Acqua

L’Utopia Sostenibile di Giovannini: l’economia verde è l’unica possibile

21 Settembre 2018

La discussione sul modello di sviluppo e la sua relazione complicata con la dimensione ambientale non sono certo una novità. Proprio nel 2018 si celebra il cinquantesimo compleanno del Club di Roma che ideò e commissionò al Massachusetts Institute of Technology il seminale rapporto “Limits to growth” pubblicato nel 1972 e ora liberamente disponibile online.

Da allora la consapevolezza sulla non sostenibilità a medio termine del modello di sviluppo imperante si è diffusa, portando le Nazioni Unite nel 2017 a definire una agenda di obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals, SDGs). Si tratta di 169 obiettivi quantitativi declinati su 17 temi che comprendono tra gli altri la lotta a fame e povertà, la diffusione di servizi sanitari ed educativi di base, la fornitura di acqua e di energia, la salvaguardia degli ecosistemi terrestri e marini.

Proprio a partire da questi temi Enrico Giovannini è intervenuto qualche giorno fa nel primo dei seminari organizzati presso la Centrale dell’acqua di Milano da MM e Fondazione Giangiacomo Feltrinelli dedicati proprio alla risorsa acqua e alla sostenibilità.

Giovannini, già presidente di ISTAT e ministro durante il governo Letta, è promotore e portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile oltre che autore di L’utopia sostenibile.

Nel suo intervento ha cercato di trarre un quadro unitario, mostrando come i vari obiettivi sono interrelati tra loro e che solo con un approccio sistemico (oltre che sistematico) è possibile affrontare le sfide che sono all’orizzonte: cambiamenti climatici, aumento della popolazione, riduzione delle risorse.

“Se non pensiamo il futuro il futuro ci coglierà impreparati” e quando non si è preparati al futuro “bisogna diventare molto bravi a gestire le emergenze: un primato che tutto il mondo riconosce al nostro paese”.

Ma cosa vuol dire pensare al futuro? Vuol dire entrare in un nuovo paradigma in cui l’economia verde non è un settore promettente ma l’unico capace di futuro. Tutti i settori industriali e tutti gli ambiti di consumo devono procedere a una conversione verso il modello di economia circolare.

Le ricette ci sono, i modelli funzionano, le buone pratiche sono note. Ma gli indicatori ci dicono che non raggiungeremo gli obiettivi al 2020. Quello che manca è la consapevolezza dell’urgenza (i cambiamenti climatici sono già in corso, ad esempio) e la capacità di definire una strategia complessiva a livello nazionale.

Come ha ricordato l’altra relatrice Enrica Chiappero Martinetti “Non è il libro dei sogni” ma serve un’azione coordinata di tutti: decisori, attori economici, cittadini.

E proprio a proposito del possibile ruolo dei cittadini, la professoressa dell’Università di Pavia ha ricordato di come in Bavaria qualche anno fa si è adottato un approccio innovativo per affrontare le esigenze di adeguamento di una rete di approvvigionamento idrico.

L’approccio classico avrebbe portato a realizzare nuove infrastrutture di raccolta, emungimento e distribuzione dell’acqua. Si è invece preferito coinvolgere i cittadini e utilizzare i fondi previsti per finanziare 120 partecipati dalla popolazione in una migliore gestione delle infrastrutture esistenti anche attraverso piccoli interventi di manutenzione. Oltre a una riduzione dei costi dell’intervento, il cambio di strategia ha costruito possibilità di lavoro per fasce deboli della popolazione, stimolando il lavoro volontario di altri cittadini, contribuendo al miglioramento del senso di comunità e dei legami sociali.

Come spesso succede, forse la linea più breve tra due punti non è la retta. E forse quello che serve è soprattutto smettere di dare per scontato quello che scontato non è.

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