Dalla storia infinita di Gennaro Sangiuliano, al premio ritirato da Giorgia Meloni dalle mani Elon Musk, la lunga estate delle divagazioni del governo italiano sembra non dovere finire mai. E invece è iniziato l’autunno che riporta al centro della vita politica il tema principale: i nostri conti pubblici. È una tradizione consolidata, ormai, scandita dai calendari delle scadenze europee e, già prima, dalle necessità della finanza pubblica italiana e delle leggi che la regolano. Entro la fine dell’anno bisogna predisporre il bilancio dell’anno che verrà, e dalla fine dell’estate – a parte le tante chiacchiere che occupano la bocca dei politici e dei commentatori – i pensieri che contano sono dedicati tutti quello. Quest’anno non fa eccezione: anzi. Quest’anno la questione è più importante e calda che mai.
Il perchè lo spiega un doppio, concomitante cambio: l’entrata in vigore di nuove regole di bilancio per i paesi membri, che sanciscono la definitiva chiusura dell’epoca pandemica e del relativo allentamento dei vincoli, da un lato; e l’arrivo di un nuovo commissario, il lettone Dombrovskis, noto esponente dell’asse politico-geografico del rigore, da sempre sospettoso rispetto ai paesi mediterranei e ai loro conti sempre in disordine. Il passaggio dall’epoca appena passata, nella quale a vigilare sui conti dall’Europa era Paolo Gentiloni, a quella che inizia, è raccontato nel dettaglio da Walter Galbiati, su Repubblica di oggi. In Italia qualcuno sperava che proprio oggi un aiuto sarebbe arrivato dall’Istat e dalla revisione dei dati economici degli anni scorsi. Le modifiche peggiorative e quelle migliorative sostanzialmente si compensano e – come ha detto il ministro dell’Economia Giorgetti – non cambia il quadro generale. Cambiano i nomi, e la nota di aggiornamento al DEF è sostituita dal PIano Stretturale di Bilancio, ma il quadro resta difficile, anche se continuiamo a parlare d’altro.
Il rapporto debito-pil, ricalibrato a ribasso di qualche punto, resta ampiamente sopra il 130% – peggiore d’Europa dopo quello greco – mentre le regole del nuovo patto di stabilità lo fissano addirittura al 60%. Il rapporto deficit-pil, similmente, è pari al doppio della media dell’era euro. Sono aridi numeri, pure statistiche, ma che condizionano la nostra vita più di quanto ancora abbiamo imparato a pensare, e più di quanto una classe politica intera vuole piegare, forse per paura che i cittadini – una volta compresa la questione – si chiedano e chiedano ai loro rappresentanti dove troveranno i soldi per far tornare i conti, per evitare le sanzioni europee e – cosa più grave, in prospettiva – la sfiducia dei mercati. Il ministro competente, Giancarlo Giorgetti, ha tenuto a rassicurare tutti, per quel che si può, spiegando che l’Italia si metterà da subito sui binari del rispetto delle regole di bilancio, e lavorerà per sistemare i suoi conti. Tassando di più le banche, dopo il disastroso tentativo dello scorso anno sugli extraprofitti, annunciato con clamore peronista da Salvini e finito in niente? Raschiando ancora il barile dei sussidi da tagliare, inclusi magari quelli agli indigenti veri? Assottigliando ulteriormente il welfare? Chi lo sa
Sanno tutti, a cominciare da lui, che l’impresa è improba, non tanto e non solo perchè è complicato ridurre deficit e debito senza far male alle tasche e alle vite di molti cittadini, specialmete i meno abbienti. Ancora più difficile, in un paese in crisi di sviluppo da decenni, è far crescere il pil, unico altro parametro fondamentale – appunto – per migliorare il rispetto dei parametri europei. Come detto altre volte, e come altre volte ci troveremo a dire, il problema è guardare i problemi di fondo del nostro paese, e provare a immaginare soluzioni credibili e realistiche per le questioni più spinose: industria, demografia, istruzione, integrazione con enti e reti sovrannazionali. Tutte questioni che riguardano il presente e il futuro, in un paese che – per età media e partecipazione elettorale – tende a guardare naturalmente più indietro che avanti. Tirando a campare: un po’ come fanno i governi, per scavallare le prossime elezioni. Quello in carica, francamente, non sembra proprio fare eccezione.
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