Agroalimentare

Dignità, protagonismo e libertà in un barattolo di pomodoro

26 Febbraio 2021

Da alcuni giorni è arrivato finalmente in distribuzione il pomodoro pelato “Riaccolto. La Terra della libertà” realizzato nelle campagne di San Severo (Foggia), totalmente etico, ossia libero, in ogni suo passaggio produttivo, da qualsivoglia forma di sfruttamento della manodopera agricola, risultato di un progetto che vede la sinergia tra braccianti agricoli africani, realtà agricole della capitanata e istituzioni pubbliche per lottare contro l’illegalità e il caporalato. E fin qui potreste dire: beh, sì una bella iniziativa, che va ad aggiungersi a pelati e passate di pomodoro e prodotti agricoli che già si trovano sul mercato e che sono stati realizzati senza fare ricorso al lavoro nero. E invece no. C’è qualcosa di diverso in questo pomodoro pelato etico a zero sfruttamento, qualcosa di peculiare che lo rende speciale rispetto agli altri: questa peculiarità si chiama “Casa Sankara”.

La foresteria di Casa Sankara (San Severo, Foggia)

“Casa Sankara” è una sfida coraggiosa e visionaria iniziata nel 2012 nelle terre della Capitanata e precisamente in località Fortore, in agro di San Severo, sui terreni abbandonati dell’ex-azienda agricola regionale, da un piccolo gruppo informale di migranti africani, che partendo letteralmente da zero, decidono di auto-organizzarsi per sottrarsi e sottrarre altri migranti come loro allo sfruttamento dei caporali e scommettono di poter creare, proprio su quei terreni abbandonati, dati loro in concessione dalla Regione Puglia, un luogo di dignità in cui vivere, alternativo al ghetto, in cui emergere dall’invisibilità e dall’illegalità, in cui progettare il proprio futuro lavorativo e di vita e lottare per i propri diritti e per la propria emancipazione. Quel luogo loro lo hanno chiamato “Casa Sankara” e lì, a distanza di più di otto anni, sorge oggi una foresteria che ospita più di 400 migranti africani seguiti e accompagnati, in un percorso di inserimento lavorativo e sociale, dal gruppo fondatore, che nel corso degli anni si è costituito in associazione denominata “Ghetto Out – Casa Sankara”. «Abbiamo capito che non dovevamo aspettarci aiuti, che dovevamo unirci tra noi, dimostrare ciò che sapevamo fare. Gli italiani non possono sapere chi sono, ma se io dico ascoltami, io sono questo, posso fare questo, allora posso rappresentare una risorsa e non uno che ha bisogno», mi ha raccontato una volta Papa Latyr Faye, senegalese, che vive a San Severo ed è il presidente dell’associazione.

Mbaye Ndiaye, referente di Casa Sankara, con i barattoli ‘Riaccolto’

In quella pianura del foggiano, distesa a perdita d’occhio, di terra color bruno intenso, suggestiva nella sua bellezza primaria e disarmante, fanno da contrappunto inaccettabile qua e là piccoli e grandi ghetti, un ammasso di baracche e degrado, una ferita per gli occhi e l’anima, organizzati ai margini dei siti di produzione agricola, in cui sono concentrati migranti stranieri utilizzati come braccianti agricoli. Si tratta di un vero e proprio ‘sistema-ghetto’, che persiste da decenni e che vede la convergenza e la saldatura tra fenomeni di marginalità ed esclusione a cui sono esposti gli stranieri che arrivano nel nostro paese da una parte e i fenomeni di illegalità, sfruttamento e caporalato dall’altra, che innervano il comparto agricolo coinvolgendo i diversi attori della filiera. Casa Sankara è nata per essere un luogo alternativo a tutto questo. Quando a maggio dell’anno scorso sono andata da loro erano impegnati con il progetto Riaccolto e stavano preparando tutto per la produzione del pomodoro: “tutta questa terra qui attorno – mi spiegò Latyr insieme all’altro importante animatore di questa realtà che è Mbaye Ndiaye, anche lui senegalese – verrà lavorata dai ragazzi di Casa Sankara, si tratta di ben 16 ettari. Siamo riusciti a costruire un partenariato pubblico e privato per un progetto di agricoltura etica e sostenibile che ci permetterà di mettere a frutto queste terre, assicurare lavoro ai nostri ragazzi ospiti e dare concretezza all’idea di autosufficienza di Casa Sankara. La Regione Puglia ci ha concesso di poterle lavorare e alcune aziende agricole del foggiano e del barese ci affiancheranno nel processo di produzione con un nostro marchio. Cominceremo i primi di giugno piantando i pomodori che poi raccoglieremo e trasformeremo”.

Papa Latyr Faye, presidente dell’associazione ‘Ghetto Out-Casa Sankara’

Il processo in questi mesi è andato avanti e Casa Sankara, con il supporto tecnico della Coop. Le due Palme e Conserva Italia ha realizzato il suo primo prodotto agricolo etico: il pomodoro pelato a marchio “Riaccolto”, 100% pugliese e 100% libero da sfruttamento. I primi barattoli sono stati presentati ufficialmente proprio a Casa Sankara a San Severo il 15 ottobre scorso, alla presenza del presidente delle Regione Puglia Michele Emiliano e di altre autorità locali e regionali. Coop Alleanza 3.0 e Legacoop Puglia hanno deciso di sostenere l’Associazione Ghetto–Out Casa Sankara e il suo progetto “Riaccolto” dando una mano importante nella distribuzione del prodotto e nella sensibilizzazione al suo acquisto. Hanno perciò inserito, proprio in questi giorni, i pomodori pelati di Casa Sankara nei loro punti vendita e catene distributive. Ora la lotta allo sfruttamento e al caporalato prosegue sugli scaffali dei supermercati e arriva sulle nostre tavole: possiamo decidere da che parte stare con la nostra scelta di consumatori e farci parte attiva nel sostenere Casa Sankara, che vuol dire sostenere la sua visione ‘differente’ di migrante, di accoglienza, di autonomia, di partecipazione al tessuto sociale ed economico del Paese Italia.

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La storia di Casa Sankara

 

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