

Vorrei anche dire agli italiani di osservare bene quali sono quelle correnti politiche che si rifanno agli ideali chavisti o, peggio, a Maduro: il seme della miseria potrebbe cominciare a dare i suoi macabri frutti.

Noi lo sappiamo bene.

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