Elezioni verdeoro. Lula VS Bolsonaro – Intervista con la Prof. Marzia Rosti

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8 Aprile 2022

Il 2 ottobre prossimo i brasiliani saranno chiamati alle urne per decidere chi sarà il prossimo Presidente e lo scontato duello per il Palácio do Planalto sarà tra il presidente attualmente in carica (lo sarà fino a gennaio 2023) Jair Bolsonaro e l’ex presidente verdeoro nel 2003-2010 Luiz Inácio Lula da Silva.

In Brasile è cominciata la corsa per le elezioni presidenziali d’ottobre, quando gli oltre 200milioni di cittadini verdeoro saranno chiamati alle urne, per scegliere il proprio Capo di Stato per il prossimo quadriennio.
Per uno degli Stati latinoamericani più importanti è chiaro che ci sia molta attenzione su chi riuscirà ad entrare nel Palácio do Planalto, per il rilievo in tutta l’America Latina ma anche per le proiezioni future in ambito delle relazione internazionali e geopolitiche.

Le sensazioni, consolidate anche da svariati sondaggi, è che si assisterà ad un duello tra l’attuale presidente in carica, Jair Bolsonaro e l’ex presidente brasiliano nel 2003-2011 Luiz Inácio Lula da Silva, che attualmente non ha ancora ufficializzato la sua candidatura.
Più indietro, a cornice di questo probabile duopolio, si fa strada la cosiddetta ‘terza via’ concretizzatasi nel progetto União Brasil. All’interno di questa fazione, che vorrebbe porsi ideologicamente nel mezzo tra Bolsonaro e Lula, troviamo l’ex giudice e ministro della Giustizia, Sergio Moro, famoso per aver condotto  l’inchiesta Lava Jato nella quale fu indagato, condannato e poi assolto completamente proprio Lula.
Moro inizialmente si era candidato alle presidenza, salvo poi lasciare il partito Podemos per iscriversi appunto all’União Brasil, capitanato da Luciano Bivar. Prima della sua retromarcia Sergio Moro era attestato nei sondaggi Datafolha come terzo preferito con l’8%. A completare il quadro dei possibili candidati troviamo l’ex candidato presidenziale Ciro Gomes, del Partito Democratico Laburista con il 5%, il governatore di San Paolo Joao Doria ed ancora più indietro svariate personalità verdeoro.

Per essere il più esaustivi possibili, il Brasile si recherà al voto il 2 ottobre per eleggere il presidente e il vicepresidente, i 513 seggi della Camera dei deputati e 27 degli 81 posti del Senato. In caso nessuno degli aspiranti presidenti ottenga il 50 per cento dei voti più uno, si ricorrerà a un ballottaggio tra i due candidati più votati, il 30 ottobre. Le stime fornite dalle autorità elettorali parlano di un bacino di 148 milioni di elettori. I brasiliani all’estero potranno votare solo per il presidente. Le urne si apriranno inoltre per l’elezione di governatore e vicegovernatore dei 26 Stati e del Distretto federale di Brasilia, con l’eventuale ricorso al ballottaggio nelle stesse modalità e calendario della corsa alla presidenza. Verranno rinnovate infine anche le rispettive assemblee legislative statali.

Come detto però, con tutta probabilità a sfidarsi come Presidente del Brasile saranno Bolsonaro e Lula. I sondaggi parlano chiara già da qualche mese, con Lula da Silva che vola nelle preferenze dei cittadini brasiliani con un sonoro 48% delle intenzioni di voto contro il 21% per l’attuale presidente di destra. Oltre a ciò l’agenzia Reuters, azzarda secondo i suoi pronostici, che l’ex Capo di Stato possa addirittura vincere già alla prima tornata, senza doversi affidare al ballottaggio.

Partendo dall’attuale Presidente in carica, Jair Bolsonaro, il controverso leader del Partido Liberal – PL si trova dopo quattro anni di mandato a dover recuperare il consenso perso, e sperare in una sorta di miracolo elettorale. Protagonista del centrão, Bolsonaro ha mantenuto durante il suo mandato, posizioni fortemente radicali ed azioni molto dure su alcune tematiche come la tematica ambientale e climatica, sulle popolazioni indigene e sulle questioni di genere. Liberale in senso economico e di ideologia fortemente conservatrice, baluardo del cristianesimo ed alleato degli evangelici, l’attuale Capo di Stato si presentò nel 2018 come alternativa anti-sistema, con una proiezione di gestione del paese in modo tecnico e non più di compromesso parlamentare. Dall’ora molte cose sono cambiate come l’evidente perdita di consenso. Da quando ha raggiunto il Palácio do Planalto, Bolsonaro ha visto restringersi fortemente il consenso nei suo confronti, secondo un sondaggio di PoderData secondo il rilevamento svolto tra il 27 febbraio e il 1 marzo,  l’immagine positiva del leader di destra è ora al 30% contro un 52% di disapprovazione (recuperati 5 punti dal sondaggio svolto il 21 gennaio).

Le cause di un crollo verticale dei consensi è facilmente riconducibile alla gestione disastrosa della pandemia, riduzionista e negligente, e le manovre economiche. Nello specifico, Bolsonaro con le sue politiche economiche ha perso sensibilmente consensi nei ceti medio-bassi, con l’inflazione del 2021 che ha chiuso al 10%, insieme al rallentamento della domanda cinese, minacciando il rimbalzo del Pil, che nel 2021 ha segnato +4,65% ma le cui previsioni per il 2022 sono state stroncate dalla Banca Mondiale, dal 2,5% all’1,4%. Chi sicuramente può essere fonte di speranza per un ribaltone alle presidenziali sono lo zoccolo duro che ancora segue l’attuale Presidente, ed il bacino elettorale che arriva dagli evangelisti. La componente religiosa può essere numericamente importante nella tornata elettorale, almeno per spingere Bolsonaro al ballottaggio.

Per Jair Bolsonaro che vede le sue possibilità di rielezione al 37%, c’è Luiz Inácio Lula da Silva che si affida al 51%.
Il leader del Partido dos Trabalhadores è già stato Presidente del Brasile dal 2003 al 2011, sfondando tra l’altro nell’elezione del 2002 il record di 52,4 milioni di voti, il 61%, numero più alto della storia recente democratica brasiliana. Lula è stato una delle personalità verdeoro maggiormente amate prima, e criticate poi. Politiche come la Fome Zero e la Bolsa Familia, il Programa de Aceleração do Crescimento in ambito economico, la diminuzione della deforestazione amazzonica, il programma Luz Para Todos e l’entrata del Brasile nel Mercosur, sono alcune delle manovre meglio riuscite dall’ex presidente. Per contro troviamo posizioni che rasentavano il radicale, legami troppo eccessivi con Chavez, Nicaragua o Cuba o l’opposizione all’estradizione dell’ex terrorista italiano Cesare Battisti.
Il caso più eclatante e controverso della storia di Lula è però il suo coinvolgimento nella Operação Lava Jato con conseguente condanna a 12 anni, seguita poi da una nuova incriminazione nel 2018. Il 7 marzo del 2021 viene prosciolto da ogni accusa dal Tribunale Supremo Federale del Brasile, tornando quindi eleggibile.

Lula è sicuramente il favorito, anche se al momento non c’è una sua candidatura ufficiale, e l’effetto amarcord forse potrebbe bastare per farlo tornare al Palácio do Planalto. Ma questa nostalgia dei ricordi può essere anche nociva, in quanto sicuramente i suoi antagonisti non si esimeranno dal risollevare critiche ed accuse passate. Altri punti a favore per Lula arrivano dal contesto internazionale e dai mercati, dai sindacati, dai ceti medio-bassi e dagli innumerevoli scontenti di Bolsonaro.

Appurato il contesto brasiliano e d’avvicinamento a queste elezioni, abbiamo un contributo della Professoressa Marzia Rosti, dell’Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Studi Internazionali, Giuridici e Storico-Politici nella quale insegna Storia e Istituzioni dell’America Latina, che può dare spunti di analisi e riflessioni maggiori e differenti.

 

Professoressa, per quanto riguarda le elezioni in programma quest’anno volevo chiederle innanzitutto un suo personale commento inziale.

Si legge in vari articoli che i recenti sondaggi danno per favorito e per vincitore Lula, ma bisogna poi vedere cosa accadrà alle elezioni e l’esito. Lula potrebbe vincere, ma troverà un Brasile diverso e una situazione economica e sociale diversa.

 

Quanto inciderà in queste elezioni l’operato di Bolsonaro in questo quadriennio? Operato che oggettivamente in alcune tematiche è stato carente.

Le ricordo che in Brasile qualcuno ha comunque votato per Bolsonaro, se no non avrebbe vinto le elezioni. Senza dubbio Bolsonaro ha deluso una parte dei suoi elettori e la cattiva gestione della pandemia è una delle cause. Bolsonaro ha però vinto con il consenso delle tre B e ‘grazie’ a una crisi del PT e a un candidato concorrente debole, Fernando Haddad. Bisogna vedere con quali risultati e con quali programmi si presenterà alle prossime elezioni.

 

Nonostante il caso controverso Lava Jato, Luiz Inácio Lula da Silva è già ampiamente in vantaggio secondo molti sondaggi. Inoltre il maggior apprezzamento per Lula arriva dal quadro internazionale. Un suo commento?

Se si riferisce alle accuse, all’arresto e alla condanna di Lula, pare sia stato tutto pilotato per tagliarlo fuori dalla corsa alla presidenza nel 2018, anche se bisogna tenere presente che il livello di corruzione è presente ovunque in Brasile.
Per il quadro internazionale penso che molti sarebbero contenti, anche perché Lula aveva riportato il Brasile nel contesto internazionale.

 

Infine, nel 2021 molti Paesi dell’America Latina sono andati al voto. Tanti i cambi e tante le riconferme. Le chiedo un suo commento sul 2021 elettorale in Sud America.

Se consideriamo Boric e Xiomara Castro, allora potremmo dire che le forze progressiste stanno riprendendo spazio e che gli elettori sono tornati a votare, ma è anche vero che hanno vinto in contesti particolari dove sino all’ultimo non si pensava potessero vincere. Sono un segnale verso il cambiamento, ma anche loro potranno sbagliare e soprattutto – una volta assunta la presidenza – dovranno veramente vedere se quanto hanno promesso in campagna elettorale sia realizzabile. Mi viene in mente Pedro Castillo in Perù con le tante promesse e con le tante difficoltà che ha incontrato in questi mesi di governo. La conferma di Ortega invece rappresenta “la continuità” di un leader che non si riesce a sostituire, e mi pare che la strada sia ancora lunga, ma mai perdere le speranze.

 

Il contributo della Professoressa Marzia Rosti ci da quindi differenti chiavi di lettura. In primo luogo nonostante i sondaggi diano in estremo vantaggio Lula, sempre sondaggi rimangono, e le elezioni del 2021 in America Latina insegnano che nulla è scontato. L’apprezzamento internazionale per l’ex Capo di Stato è sicuramente un punto importante, ma qualora dovesse realmente vincere il contesto del Brasile è totalmente differente da quello che ha lasciato nel 2011. Altra tematica importante è il non sottovalutare le possibilità di rielezione di Bolsonaro. Come la Professoressa ha ribadito, Bolsonaro ha vinto in passato perché votato, e non bisogna quindi trascendere dai soli sondaggi al ribasso per darlo sconfitto, bensì attendere le sue proposte governative, alleati e non dimenticarsi dello zoccolo duro elettorale di cui dispone.

Infine, la situazione elettorale dell’America Latina ha mostrato una forte frammentazione, che ha dato la chance ad ‘outsider‘ di divenire leader di Stati complicati. L’eventualità di non riuscire a concretizzare i programmi governativi e promesse elettorali è alto in quasi tutto il Sud America, per problemi strutturali delle Nazioni e dei sistemi politici, con opposizioni feroci e situazioni altamente difficoltose, ed il Brasile non è un’eccezione.
Le elezioni verdeoro saranno una battaglia senza esclusione di colpi, che durerà fino al 2 ottobre, quando il Brasile dovrà scegliere chi tra Jair Bolsonaro e Luiz Inácio Lula da Silva diventerà il Presidente.

 (Immagine: Keystone)

 

TAG: America latina, Bolsonaro, brasile, elezioni, Lula
CAT: America

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