Immigrazione
Buonismo vs Cattivismo: l’ItalExit è vicina?
In questi giorni molti stanno seguendo chi con preoccupazione, chi con un certo compiacimento, la linea dura portata avanti dal vicepremier Salvini in tema di Immigrazione.
Quello che molti si chiedono è dove porterà questa politica del “muro contro muro“: da una parte chi non accetta continui sbarchi, dall’altra chi sta dalla parte dei migranti e dice: “#fateliscendere“.
La preoccupazione sul tema dell’immigrazione e della xenofobia non è un argomento “caldo” solo in Italia.
Come si può vedere dall’immagine sottostante è una preoccupazione presente e sentita dalle popolazioni di molti altri Stati, sia UE che extra UE.
Secondo i dati raccolti da un’indagine Eurostat in Italia i migranti sarebbero pari a circa 1 su 7, mentre i migranti percepiti dalla popolazione sarebbero 1 su 4.
Sarebbe lecito domandarsi da cosa possa derivare questo gap tra reale e percepito.
Su questa percezione appare chiaro in ogni caso che una certa parte politica stia spingendo, da una parte alla ricerca del consenso e forse anche per distrarre l’opinione pubblica da altri temi, dall’altra basandosi tuttavia su un fondo di verità.
Quale?
Che per l’Italia non sia concretamente possibile accogliere e integrare da sola tutti i migranti, che l’Unione Europea (non in quanto tale, ma nella figura degli Stati membri che la compongono) abbia reagito negativamente alla strategia di Salvini, lasciando sola l’Italia, la quale si è consapevolmente isolata (ricordiamo che recentemente il Premier Conte ha firmato un accordo che sancisce la redistribuzione dei migranti solo su base volontaria degli Stati membri).
In altre parole gli Stati membri della UE hanno reagito alle minacce dei nostri vicepremier voltandoci le spalle, mentre d’altra parte la disumanità ha temporaneamente preso il sopravvento sulla pietà e compassione che in genere abbiamo per i disperati che sbarcano sulle nostre coste.
Forse finora questa compassione era stata presente perchè siamo stati immigrati anche noi non molto tempo fa e sapevamo bene dai racconti dei nostri nonni come ci si sente ad andare nelle miniere belghe o nelle fazendas brasiliane.
Il nodo su cui sembra infrangersi ogni tentativo di dialogo tra le due parti contrapposte pare essere l’ignorare o (per qualche caso isolato) ancor peggio irridere, il malessere dei tanti italiani che vivono da tempo una vita precaria e impoverita, dimostrando per il loro modo di vedere, più compassione per lo straniero: un fatto che va ad offendere la sensibilità dei poveri in Italia e che rispondono al motto: #primagliItaliani
Uscire da questo circolo vizioso è necessario.
Anzi, è prioritario se si vuole evitare una deriva autoritaria e conseguenze pericolose come l’Italexit.
Comprendere le ragioni dell’altro diventa una necessità imprescindibile dalla quale partire.
Perché è umanamente comprensibile che a una persona che sta male ed è esacerbata dall’insofferenza dire: “Guarda che c’è chi sta peggio di te, io solidarizzo con lui, tu non stai così male, te la puoi cavare” non predispone certamente nè alla comprensione nè alla solidarietà nei confronti del prossimo. Porta generalmente solo all’inasprirsi della rabbia contro gli altri.
Perché quando il disagio è grande minimizzare è deleterio.
La dignità di tanti italiani in difficoltà è da troppo tempo usurata dalla annosa crisi economica in cui versa il nostro Paese: questa non può e non deve essere calpestata, senza tuttavia per questo diventare insensibili o crudeli rispetto alla situazione di migranti (economici e non) disperati.
Basta buonismo, basta cattivismo.
È possibile? Sono convinta di sì, che si possa e si debba abbandonare questa contrapposizione, radicalizzata da più parti, che esacerba gli animi degli uni come degli altri: credo inoltre che questo compito spetti alle forze democratiche di centrosinistra; queste devono fare un bagno d’umiltà (mirabile sul tema di antirazzismo e xenofobia Gilioli su L’Espresso) e ascoltare le critiche costruttive di chi non la pensa come loro, ma nemmeno come Salvini, perché non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.
Se l’altro non ascolta occorre che lo facciano loro per primi.
Questo perchè come suol dirsi nel mondo del diritto:
“Qui potest facere ut possit condicioni parere iam posse videtur“.
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