Filosofia
Lo sconosciuto senso del limite nella società del controllo
Fissare un confine significa anche riconoscere una differenza, consacrare l’esistenza di un’alterità attraverso la regolamentazione del rapporto con essa.
L’anima ha confini (peirata) così remoti che non è dato raggiungerli; la sua misura (o ragione, secondo la complessa semantica del termine logos) è così profonda che è impossibile sondarne le estremità. Il frammento eracliteo suggerisce la fatica di un viaggio solitario alla ricerca di noi stessi, dei nostri limiti e del mistero che si apre dentro e al di là di noi: la profondità vertiginosa della nostra anima è resa con l’aggettivo bathús, che nella poesia epica è associato al fitto della nebbia o all’intrico di un bosco, tanto arduo è il cammino che viene intrapreso al suo interno.
Nel corso di tutta la storia umana è possibile vedere come i conflitti più accaniti sono quelli che non hanno un obiettivo. Questo paradosso, se letto con attenzione è forse una delle chiavi della storia. Quando c’è una lotta concernente un obiettivo preciso, ognuno può valutare questo fino a che punta vorrà impegnarsi. Coinvolgere, envolvement parola identica in francese ed inglese, non ha nulla a che fare col coin, soldo, o angolo ( si consulti il vocabolario coin cuisine) o il sine die latino, senza sosta. Ha piuttosto a che vedere con la parola “envelop” e significa “avvolgere, circondare; rendere nuvoloso o oscuro”, ma si può stendere sempre un velo pietoso su fatti incresciosi, ripetuti nel tempo, reiterati, ben programmati a tavolino?
Le forze umane finiscono per incontrare un limite, il termine a cui il greco ricorre per “confine” è horos, frontiera che separa due terre ma anche pietra che ne segnala concretamente il limite. Fissare un confine significa, infatti, anche riconoscere una differenza, consacrare l’esistenza di un’alterità attraverso la regolamentazione del rapporto con essa. Nel mondo antico il concetto di confine (in latino finis e limes/limen) occupa una posizione di assoluto rilievo. Esistono confini spaziali (la porta di una casa, le mura di una città, le frontiere di uno stato) confini metaforici (quelli dell’anima, per esempio) e altri legati alla sfera politica e religiosa (Horios/Terminus è uno dei numerosi epiteti che caratterizzano la sovranità di Zeus.
Un tempo, Greci e Troiani si massacrarono tra loro per dieci anni a causa di una donna, Elena. A nessuno di loro, tranne a Paride importava di Elena, che agli occhi di tutti costituiva il simbolo del vero obiettivo; il vero obiettivo, però, nessuno lo definiva e non poteva essere definito perché non esisteva. Per chi sa vedere, non esiste sintomo più angosciante del carattere irreale della maggior parte dei conflitti, per i nostri contemporanei, il ruolo di Elena è interpretato dalle parole. Provate a svuotare le parole di senso, svuotatele delle proprie radici, spogliatele delle loro valore, rendetele riflesso del vostro pensiero e ogni parola sarà una freccia( arrow) – preferisco non togliere la rutilante r –
Dalla sua prima comparsa in territorio italofono, nel 1945, il titolo Sense and Sensibility è stato tradotto innanzitutto con Sensibilità e Buon senso e poi, sempre più spesso, con Senno e Sensibilità, affermatosi per molti decenni. Persino per gli anglofoni di oggi le due parole hanno una sfumatura di significato diversa, talvolta sfuggente, tant’è vero che sono un costante oggetto di analisi negli studi su Jane Austen.
Non sono un’esperta linguista ma proverò a chiarire questa differenza.
Sense – Oggi significa innanzitutto senso, inteso come facoltà sensoriale (i 5 sensi, ad esempio), ma anche come facoltà mentale, sia nel significato di logica sia in quello di ragione: this makes sense, questo ha senso; you are out of your senses, sei fuori di testa. Ci sono il common sense (senso comune), il sense of humour (senso dell’umorismo), il sense of duty (senso del dovere), eccetera.
All’epoca di Jane Austen, era soprattutto senno, inteso come logica + pragmatismo, cioè l’applicazione della logica alle situazioni (ciò che ci circonda) ed al comportamento (come reagiamo a ciò che ci circonda). È una sfumatura, sì, ma c’è.
Come reagiamo a ciò che ci circonda? Ricordo di aver letto tempo fa un estratto di “Un giorno perfetto dei pescibanana” di Salinger, il protagonista della storia Seymour Glass è il marito di Muriel che è da poco ritornato dal fronte, ha combattuto la seconda guerra mondiale e ha tutti i sintomi del disturbo da stress post traumatico. Omofonia: say more glass. Glass, vetro. Se nessuno ve l’ha mai diagnosticata, considerate il fatto che potreste essere affetti dalla retinite pigmentosa.
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