Oltre 40 milioni di persone, nel giro di 5 giorni dalla pubblicazione – datata 26 ottobre 2024, agli sgoccioli della campagna elettorale per le elezioni presidenziali statunitensi – hanno seguito l’ultima puntata del podcast “The Joe Rogan Experience”, con ospite speciale il candidato alla presidenza per il partito Repubblicano Donald J. Trump. Nelle quasi tre ore di intervista “unedited” (cioè non editata) son stati toccati tutti gli argomenti fondamentali della storia e della politica di Donald Trump: dall’ingresso alla Casa Bianca, alla politica estera, agli avversari (o agli enemies from within, citando una sua recente dichiarazione), ma anche argomenti più pop come la vita extra-terrestre e la serie The Apprentice, e di come la NBC abbia provato a dissuaderlo da candidarsi a presidente nel 2016 per poter proseguire lo show.
Il tutto legato da una sottile linea rossa di “libertà dalla censura”, cavallo di battaglia dello stesso show, ma qualità che l’host Joe Rogan ha rilevato e celebrato anche in Donald Trump.
Facciamo un passo indietro. Joe Rogan è un comico, presentatore e marzialista statunitense, celebre negli ultimi anni per ospitare il podcast “The Joe Rogan Experience”. Creato nel 2009, il podcast di Rogan (su YouTube, il canale ha il nome di “Powerful JRE”) è riuscito a raggiungere l’apice degli show più seguiti di internet, arrivando anche ad essere considerato un canale in grado di influenzare l’opinione pubblica. L’intervista a Donald Trump giunge dopo molte altre interviste di successo – tra le più memorabili nell’ambito politico, Bernie Sanders e – lateralmente – Elon Musk. Tuttavia, l’ultima puntata con ospite l’ex Presidente, e ora candidato, Donald Trump spicca per numero e velocità di visualizzazioni in assoluto, con più di quaranta milioni di views nel giro di pochi giorni – un numero molto elevato, considerando che YouTube ha anche subito accuse di censura, per non aver reso facilmente reperibile il video integrale sul proprio sito. Lo stesso Joe Rogan avrebbe poi reso disponibile la puntata anche sul proprio profilo X, per ovviare al problema.
Nell’episodio, Trump non ha risparmiato commenti particolarmente accesi sui propri avversari, definendo Kamala Harris una persona di “basso quoziente intellettivo” (very low IQ), ma anche scagliandosi contro i consulenti di sostenibilità per imprese, accusati di cavalcare l’onda della paura del cambiamento climatico per arricchirsi, e contro alcuni suoi collaboratori per lo scorso mandato presidenziale, tra cui John Kelly, definito da Trump “un uomo debole”. Sulla stessa onda di Elon Musk con la piattaforma X, la supposta libertà di espressione “uncensored” (libera da censure) è stata sfruttata da Trump come cassa di risonanza del suo messaggio politico, anche aiutato dal fatto che il pubblico di Joe Rogan pare essere più vicino al mondo repubblicano che a quello democratico.
C’è però di più. Il podcast di Joe Rogan, assieme ad altri canali su internet, è seguito “per l’80% da uomini, di cui la metà è tra i 18 e i 34 anni” (Edison Research), un gruppo di elettorato sproporzionatamente giovane, e di genere maschile, a cui la campagna di Trump sembra puntare molto, come rileva la BBC. Si tratta dello stesso gruppo di riferimento per la sottocultura anti-woke, anti-liberale, con tendenze misogine, cosiddetta “manosphere”, che coinvolge giovani uomini che trovano in canali di comunicazione e informazione “alternativi” (come il podcast “The Joe Rogan Experience”) un outlet per poter esprimere il proprio disagio nei confronti della società contemporanea, andando oltre i supposti limiti imposti dalla “cancel culture”, e sfruttando l’illimitata libertà di espressione proposta da questo tipo di canali informativi e di intrattenimento.
In un ambiente politico altamente polarizzato, come quello statunitense di questi giorni, coinvolgere i propri gruppi di riferimento a livello elettorale con messaggi identitari parrebbe essere fondamentale per poter prevalere sull’avversario. Di ciò pare ne sia conscia anche Kamala Harris, anche’essa ospite di un podcast a inizio ottobre, chiamato “Call Her Daddy”, seguito in prevalenza da pubblico femminile, il cui tema centrale della puntata sono stati i diritti alla salute riproduttiva. Tuttavia, i 7 minuti di intervista hanno totalizzato un numero molto inferiore di visualizzazioni, contro le 3 ore di Trump: 700 mila contro 40 milioni, crescenti. Ora, la parola passa al candidato vicepresidente per il partito Repubblicano J.D. Vance, ospite di Joe Rogan nella mattinata di mercoledì 30 ottobre, mentre le elezioni si avvicinano ogni minuto di più.
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