Finanza
La scalata a Mediobanca: “furbetti del quartierino” bis ? (parte 1)
Similarità e differenza tra le scalate del 2005 e le vicende attuali che toccano Mps, Mediobanca e le Generali.
Molti si interrogano oggi se la nuova stagione delle scalate bancarie, lungo l’asse Mps-Mediobanca-Generali, ci darà un’altra serie televisiva sui Furbetti del Quartierino. Le due storie sono molto diverse, così come i protagonisti. Ma alcuni dettagli tendono a ripetersi. La storia, dicevano i latini, è maestra di vita, e può essere utile ripercorrere le vicende attuali, comprendendo quali sono le similarità e quali le differenze. La storia del 2005 può insegnarci molto. E consentire di evitare errori molto gravi: per i soggetti coinvolti, e ancora di più per il Paese.
Nelle scalate del 2005 i “furbetti del quartierino” (cit. Stefano Ricucci) avevano il supporto di maggioranza ed opposizione, oltre che del Governatore della Banca d’Italia, all’epoca più potente di un Primo Ministro. Come aveva raccontato Ricucci ai magistrati sulla bicamerale della finanza: «Era un sistema moggiano». E il presidente della Consob, Lamberto Cardia, era molto attento alla posizione della politica, oltre che accusato di conflitti di interesse, ad esempio dall’Adusbef di Elio Lannutti, per la posizione del figlio Marco che aveva incarichi di consulenza con società vicine a Fiorani. Un sistema trasversale e coeso quello che supportava i furbetti del quartierino. Apparentemente impossibile da battere. Eppure crollò sotto i colpi di un’inchiesta che sorprese molti.
La vera svolta nelle scalate bancarie avvenne quando il presidente di Capitalia, Cesare Geronzi, oltre a scatenare Lannutti, prima riportò l’amico Gigi Bisignani e la tutta sua squadra dalla parte “giusta” della barricata e poi consigliò ad Alessandro Daffina, capo di Rothschild Italia, di far ingaggiare Guido Rossi da Abn Amro. Perché l’interessamento del banchiere romano a una vicenda che in fondo non lo riguardava direttamente? Forse perché Geronzi aveva capito che Ricucci & co. stavano cominciando a rastrellare azioni di Capitalia e quindi non si sarebbero fermati a Bnl e all’Antonveneta. Ad un certo punto vi fu anche l’episodio di spari in aria a Roma a segnare la tensione.
Guido Rossi, un gigante del diritto societario che nello scenario attuale manca, chiamò Cardia che fece spallucce. La telefonata successiva fu al procuratore Francesco Greco. E partì così l’inchiesta che portò alla defenestrazione del Governatore della Banca d’Italia, all’epoca più potente ed inamovibile in Italia di un primo ministro.
Veniamo ai giorni nostri. L’inchiesta è partita proprio per un esposto di Unicredit alla Consob per l’accelerated book building del 15% di Mps, a cui è seguito un esposto di Mediobanca per diffamazione, esposto che in realtà serviva a descrivere gli elementi di fatto che potevano provare un concerto. Un ruolo molto assertivo sulla vicenda, al contrario di quanto accadde nel 2005, lo ha avuto il presidente della Consob, Paolo Savo. Nelle sue considerazioni a giugno 2025 , Savona ha esplicitato il proprio disappunto per la difficoltà emersa nel perseguire l’ipotesi di concerto nelle scalate:
“Per le sanzioni da irrogare a seguito di violazioni di norme diviene più difficile svolgere la relativa attività a causa dell’orientamento che va emergendo nei processi civili, di estendere l’applicabilità del principio seguito dalla Magistratura penale di non accettare nei processi prove indiziarie prive di una ragionevole fondatezza delle accuse. Una mancata precisazione di questo aspetto potrebbe indebolire l’efficacia dell’attività di vigilanza e indagine della Consob, ad esempio sull’insider trading e sul concerto tra operatori”
L’inchiesta, rivelata da Lettera 43, che tutti si aspettavano venisse archiviata il 9 settembre 2025, è però proseguita. Evidentemente i magistrati hanno trovato elementi interessanti di riscontro per cui il 25 novembre hanno emesso un decreto per perquisizioni nei confronti di alcuni dei protagonisti delle scalate. Con l’occasione hanno segnalato diverse cose importanti:
1) Sono intervenuti dopo la realizzazione delle operazioni, così che nessuno può accusare le indagini di avere influenzato l’esito operazioni in corso. Chapeau.
2) Hanno indicato un ruolo attivo del Tesoro e forti divergenze nelle dichiarazioni tra i rappresentanti del Tesoro e i protagonisti delle scalate, specificando che non sussistono responsabilità del Tesoro in quanto tale. Differenze nelle dichiarazioni che avrebbero potuto implicare altre, ben più delicate iscrizioni al registro degli indagati. Ha chiaramente prevalso una logica di grande rispetto istituzionale.
In parallelo cosa accade? Il decreto legislativo recante attuazione della delega di cui all’articolo 19 legge 2024 n. 21 dovrebbe operare retroattivamente (favor rei) e rendere non obbligatorie e quindi penalmente irrilevanti le comunicazioni omesse. I giornali hanno dato grande rilievo oggi ad un parere Consob del 15 settembre e quindi antecedente rispetto all’intervento della Procura. La Commissione sembra avere un orientamento diverso dal Presidente. Il parere ritiene che non vi sia concerto, cosa su cui le altre autorità (Bce e Banca d’Italia/Ivass) sembrano convenire.
Gli insegnamenti delle scalate del 2005 di cui fare tesoro oggi:
1) L’arroganza non paga. La ragione primaria del crollo dei furbetti del quartierino è stata l’arroganza nel perseguire obiettivi eccessivamente ambiziosi con ridotta attenzione al rigore esecutivo, confidando sul notevole supporto istituzionale di cui godevano. Gli scalatori del 2025 non hanno un identico livello di supporto e comunque non hanno dimostrato sufficiente attenzione nelle modalità esecutive e nelle comunicazioni telefoniche poco accorte. Segno di eccessiva confidenza. Comprendere questo errore forse potrebbe aiutare nel limitare i danni conseguenti e per una conclusione più favorevole di questa vicenda.
2) Lo scontro frontale con i magistrati, che hanno dimostrato grande sensibilità e diplomazia, difficilmente paga. Chissà quali evidenze hanno già sui rapporti con le Autorità coinvolte che potrebbero sollevare dubbi sulla terzietà delle stesse o addirittura far emergere ulteriori ipotesi di reato che svuoterebbero di valore le considerazioni difensive utilizzate. Chissà quante altre evidenze troveranno in conseguenza dei sequestri. Un po’ più di prudenza gioverebbe, in ossequio al suggerimento di cui al punto precedente.
Lo strumento che ebbe efficacia risolutiva nelle scalate del 2005 fu il sequestro delle azioni di Antonveneta. Qui di sequestro delle azioni o di nullità di operazioni illecite non si è ancora parlato e spero che ne non se ne parli. Però in un’escalation del confronto non si può escludere nulla. E sarebbe estremamente dannoso perché potrebbe causare effetti collaterali difficilmente controllabili, complicando lo scenario o compromettendo il risultato sinora raggiunto, mettendo a rischio le società coinvolte.
Vi è una differenza fondamentale tra il 2025 ed il 2005 in termini di obiettivi degli scalatori e dei loro antagonisti, anche se in merito sinora poco si è detto, per ragioni poco comprensibili. Invece tante verità molto parziali sono state raccontate sulle ragioni retrostanti ciò che sta accadendo. Ma di questo parleremo nella prossima puntata.
– Fine prima puntata
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