America
francesco è un grande, vi spiego perchè
Con l’Esortazione Apostolica post-sinodale QUERIDA AMAZONIA del 2.02.2020, presentata ieri (12 febbraio ndr), Papa Francesco pare aver deluso le aspettative di quanti, ormai da settimane, si attendevano delle novità in merito all’ordinazione di uomini sposati, i viri probati, e all’accesso delle donne al Sacramento dell’Ordine nel grado del Diaconato.
In effetti, tali “mancate riforme”, sembrano aver messo alla prova non solo tutti quei vari movimenti di rinnovamento che si muovono nel panorama variegato dell’Orbe cattolico, ma aver, in qualche modo, negato tutto il lavoro profuso in maniera capillare da una vasta base ecclesiale nelle consultazioni prima, e dal Sinodo che ha avuto luogo a Roma tra il 6 e il 27 ottobre e che si è concluso con un testo intitolato Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per un’ecologia integrale.
Francesco dunque non avrebbe avuto il coraggio di consumare uno strappo con gli ambienti più conservatori della Chiesa e, per buona pace e grande soddisfazione del cardinal Sarah, di Benedetto XVI e di quanti hanno difeso strenuamente la necessità della legge sul celibato obbligatorio nelle scorse settimane, avrebbe “sacrificato” riforme che sarebbero state storiche e clamorose (la legge disciplina da quasi mille anni il clero cattolico di rito latino; ancora più arretrata nei secoli è la memoria di un diaconato istituito femminile) riconsegnando la Chiesa allo STATUS QUO.
Io vorrei però proporre una lettura diversa, fuori del coro della generale delusione per le aspettative mancate.
Innanzitutto, davvero interessante, è il preambolo dell’Esortazione.
In esso, il Papa afferma che non intente né sostituire né ripetere i contenuti del Documento conclusivo stilato dai padri sinodali al termine dei lavori.
«Ho preferito non citare tale Documento in questa Esortazione, perché invito a leggerlo integralmente.
Dio voglia che tutta la Chiesa si lasci arricchire e interpellare da questo lavoro, che i pastori, i consacrati, le consacrate e i fedeli laici dell’Amazzonia si impegnino nella sua applicazione e che possa ispirare in qualche modo tutte le persone di buona volontà» (QR nn. 3-4)
Dalle parole citate pare evidente che Francesco, dopo aver affermato che non intende sostituire il Documento finale con la sua sintesi della Esortazione Apostolica, auspichi che pastori, consacrati, laici e persone di buona volontà possano applicare le conclusioni dei padri sinodali, che egli invita a leggere integralmente. Interessante invito, con conseguenze e sviluppi da considerare attentamente.
Francesco, evidentemente, come più volte ha indicato con il suo magistero, non intende “calare dall’alto” le soluzioni e le direttive in merito al governo della Chiesa,
Ma suggerire, col suo bagaglio esperienziale legato ad una pastorale presbiterale che deve “odorare delle pecore”, e ad una realtà ecclesiale sudamericana che ha vissuto le sue punte più profonde nell’opzione preferenziale per i poveri e nella condivisione della difffusa realtà delle comunità ecclesiali di base, che ciascuno di noi riscopra la categoria, ricordata dalla LUMEN GENTIUM, dell’azione e del protagonismo di quel Popolo di Dio che cammina comunionalmente, superando dunque gli inconvenienti, da lui più volte denunciati, del clericalismo e del clericocentrismo.
Traducendo: voi invocate una riforma che sia ancora una volta diretta dalle scelte clericali e calata dall’alto dal magistero papale? Imparate a camminare come Popolo di Dio (così come ci è stato mostrato nella consultazione e nei lavori sinodali) e sarà questo popolo stesso il protagonista della riforma da voi auspicata!
Ritengo che i tempi siano ormai maturi per un riconoscimento ministeriale dovuto alla preziosa ed infaticabile componente femminile; così come la questione dei “viri probati” non sia affatto chiusa. Non definirei in tal senso l’Esortazione Apostolica papale come una occasione persa ma solo come un invito a cambiare le prospettive e ad allargarle.
Qui sta, appunto, la grandezza della linea di Francesco.
Dove in queste ultime settimane il contenzioso si è consumato tra la questione celibato sì/celibato no e l’attenzione mediatica si è concentrata solo ed esclusivamente su questi punti, egli ci ha aperto il quadro su prospettive e tematiche ben più ampie, che chiamano in causa non solo la riflessione della Chiesa ma rivolgono un appello all’intera umanità.
Egli dunque, consegnandoci quattro sogni che corrispondono ad altrettante visioni (sociale, culturale, ecologica, ecclesiale) ci conduce per mano, in particolar modo nei primi tre capitoli, invitandoci a riconoscere le nostre responsabilità e ad adoperarci perché la distruzione della biodiversità dell’Amazzonia e lo sterminio, l’emigrazione, lo sradicamento culturale e l’impoverimento degli indios che si trasferiscono nelle città vengano affrontati con una presa di coscienza collettiva.
« […]dovremmo tutti insistere sull’urgenza di «creare un sistema normativo che includa limiti inviolabili e assicuri la protezione degli ecosistemi, prima che le nuove forme di potere derivate dal paradigma tecno-economico finiscano per distruggere non solo la politica ma anche la libertà e la giustizia».Se la chiamata di Dio esige un ascolto attento del grido dei poveri e, nello stesso tempo, della terra,per noi «il grido che l’Amazzonia eleva al Creatore è simile al grido del Popolo di Dio in Egitto (cfr.Es3,7). È un grido di schiavitù e di abbandono, che invoca la libertà» (QA n. 52)
« […]oltre agli interessi economici di imprenditori e politici locali, ci sono anche «gli enormi interessi economici internazionali».La soluzione non sta, dunque, in una “internazionalizzazione” dell’Amazzonia, ma diventa più grave la responsabilità dei governi nazionali. Per questa stessa ragione, «è lodevole l’impegno di organismi internazionali e di organizzazioni della società civile che sensibilizzano le popolazioni e cooperano in modo critico, anche utilizzando legittimi sistemi di pressione, affinché ogni governo adempia il proprio e non delegabile dovere di preservare l’ambiente e le risorse naturali del proprio Paese, senza vendersi a ambigui interessi locali o internazionali». (QA n. 50)
Le frequenti citazioni della LAUDATO SI e la denuncia delle logiche capitalistiche che stanno depredando l’area amazzonica propongono la stessa Esortazione Apostolica come uno dei documenti del Magistero Sociale della Chiesa.
Preziosissime le indicazioni sulla necessità di rendere protagoniste le popolazioni indigene e mettersi in ascolto delle loro proposte.
L’analisi dei primi tre capitoli del documento porta tutti noi ad accogliere l’appello che Papa Francesco fa, in maniera accorata, perché il dramma che si sta consumando in Amazzonia possa essere riconosciuto ed affrontato.
Il Papa “venuto dall’altra parte del mondo” ci ha già abituato a decentrarci e ad assumere uno sguardo planetario, operando quella globalizzazione della solidarietà che deve contrastare la cultura dello scarto.
Ricordiamo come non solo Roma e il Vaticano si sono colorati durante il Sinodo panamazzonico della presenza e dell’apporto di donne e uomini indios ma anche come Francesco abbia personalmente invitato, già per la messa del suo insediamento al soglio pontificio, i rappresentanti e gli attivisti sudamericani di queste popolazioni.
Questa è la visione, questi sono i sogni e questa è la chiamata alla quale Francesco ci invita ad aprirci. Con una presa di coscienza collettiva e un’azione comune non più procrastinabili.
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