Teatro

Teatro, la rabbia sotto il Vetro

Roma, l’orgoglio resistenziale del festival di Triangolo Scaleno falcidiato dai tagli. Milano: c’è D’Elia, Michela Lucenti a Bologna, Landi e Motta a Modena, giovane esordio a Genova, E.M Bertschy a Palermo e anniversario dei Sotterraneo a Firenze

15 Dicembre 2025

ROMA _ Anno assai duro quello che stiamo per lasciare alle spalle. Soprattutto per chi lavora a teatro e, con sacrifici compiuti in tutti questi ultimi dieci anni, ha costruito produzioni, scoperto e aiutato artisti e gruppi emergenti formando allo stesso tempo il pubblico. Soprattutto le cure per quest’ultimo, unite a una programmazione di eccellenza tra le migliori d’Italia, sono le preoccupazioni per Teatri di Vetro, festival che è presenza di rilievo da diciannove anni nella Capitale romana e che, nonostante tutti i risultati raggiunti e il punteggio guadagnato è stato “killerato” dalla Commissione ministeriale della cultura sul fronte dei contributi, per cui, caso unico o quasi in Italia, è stato dall’oggi a l’indomani, privato di risorse conquistate anno dopo anno. Guarda caso Teatri di Vetro, allestito da Triangolo Scaleno Teatro, condivide questo triste e miserabile record assieme ad un’altra eccellenza d’Italia che è il festival curato a Genova da Akropolis Teatro – appena conclusosi nei giorni scorsi, come sempre con un palinsesto di forte interesse e attualità -. Pure questo falcidiato dalla scure della Commissione e i cui criteri e le motivazioni continuano ad apparire incomprensibili. Ma sicuramente forieri di rabbia e malessere in uno dei comparti più delicati, quello culturale. Umiliati e all’improvviso in forte difficoltà, entrambe le manifestazioni hanno deciso di non abbassare le armi ma di continuare a lavorare anche dentro queste insormontabili difficoltà.

Colpiti (al cuore) ma non affondati” ha titolato nella sua nota, Roberta Nicolai, la direttrice artistica di Teatri di Vetro.

Alle spalle ci lasciamo mesi di tormento, umiliazione e incertezza. La bocciatura del Ministero, cieca e violenta _ ha detto Roberta Nicolai – ha tentato di cancellare vent’anni di vita artistica, gettando ombre pesanti sul futuro e portando le esistenze lavorative di molti e molte di noi sulla soglia dell’insostenibilità. Nonostante tutto, con una caparbietà di stampo antico, con la compattezza di un gruppo di lavoro e la vicinanza di una famiglia di artisti e artiste, scegliamo di presidiare ciò che ci è più caro: la ricerca, la ricerca, la ricerca”.

Fabiana Iacozzilli e Linda Dalisi con “Oltre-dall’altra parte della montagna” aprono il diario di lavoro di “Oltre”  con tutte le tracce tagliate fuori dalla creazione artistica (Foto Gianluca Pantaleo)

Passione e responsabilità insomma più forti di tutto. Nonostante gli ostacoli la rassegna di Roma è ripartita con i suoi diversi e articolarti step dedicati alla formazione e al decentramento (le anteprime al Teatro del Lido e allo Spazio Rossellini) per raggiungere infine il Teatro India dal 16 al 18 dicembre con la sezione dedicata alla scena come “Presidio di pratiche e di pensiero”. In questa area i processi creativi vengono accompagnati e documentati. Qui la scena diviene laboratorio, officina di creazione, assemblea di confronto, terreno di sperimentazione in cui si intrecciano pratiche artistiche e riflessioni teoriche, si costruiscono comunità temporanee che dialogano con il territorio e con il presente. “Presidio è anche un atto politico: difendere la ricerca artistica in un contesto che tende a cancellarla, rivendicare il tempo lungo della creazione contro la velocità produttiva, aprire varchi di pensiero per affrontare la complessità”.

In queste date gli artisti e le artiste di “Oscillazioni” scelgono l’azzardo di “smontare e decostruire le proprie composizioni, condividendo materiali di lavoro, nuclei performativi e tracce di ricerca. Lavorano all’interno di strutture sceniche ibride, che mescolano diari, materiali di studio e frammenti di ricerca. Da questi elementi nascono oggetti scenici che diventano dispositivi di relazione: convocano sguardi complici, interrogano il processo creativo, aprono spazi per il pensiero. La parte visibile della profondità dei processi è una pluralità di forme narrative che non mostrano una superficie ma espongono un’intimità.

Andrea Cosentino in “Esercizi comici di depensamento comunitario”, un”Trash Test”che  mette a nudo i punti di debolezza e ambiguità di un nuovo media come l’IA (Fotografia di Luca Del Pia)

Sei appuntamenti ogni sera a partire dalle 17 e fino alle 22 con una presenza importante di artisti _ alcuni presenza costante a Teatri di Vetro come Paola Bianchi, Alessandra Cristiani e Menoventi – altri al loro esordio accanto ad artisti già di successo e popolari come Andrea Cosentino. Si apre con Operabianco in “Analisi della Bellezza”, laboratorio che indaga su barocco e minimalismo. Fabiana Iacozzilli/Linda Dalisi con “Oltre-dall’altra parte della montagnae aprono il diario di lavoro e le tracce rimaste fuori dalla creazione di “Oltre”. Lucia Guarino, con “Contengo Moltitudini”, indaga la figura archetipica di Pulcinella. Andrea Cosentino propone “Esercizi comici di depensamento comunitario”, un happening-conferenza che gioca con l’AI per smontare senso e forma, trasformando il pubblico in complice di un crash test creativo. Celia/Macera presentano “Mechanè pneuma mode “Pneuma, performance e installazioni sonore che esplorano il rapporto tra organico e meccanico, corpo e tecnologia, fino alla sparizione dei corpi nello spazio installativo. Bartolini/Baronio con “Una finestra” affondano nel corpo poetico e artistico di Forough Farrokhzad, voce radicale della modernità iraniana, intrecciando parola e immagine per restituire la forza di una poetessa che ha trasformato la vita in gesto politico e poetico. Paola Bianchi con “EX” indaga la memoria corporea e le immagini che hanno segnato il suo percorso, tra archivio e processualità, mentre con Stefano Murgia apre “Werkstatt pathosmells, progetto di ricerca che mette in relazione odori, corpo e memoria, interrogando la performatività olfattiva. Simona Lobefaro e Lorenzo Giansante con “Boomerang” propongono un formato ibrido tra spettacolo e lecture partecipativa, dove la danza si costruisce in tempo reale grazie ai feedback del pubblico. Menoventi con “Veglia”trasforma il teatro in un rito comunitario, tra storie filosofiche, musica e giochi, per riflettere con ironia sul nostro tempo. Alessandra Cristiani con Tracce-Geynest under gore”ripercorre le figure corporee e le memorie di Geynest under gore, suo lavoro iconico nato dalle rovine di Sarajevo. Carullo/Minasi e Irida Gjergji con Asja Lācis- La donna che fa parlare la storia” ridanno voce a una figura rivoluzionaria che ha fatto del teatro un atto politico e poetico, attraverso un mosaico di frammenti e suoni. Michael Incarbone con Draunara” intreccia corpo e mito, evocando la leggenda mediterranea della Draunara come simbolo di caos e forza naturale.

Un momento di “EX”, coreografia ella danzatrice e coreografa Paola Bianchi, presentata tra gli spettacoli ospiti del festival “Teatri di Vetro” di Roma (Fotografia di Chiara Pavolucci)

Modena.

Tristano e Isotta” è il nuovo progetto di Virginia Landi, regista due volte finalista al Bando Registi Under 35 della Biennale Teatro di Venezia, e Tatjana Motta, drammaturga e sceneggiatrice vincitrice del 55° Premio Riccione per il Teatro, prodotto da Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale. A partire dal celebre mito letterario, lo spettacolo, in scena in prima assoluta al Teatro delle Passioni di Modena (in replica sino al 21 dicembre) si interroga sulle modalità con cui “raccontiamo l’amore oggi, accogliendo il pubblico in uno spazio dedicato all’ascolto, come si farebbe intorno a un fuoco”.

Con “Tristano e Isotta” le due teatranti indagano le relazioni sentimentali, dall’amicizia all’amore, sollevando diversi interrogativi: quali sono gli stereotipi artistici e culturali che influiscono sul nostro immaginario? Cosa rende un amore sovversivo? Possedere è sinonimo di amare? Perché da così tanto tempo raccontiamo questa storia?

Lo spettacolo inizia come un rito. Un gruppo di persone intorno a un fuoco, simbolico o reale, per ricordare, ascoltare e tramandare: come nella tradizione più antica del teatro.

I quattro interpreti, Giovanni Cannata, Marta Malvestiti, Cristiana Tramparulo e Riccardo Vicardi, entrano in scena e cercano di ricordare una canzone che hanno dimenticato. Fanno dei tentativi, improvvisano insieme una musica che diventa sempre più strutturata. Sono artisti, musicisti, cantastorie che “ricordano cosa hanno vissuto, come e chi hanno amato; sono i viaggiatori inquieti della storia, che attraversano confini, geografici e del tempo. I ruoli e i piani temporali si mescolano, lo spettacolo è il ricordo di una storia d’amore e attraverso la musica eseguita dal vivo si agisce nel presente quello che è stato nel passato, facendo emergere una narrazione polivocale”.

Una scena da “Tristano e Isotta” di Virginia Landi e Tatjana Motta di scena al Teatro delle Passioni di Modena con Giovanni Cannata, Marta Malvestiti, Cristiana Tramparulo e Riccardo Vicardi (Foto Luca Del Pia)

Milano

Stesse date anche per “Il ritorno del Piccolo Principe” di e con Corrado d’Elia in prima nazionale al Teatro Litta, ogni sera sino al 21 dicembre. Liberamente ispirato all’opera di Antoine de Saint-Exupéry con Chiara Salvucci e Flavio Innocenti narra del Piccolo Principe di ritorno sulla Terra a ottant’anni dal suo primo viaggio. “Ritrova un pianeta completamente cambiato, più rumoroso, più veloce, più fragile e scopre che l’aviatore non c’è più: ad attenderlo, nel silenzio di un deserto che resiste al tempo, c’è suo figlio, ormai adulto, che non ha mai smesso di sperare in quell’incontro”. L’opera non è una semplice riscrittura ma un nuovo capitolo: un racconto autonomo che dialoga con il classico più amato del Novecento e ne osserva il senso nel nostro presente. Il piccolo viaggiatore attraversa nuovi pianeti e incontra figure inedite, umane e animali, che “incarnano le domande, le contraddizioni e le speranze del nostro tempo. Il suo cammino si misura con i temi più urgenti della nostra contemporaneità, come la cura del pianeta, l’identità, il femminile, il bisogno di relazioni autentiche in un mondo dominato dalla velocità e dall’immagine”.

Al teatro Litta di Milano Corrado D’Elia presenta fino al 21 dicembre la prima nazionale de “Il ritorno del Piccolo Principe” con Chiara Salvucci e Flavio Innocenti (Foto di Lorenza Daverio)

Bologna

Al Teatro delle Moline fino al 21 dicembre (martedì giovedì. Venerdì e sabato alle 20,30 mercoledì alle 19 e domenica alle 17) va in scena “Giocasta” il nuovo spettacolo di Michela Lucenti, interprete in solitario con il cantautore Thybaud Monterisi nei panni di Edipo. Lo spettacolo si ispira a “Le Fenicie” il lavoro corale di Balletto Civile atteso al Teatro Storchi di Modena il 6 e 7 marzo 2026, e porta in scena lo sguardo femminile sull’orrore della guerra e la forza di una madre che cerca di ragionare con i propri figli per fermare la distruzione della civis.

In una Tebe contemporanea, Michela Lucenti racconta “la follia della stirpe di Edipo e il mito di una delle figure più affascinanti e contraddittorie della tragedia greca per esplorare la complessità del femminile e per interrogarsi sul legame tra potere, desiderio e destino”. Le musiche di Thybaud Monterisi, leader dei Mont Baud, dialogano con la “fisicità della coreografa e performer, amplificando le tensioni del mito e della contemporaneità”. In un presente distorto -così si legge nelle note allo spettacolo- si sviluppa la storia di un amore impossibile tra una donna matura e il giovane marito. Ispirandoci “alla straordinaria “La voce Umana” di Jean Cocteau per cui Il teatro realista sta alla vita come le tele del Salone delle Belle Arti stanno alla natura”, trasformiamo Giocasta, madre affascinante e contraddittoria della tragedia greca, in una donna anonima, protagonista di un racconto scaturito da una tensione poetica che emerge di fronte al dramma dell’amore, nella sua forma più pura e nella sua assoluta, tragica prevedibilità”.

Al Teatro Le Moline di Bologna va in scena “Giocasta” di Michela Lucenti di Balletto Civile, solitaria in scena con il musicista Thybaud Monterisi ispirata da Jean Cocteau. Fino al 21 dicembre (Fotografia di Andrea Macchia)

Genova

Nella Sala Mercato, in prima nazionale il 16 dicembre (e in replica sino al 23 dicembre) va in scena “Sputnik Sweetheart” tratto dal romanzo “La ragazza dello Sputnik” dello scrittore giapponese Haruki Murakami – è la nuova produzione del Teatro Nazionale di Genova.

Lo spettacolo segna l’esordio alla regia di Francesco Biagetti, classe 1997, diplomato alla Scuola del Teatro di Genova, così come Nicoletta Cifariello, Bianca Mei, Davide Niccolini, Alfonso Pedone, Federica Trovato, Dalila Toscanelli che compongono il Collettivo Aruanda piccola cellula di ex allieve e allievi della Scuola “Mariangela Melato” del Teatro Nazionale di Genova.

Portare in scena un romanzo come “La ragazza dello Sputnik”significa attraversare uno dei territori narrativi più enigmatici e delicati di Murakami afferma in una sua nota il regista Francesco Biagetti. “Un paesaggio sospeso tra solitudine e desiderio, tra concretezza quotidiana e dimensione onirica.
Per me questo romanzo appartiene a una dimensione intima e formativa: l’ho incontrato a tredici anni e ha modificato per sempre la mia percezione del mondo, della letteratura e dell’idea stessa di identità. Affrontare questa materia come compagnia ha significato attraversare due anni di lavoro in cui la memoria personale è diventata esperienza collettiva e l’immaginazione scenica e la drammaturgia hanno potuto stratificarsi con lentezza. Lo spettacolo è un attraversamento, senza cercare soluzioni né offrire risposte. Essenzialmente ho voluto restituire un omaggio o, meglio, un debito di gratitudine alla delicatezza con cui Murakami osserva le crepe degli esseri umani e alla ferocia con cui ci ricorda che ogni creazione, ogni relazione, chiede un prezzo”.

In prima nazionale alla Sala Mercato di Genova “Sputnik SweetHeart” di Haruki Mukarami, regia di Francesco Biagetti. Produzione nazionale del Teatro di Genova (Foto di Agnese Annibaldi)

Palermo

Debutta in prima nazionale il 17 dicembre alle ore 21.00 (replica il 18 dicembre alle ore 19.00) al Teatro Garibaldi “Campobello”, la nuova opera teatrale di Eva-Maria Bertschy, regista e drammaturga svizzera, in collaborazione con il regista maliano Abou Bakar Sidibé e l’attrice siciliana Daniela Macaluso

Prodotto da HERProductions (Zurigo) in coproduzione con Fondazione Studio Rizoma (Palermo), Prima Onda Fest / Genìa Lab Art Palermo, Theater Winkelwiese Zurigo,Schlachthaus Theater Berna, euro-scene Lipsia, in collaborazione con Arci Porco Rosso Palermo, “Campobello” inaugura la seconda parte di Between Land and Sea 2025, il festival che continua a esplorare le connessioni umane e culturali del Mediterraneo, tra teatro, politica e realtà sociale.

Dopo il debutto a Palermo, lo spettacolo inizierà una tournée internazionale, andando in scena il 15, 18 e 20 gennaio e il 5, 7 e 10 maggio 2026, al Theater Winkelwiese di Zurigo; il 20, 21 e 22 maggio 2026, al Schlachthaus Theater di Berna; dal 3 all’8 novembre 2026 all’euro-scene di Lipsia, e nel giugno 2027 al Wildwuchs Festival di Basilea. Il progetto nasce da oltre due anni di ricerca condotta da Eva-Maria Bertschy insieme allo Studio Rizoma nei territori di Campobello di Mazara e nella Sicilia occidentale, in dialogo con lavoratori stagionali, associazioni locali e realtà che operano sul tema delle migrazioni e del lavoro agricolo. “Campobello” esplora le zone grigie della legalità, le relazioni di potere e l’indifferenza istituzionale che si fa violenza quotidiana. “Con Campobello ho voluto scrivere una parabola contemporanea _ ha detto Eva-Maria Bertschy –“una storia che rivela come le strutture del razzismo e dello sfruttamento attraversino ancora oggi l’Europa. Campobello diventa il simbolo di un sistema che genera invisibilità e precarietà, ma anche il luogo in cui solidarietà e amore riescono a sopravvivere. Nel nostro spettacolo si intrecciano forme narrative e prospettive. Una siciliana, una svizzera e un maliano che da dieci anni lotta contro il sistema europeo di emarginazione: insieme raccontiamo una storia di incontri.”

L’attrice Daniela Macaluso e il regista regista maliano Abou Bakar Sidibé assieme in “Campobello”, opera teatrale di Eva-Maria Bertschy al debutto il 17 dicembre al Teatro Garibaldi di Palermo (Foto di Tito Pug)

Firenze

I Sotterraneo compiono venti anni d’attività. Per celebrare l’evento presenteranno la loro nuova performance “Time Capsule” al Teatro Florida venerdì 19 alle ore 21 (in replica l’indomani alle ore 21). Un evento unico che si inserisce nella tre giorni di festeggiamenti per il compleanno del gruppo, sempre al Florida – iniziativa che continuerà domenica 21 alle 19.30 e alle 22.00 con “Dj Show – Twentysomething Edition”, edizione ad hoc per salutare il doppio decennio della performance che fa ballare il pubblico all’interno di una drammaturgia. Una playlist di brani di ogni genere ed epoca viene intervallata da azioni rapide, testi brevi e visioni di passaggio con l’idea di mettere in campo un esperimento: divertimento e pensiero cognitivo complesso possono andare di pari passo? (info e prenotazioni: www.teatroflorida.it).

Time capsule” ripensa i 20 anni di lavoro del gruppo e il tempo storico che ha attraversato, giustapponendo scene dai primissimi spettacoli di Sotterraneo (“Post-it”, “Dies Irae”, “L’origine della specie”), materiali teatrali inediti, aneddoti di vita on the road, pensieri che accompagnano la compagnia da sempre e la lettura delle cartoline rilasciate al pubblico di dieci anni fa: “da quelle giocose e stralunate – firmate dai bambini di un tempo, oggi alla soglia dei 20 anni – a quelle che prefiguravano futuri distopici stranamente azzeccati, da quelle con richiami a un’attualità dal sapore ormai retrò a quelle che si chiedevano se Sotterraneo stesso avrebbe continuato a esistere”.

I Sotterraneo celebrano questi giorni a Firenze i primi vent’anni dell’attività teatrale. Per l’occasione presentano al Teatro Florida “Time capsule” (Fotografia di Clara Vannucci)

 

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