Affari per pochi e cemento per tutti, così lo Sblocca Italia ci rovinerà
Quando il verbale è stato firmato dall’ultimo funzionario presente, qualcuno ha storto il naso. “Con questo apriamo una nuova stagione di lotte”, ha confidato un esperto di appalti pubblici, consulente per il ministero delle Infrastrutture. “No, quella stagione è iniziata il 12 settembre scorso”, ha puntualizzato il rappresentante del Comitato interministeriale per la programmazione economica.
Palazzo Chigi, lunedì 10 novembre. In serata è stata chiusa la riunione del Cipe, il primo incontro post Sblocca Italia, il decreto, ormai legge, pubblicato in Gazzetta ufficiale appunto il 12 settembre (qui il testo completo). I comitati hanno protestato invano. E anche gli esperti dell’ambiente, allarmati da una legge che deregolamenta, accentra le decisioni nelle mani del premier, e in questo modo risolve i conflitti con le Conferenze dei servizi, annulla il controllo degli enti locali accentrando le decisioni nelle mani del governo.
In Liguria le piogge avevano già fatto sfaceli. La Lombardia era minacciata da una nuova ondata di maltempo e il dissesto idrogeologico aveva già conquistato le prime pagine dei quotidiani. Nulla, in confronto a quanto sarebbe accaduto di lì a pochi giorni. Nella riunione del 10 novembre del Cipe però si è per la prima volta applicato un articolo di quel decreto, prontamente ribattezayo Rottama Italia, dal pamphlet pubblicato da Altreonomia e messo all’indice dai comitati ambientalisti e da esperti pragmatici di mezza Italia.
Il 10 sera, infatti, il Cipe ha dato l’ok al progetto preliminare di una delle opere più controverse contenute nel decreto: l’autostrada Orte Mestre, detta anche Orte Venezia, una lingua di cemento da 400 chilometri che collegherà, grazie a un progetto in “project financing agevolato”, le porte di Venezia con quelle di Roma.
Un progetto che la Corte dei Conti aveva rigettato e che fa capo a una serie di società la cui capofila porta a Vito Bonsignore, una condanna passata in giudicato per tentata corruzione, azionista della Carige e padre del consigliere di amministrazione Luca. Sull’Asse Carige-Bonsignore, peraltro, sono anni che si gioca una partita che ha un obiettivo miliardario: la Orte Mestre. Proprio la banca genovese, nel frattempo travolta dai recenti scandali, è in prima fila per gestire il project financing da un lato, e dall’altro partner finanziaria di Bonsignore, nonché compagno di partito del ministro Lupi che ha voluto fortemente lo Sblocca Italia, a lui molto vicino e con lui cofondatore del Nuovo centrodestra, tanto da affiancare spesso Bonsignore nella recente campagna elettorale per le europee.
(Bonsignore a sinistra, Lupi a destra)
L’opera secondo la Corte dei Conti non aveva i numeri in regola, (qui trovate la delibera ufficiale, datata 17 luglio 2014) ma le osservazioni sono state superate proprio dall0 Sblocca Italia, il cui articolo due consente la realizzazione di project financing per grandi opere anche “per stralci” e ammette la defiscalizzazione statale anche su opere avviate prima del 2011. Senza questa seconda disposizione, dunque, la Corte dei Conti non avrebbe potuto ammettere gli sconti fiscali (pari 2 miliardi) per questa maxi autostrada, fondamentali per garantirne l’equilibrio economico-finanziario, o almeno per provarci.
Cemento e legge Sblocca Italia, non solo riguardo alla Orte Mestre, presentano un legame di ferro: il neo commissario all’anticorruzione Raffaele Cantone audito in Commissione Ambiente alla Camera, richiamò l’attenzione sul rischio infiltrazioni e corruzione insito nel decreto. E nella colata di cemento che si preparava a emanare. Fatto sta che i suoi appelli, e anche quelli rivolti da Bankitalia che andavano nella stessa direzione, caddero nel vuoto.
Il presidente di Commissione, nonché presidente onorario di Legambiente, Ermete Realacci, si lasciò sfuggire: “Tanto queste grandi opere non si faranno mai, è una boutade”. Ma il Cipe sembra sordo agli auspici e si è portato in avanti. «Se anche fosse vero, da buon legislatore avrebbe dovuto stralciare quelle norme, così che i potenziali realizzatori non debbano chiedere niente allo Stato»: a parlare è Luca Martinelli, giornalista di Altreconomia, una voce che si leva a tutela del paesaggio e che ha coordinato la nascita del libro Rottama Italia e che sottolinea come lo sbancamento del fianco adriatico dell’Italia con gli allarmi sul dissesto di questi giorni non si concilia in alcun modo.
(Il tragitto della Orte Mestre)
Ma lo Sblocca Italia porterà nuovo cemento anche grazie ad altri articoli.
Il 4, ad esempio: il governo promette di sbloccare decine di opere, tutte quelle segnalate dai comuni con lettere inviate dal 2 al 15 giugno. Cosa contenessero quelle lettere non è dato sapere. Quali opere il governo si è impegnato a realizzare è un mistero. E perché alcuni comuni non fossero a conoscenza di questa possibilità insinua un dubbio malpensante.
L’articolo 3 si occupa di “una serie di opere indifferibili”, e le elenca. Tra queste c’è il Terzo Valico: proprio qualche settimana fa un’opera accessoria del valico è crollata col maltempo, per fortuna senza vittime. Poi il tunnel Tav del Brennero, nonostante il governo abbia chiesto all’università di Innsbruck di verificarne l’effettiva utilità ai fini ambientali e tutti i modelli matematici applicati abbiano dato esito negativo.
Si snelliscono procedure per ottenere appalti, per costruire. Ad esempio: per molti interventi si esclude l’obbligo di autorizzazione paesaggistica del ministero dei Beni Culturali e sarà necessario riformularne il regolamento. Contro il dissesto non mette fondi e anzi prospetta commissariamenti. «Invece di spendere risorse per la grande opera di messa in sicurezza del territorio – spiega l’urbanista Paolo Berdini – con il decreto Sblocca Italia, il governo continua a favorire i gruppi di potere che controllano la Tav, il Mose e l’Expo».
Anche se nei 44 articoli è possibile contare 35 tra decreti e atti di altra natura necessari ad attuare le misure con riverbero più diretto per il settore delle costruzioni, gli effetti dello Sblocca Italia sul Paese che frana si vedono già a occhio nudo. Il ministero delle Infrastrutture si è già portato avanti sulla lista delle grandi opere da sbloccare, con un primo elenco di infrastrutture “cantierabili” per un valore di circa 1,7 miliardi.
«L’inizio dello scardinamento urbanistico ha come data i primi anni 80 e da allora non ci siamo ripresi più. Nasce in quel periodo un ribaltamento dei valori che mette al centro l’individuo, non la società: sono gli anni in cui le politiche neoliberiste e di deregolamentazione si sono diffuse e in Italia più che nel resto d’Europa. Risale a quegli anni il primo condono»: Vezio De Lucia è architetto e urbanista, tra l’altro ex assessore alla urbanistica della prima giunta Bassolino, a Napoli. Ha fatto scuola la sua variante di piano regolatore. «Faccio mie le parole di Petrini: ci saremmo aspettati che insieme alla rottamazione dei dirigenti il giovane Renzi portasse idee e approcci nuovi. Invece lo Sblocca Italia è medioevo puro. Procede nel disprezzo dell’articolo 9 della Costituzione, sulla tutela del paesaggio. La pianificazione oggi è inesistente».
Il pensiero del famoso urbanista si sostanzia con i numeri portati in Commissione Ambiente alla Camera da Bankitalia, dal Cresme e da Confindustria durante le audizioni: investendo un miliardo in grandi opere si creano 700 posti di lavoro. Gli occupati diventano 13mila se quel miliardo viene investito in piccole opere di mitigazione del dissesto. Oppure 17 mila, se i soldi sono investiti nelle energie rinnovabili. «Paradossalmente sarà la crisi a darci una mano – chiude il cerchio Martinelli – i progetti sono scritti e approvati ma poi queste opere devono essere finanziate e al dunque i soldi non ci sono».
Comitati e regioni sono pronti a impugnare la legge, anche davanti alla Corte costituzionale se serve. Ma certo, sempre che nel frattempo il cemento non abbia fatto troppi danni. E pioggia permettendo.
8 Commenti
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L’Italia è l’unico Paese al mondo dove essere “ambientalista” vuol dire opporsi alla costruzione di ferrovie che hanno lo scopo di levare camion dalle autostrade, nello specifico il nuovo tunnel del Brennero e il terzo valico dal porto di Genova alla pianura padana, integrato con l’Alptransit svizzero, che verrà inaugurato fra meno di due anni. Continuiamo così, facciamoci del male e soprattutto teniamoci i camion. gli Svizzeri, si sa sono stupidi cementificatori folli.
Caro Marco, tuttavia, avrai notato, l’articolo parlava principlamente di un’opera che non è la ferrovia, ma un’autostrada, di dubbia utilità. Sulla quale correrebbero, forse, i camion.
Parliamo allora della Orte-Mestre, alias Nuova Romea. Per la massima parte del percorso, da Orte a Ravenna, esiste già, come superstrada costruita molto male perché doveva essere gratis e ANAS non ha nemmeno i soldi per fare manutenzione, ci sono buche da terzo mondo. Soprattutto nel tratto appenninico equivale alla vecchia Salerno-Reggio Calabria e come quest’ultima va adeguata, innanzitutto ci vuole la corsia d’emergenza. A differenza della SA-RC diventerebbe a pedaggio, perché lo Stato non ha soldi e si deve ricorrere a quelli dei privati. A nord di Ravenna non c’è nulla, il traffico viaggia su una delle strade statali più pericolose del Paese e non capisco perché non si dovrebbe avere un’autostrada. Basta guardare Google Maps, sapendo che il nodo di Bologna scoppia, per capire che Roma, il sud tirrenico e tutto l’Adriatico meritano di essere meglio collegati con il Veneto e l’est Europa . Davvero pensate che tutto il traffico italiano debba invece passare attraverso Bologna?
Quanto ai camion, adesso passano o sull’Autostrada del Sole o sulla pericolosa statale, ma il loro numero non cambia. Se si vuole farli diminuire o ci si dà alla decrescita di Latouche o si potenziano le ferrovie, come hanno fatto Svizzera e Austria, che impongono di far passare le merci nei tunnel ferroviari che all’autrice non piacciono. Ricordiamo che, in ultima analisi, si tratta di dare alla penisola, al centro, al sud un collegamento adeguato con la parte di Europa che sta ad est dell’Italia. Se però si preferisce un sud eternamente arretrato lo si dica chiaramente.
Caro Marco, esempi recenti, come la Brebemi, imporrebbero qualche riflessione più pacata e numeri alla mano, anche perchè se tutta questa domanda ci fosse, l’equilibrio economico sarebbe più facilmente raggiungibile, senza norme ad hoc per defiscalizzazioni. Vedo almeno che ti sei tenuto lontano dalla questione Bonsignore-Carige: per quanto tu sia sviluppista e noi passatisti, intuisco che quella vicenda sia troppo eprfino per te.
Sulla BreBeMi si legge un mare di sciocchezze e non lo si legge per caso. Cui prodest? Facile intuirlo.
L’equilibrio economico di una infrastruttura va calcolato senza paraocchi e senza limitarsi ai pedaggi. Qual è l’equilibrio economico della gratuita rete autostradale tedesca, iniziata non da Bonsignore, ma proprio dallo zio Adolfo? Qual è l’equilibrio economico della Salerno-Reggio Calabria? Perché la stiamo rifacendo da capo? Non sarebbe stato meglio fermarsi a Eboli? Invece ci ostiniamo a privare Basilicata e Calabria della loro invidiatissima decrescita felice.
A margine, trovo sia molto rivelativa ed interessante questa affermazione dell’architetto, «L’inizio dello scardinamento urbanistico ha come data i primi anni 80 e da allora non ci siamo ripresi più. Nasce in quel periodo un ribaltamento dei valori che mette al centro l’individuo, non la società: sono gli anni in cui le politiche neo-liberiste e di deregolamentazione si sono diffuse e in Italia più che nel resto d’Europa. Risale a quegli anni il primo condono». Su cui due osservazioni, tra loro collegate, a) ormai la lotta all’orco cattivo delle fiabe – nel senso che è ricettacolo di tutti i mali, ma anche che esiste solo nella fantasia, sptutto in Italia -, ie il neo-liberismo, ha invaso le menti, travalicando i confini del discorso politico-economico, per raggiungere l’urbanistica, l’architettura e chissà che altro. Ciò è preoccupante; b) nello specifico, non si sa bene se neo-liberismo significhi qualcosa di simile ad “affarismo”, “crony capitalism”, “anything goes” alla maniera di un paese africano di warlord… di certo è una caricatura, ché non può parlare, che so, di UK dove esistono zoning law tra le più rigide in Europa, né degli Stati Uniti, dove c’è enorme variabilità locale, e New York non è certo Houston (per citare due casi molto noti e studiati al riguardo), e dove molte legislazioni locali – considerate troppo restrittive – ricevono fior di critiche da liberisti anche piuttosto moderati, se vogliamo dir così (si veda per tutti E.Glaeser, Triumph of the City). Evidentemente si ignora l’esperienza di quei paesi o veramente con liberismo si vuole dire = paese africano anarchico in preda alle lotte tra bande, ie per questi le istituzioni non contano nulla, il mercato non ne ha bisogno, bla bla bla. Come che sia, tale rappresentazione distorta della realtà rende sempre più difficile una disamina realistica delle vere ragioni dei mali italiani.
Come articolo sulla Orte-Mestre lo trovo molto interessante e documentato, laddove segnala gli intrecci Bonsignore-Carige-Lupi. Però mi trovo d’accordo con Marco: è pretestuoso farne un argomento di politica economica per affermare tout court che l’infrastrutturazione del paese sia solamente uno strumento di cricca affaristica, economicamente inutile e dannoso. Indubbiamente in Italia si fanno (male) un sacco di cazzate inutili o quasi ed è del tutto assente una politica dei trasporti sistemica ed assennata, ma illustrare un singolo caso, ancorchè fumoso, per affermare (senza argomentazioni di sorta) che Terzo Valico e Brennero fan parte della categoria è un sillogismo che non sta in piedi e che sa tanto di acchiappaconsensi
Caro Andrea, questo è un bel dibattito che, come sai, mi trova d’accordo nei cardini di fondo. Un ampio ragionamento sul terzo valico e la sua necessità è più che gradito, da queste parti. Se te e Marco volete costituire una joint venture infrastrutturale, già sapete dove pubblicare l’esito del lavoro :)