Spreco alimentare: tutto il cibo che buttiamo in Italia
Ogni anno, nel mondo, circa un terzo del cibo immesso sul mercato viene perso o sprecato. Si calcola che siano circa 1,3 miliardi le tonnellate di cibo che dai campi finiscono direttamente nelle discariche. A fronte di una popolazione di quasi un miliardo di persone che soffre la fame e uno spreco incalcolabile di risorse naturali, acqua, energia, terra e lavoro.
Con le dovute proporzioni, questo paradosso economico, politico e sociale, si ripete in modo analogo anche in Italia. Per provare a contrastare tale fenomeno, dal 2010 la campagna europea Spreco Zero, promossa per la cura scientifica dal prof. Andrea Segrè (fondatore di Last Minute Market), porta avanti le priorità dell’educazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica, con lo scopo di prevenire e ridurre lo spreco alimentare.
Il 12 settembre a Roma è stata presentata la nuova campagna europea di Spreco Zero, che punta alla sensibilizzazione dei cittadini, delle istituzioni e delle imprese. Temi quali la questione del recupero e della donazione del cibo invenduto, i provvedimenti legati al packaging, le etichette, il progetto Family Bag – che rientrano nelle priorità della nuova normativa – sono stati al centro della campagna Spreco Zero in questi anni, sostenuti dai monitoraggi dell’Osservatorio Waste Watcher che studia l’evoluzione delle abitudini alimentari e le cause dello spreco alimentare domestico. Quest’ultima problematica risulta centrale nell’analisi dei dati che si riferiscono alla perdita di alimenti nel 2016.
Durante la conferenza stampa sono stati infatti resi noti anche i primi dati sullo spreco di cibo in Italia: a un anno dall’entrata in vigore della legge Gadda, la perdita alimentare nella sola filiera vale oltre 3,5 miliardi di euro, ovvero nei campi (quasi un 1 miliardo), nella produzione industriale (1 miliardo e 111 milioni) e nella distribuzione (1 miliardo e 444 milioni). Una cifra che tuttavia rappresenta solo 1/5 dello spreco totale, perché quello domestico corrisponde a circa 12 miliardi di euro, cioè quasi l’80% dell’intero spreco alimentare, che sommati ai precedenti raggiunge la notevole cifra di 15,5 miliardi di euro (quasi l’1% del Pil).
L’indagine è stata condotta sulla base dei test “Diari di Famiglia”, eseguiti dal Ministero dell’Ambiente con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari dell’Università di Bologna e con SWG, nell’ambito del progetto Reduce 2017. I dati scientifici dei “Diari di Famiglia”, condotti le scorse settimane su un campione statistico di 450 famiglie di tutta Italia, saranno resi noti nell’ambito di un convegno internazionale nel febbraio 2018, in occasione della 5^ Giornata Nazionale di Prevenzione dello Spreco alimentare. La quantificazione reale dello spreco domestico in Italia smentisce così le stime dei sondaggi semplicemente percettivi, che sono nettamente sottostimati.
Ma se i primi tre aspetti (agricoltura, produzione e distribuzione) sono stati in qualche modo regolamentati dalla nuova legge, per lo spreco domestico la situazione è più complessa e nebulosa, soprattutto perché acquisto e consumo ricadono nelle scelte individuali e familiari dei cittadini. È dunque alla sfera domestica, e in particolare ai più giovani, che si rivolge la campagna di Spreco Zero. Andrea Segrè spiega che «lo spreco alimentare è un tema su cui bisogna sensibilizzare innanzitutto i giovani, dai bimbi ai millennials della generazione Z, perché saranno loro a guidare il mondo. L’impegno attuato finora sta dando i suoi frutti: l’alimentazione è strettamente correlata ai processi produttivi sostenibili secondo il 66% degli italiani, e il 96% dei cittadini insegna ai figli a non sprecare. Ma lo spreco domestico vale i 4/5 della filiera dello spreco in Italia, molto lavoro resta da fare. Fra gli obiettivi prioritari di Spreco Zero permane la proclamazione di un Anno Europeo sullo Spreco alimentare, una questione globale richiede campagne capillari perlomeno a livello dei paesi UE».
Intanto, però, cresce fra i cittadini la sensibilizzazione sullo spreco: l’Osservatorio Waste Watcher informa che 7 cittadini su 10 sono a conoscenza della nuova normativa, e oltre il 91% considera grave e allarmante la questione spreco legata al cibo, mentre l’81% dei cittadini si dichiara consapevole che il cambiamento deve avvenire innanzitutto da se stessi e dalla propria famiglia. «Lo spreco si annida soprattutto vicino a noi – ha spiegato il responsabile scientifico di Reduce, Luca Falasconi – Il progetto ci permette di capire che proprio la quotidianità delle nostre azioni determina la produzione di spreco alimentare. Il frigo, la dispensa, e le mense scolastiche sono tra i principali luoghi dove ogni giorno cibo ancora perfettamente buono e sano inizia il suo percorso verso la discarica. Il progetto Reduce si è attivato a livello nazionale seguendo tre direttici principali: quella della ricerca, quella dell’educazione e quella della comunicazione. La comunicazione, attraverso la campagna Spreco Zero ha l’obiettivo di veicolare gli strumenti, i metodi e i risultati del progetto».
Per rendere più efficace la campagna di comunicazione è stato inoltre istituito un premio, “Vivere a Spreco Zero”, che grazie alla notorietà di un testimonial può raggiungere un numero sempre crescente di cittadini. Quest’anno il riconoscimento è andato al geniale disegnatore Francesco Tullio Altan, “per aver illustrato con fulminea incisività il paradosso del nostro tempo bulimico e sprecone, dando voce e matita, nell’ultimo decennio, ai temi dello speco alimentare, idrico ed energetico, e per aver così contribuito a sensibilizzare adulti e giovani, amichevolmente ma con straordinaria efficacia, intorno ad una questione tema centrale e ineludibile del nostro tempo”.
Ci auguriamo, dunque, che l’incisività e saggezza del buon Cipputi ci siano di aiuto per un consumo più attento e sostenibile.
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