VICENZA _ Teatro Olimpico di Vicenza, si parte subito con un titolo e un teatrante di tutto rispetto qual’è Theodoros Terzopoulos. Un maestro, uno dei pochi in circolazione, in grado di condurre lo spettatore, allo stesso tempo, sulle soglie dell’inferno e quelle del paradiso. La rassegna dedicata al classico –77° Ciclo- nel magnifico Teatro Olimpico vicentino, curata dai fondatori delle Albe Ermanna Mointanari e Marco Martinelli, è al via il 20 e 21 settembre (alle ore 20) con la prima nazionale de “L’Oresteia” in arrivo direttamente da Atene dove ha debuttato lo scorso luglio al Festival Epidauro. Fondatore nel 1975 dell‘Attis Theatre e alla guida da più di un trentennio dell’International Committee of Theatre Olimpics, Terzopoulos -celebre in tutto il mondo per aver insegnato e diffuso un originale metodo di lavoro, fisico e rituale- è il numero uno in assoluto allo stato attuale nella interpretazione e allestimento del repertorio dei tragici del teatro greco. Dopo aver messo in scena i singoli episodi stavolta ha deciso di affrontare l’intera trilogia di Eschilo (l’unica superstite dell’intero repertorio classico greco). Così a questo proposito annota nelle sue note il regista greco: “Il mito dell’Orestea è pericoloso, appartiene al mondo dell’inconsueto e dell’ignoto, incute terrore perché rivela l’intrattabile, la violenza e le leggi più profonde che non possono essere domate. Clitennestra invita a “spezzarci” come nel momento della rottura dello specchio, affinché dai frammenti nasca una nuova immagine mentre le radici oscure del mito vengono preservate” venne rappresnetata per la prima volta nel 458 a.C. Nel bel mezzo di una battaglia politica che opponeva i democraticio agli oligarchi. Il testo di Eschilo è immerso in quegli umori del tempo, così simili incredibilomente a quelli attuali della nostra società contemporanea e approfondisce all’interno della tragedia i temi della trasformazione, della legge e della violenza.
“Ancora una volta -riflette Terzopoulos– ci poniamo la domanda ontologica fondamentale “qual è il senso?”, una domanda a cui non esistono risposte definitive, ma che ci spinge costantemente verso una ricerca sempre più profonda delle radici dei suoni, delle parole, della multidimensionalità dell’enigma umano e della ricostruzione di un nuovo mito” .
Questi gli interpreti: Evelyn Assouad (Cassandra); Anna Marka Bonissel; Elettra Niovi Charalambous; Nikos Dasis;Tasos Dimas; Sophia Hill; Ellie Iggliz; Kostas Kontogeorgopoulos (Oreste); David Malteze (Egisto); Dinos Papageorgiou; Aglaia Pappa (Atena); Savvas Stroumpos (Agamennone);Alexandros Tountas e Konstantinos Zografos nel ruolo di Pilade.
Questa edizione del Ciclo inaugurato lo scorso 1 maggio con una magistrale performance di Meredith Monk sarà diffusa nel territorio. Oltre al Teatro Olimpico interesserà anche la Basilica palladiana, il Teatro Astra e la Basilica Bertoliana attraversando l’intera città. Tema prescelto è quella del “Coro” inteso come “radice fondante del teatro”. Infatti come spiegano i due direttori artistici “nella parola “coro” i greci vedevano lo stretto intarsio tra parola, musica e danza, un’alchimia che rivela ancora oggi tutta la sua necessità ardente, moltiplicandosi nel nodo vita-scena del nostro contemporaneo agire. Al tempo stesso il coro è, fin dalle origini, lo specchio disvelante della polis: era composto, nell’Atene del V secolo, da migliaia di cittadini che non si limitavano a fare da “spettatori”, ma si ponevano quali interlocutori-artefici, misurandosi sulla scena insieme agli artisti dell’epoca, da Eschilo ad Aristofane. In questo senso il coro è sempre un gesto “politico”, oltre che poetico. Esso può assumere oggi le forme di una gioiosa “chiamata pubblica”, dove mescolare arte e vita, artisti e cittadini di varie generazioni per infuocarne lo sfuggente meccanismo prismatico”. In tutto saranno nove spettacoli, tre prime assolute, tre chiamate pubbliche e due cicli di incontri. Questi gli artisti protagonisti: Theodoros Terzopoulos, Alessandro Serra, Evelina Rosselli, Serena Sinigaglia, Giovanni Lindo Ferretti, Francesco Giomi, Abdullah Miniawy, Ndox Electrique, Serena Abrami e Enrico Vitali, Mariangela Gualtieri, Danio Manfredini, R.Y.F., Mara Redeghieri, Daniela Pes e, naturalmente, Ermanna Montanari e Marco Martinelli.
E proprio i due direttori artistici saranno i protagonisti del secondo appuntamento, quello del 26 settembre al Teatro Astra con l’azione corale della prima delle tre chiamate pubbliche in programma al Festival. Si tratta di “Purgatorio dei poeti” di Montanari e Martinelli, esito di un laboratorio che fra il 22 e il 25 settembre i due teatranti lavoreranno su alcuni canti di Dante dalla “Divina Commedia” e frammenti poetici di Emily Dickinson, Vladimir Majakovskij, Walt Withman e altri poeti. Secondo una pratica del Teatro delle Albe, la chiamata pubblica è un invito rivolto alla cittadinanza a “farsi luogo”, farsi “comunità, nell’epoca dei non-luoghi e della frantumazione del senso comunitario”.
Il 27 settembre al Teatro Olimpico,(in replica il 28 e 29), in prima assoluta “Il Canto di Edipo”, versione site specific di “Tragùdia”, il nuovo progetto artistico di Alessandro Serra, regista del popolare “Macbettu”. La messa in scena è stata pensata espressamente per il Teatro Olimpico di Vicenza, oltre che a pochi oggetti e ai costumi vedrà protagonisti i due elementi qualificanti il tragico: il canto e la danza. Regista, autore, artista visivo, fondatore della compagnia Teatropersona, Serra sceglie il “mito perfetto”, centrale nella riflessione teorica di Aristotele come in quella di Sigmund Freud, partendo da un assunto: “la tragedia è un’arte fortunata, perché gli spettatori conoscono l’intreccio già prima che il poeta lo racconti”. Da questa premessa Serra si interroga su come si possa ricostruire oggi “quella forma di sapere collettivo e in che lingua, che non sia ostile e concettuale ma musicale, istintiva e sensuale. Sceglie non l’italiano che abbassa il tragico a fatto drammatico ma il grecanico, l’antica parlata greca di una striscia di terra della Calabria e della Sicilia, per concentrarsi su una molteplicità di questioni che riguardano la condizione umana, il rapporto con la Polis e con la dimensione del Sacro. Accompagnando lo spettatore nello stesso percorso di Edipo, così come narrato da Sofocle, dalle macerie al ricongiungimento con gli Dei”.
Un’altra prima assoluta, il 5 ottobre, sempre al Teatro Olimpico: “sdisOrè”, ovvero l’Orestea riscritta da Giovanni Testori, interpretata da Evelina Rosselli, co-fondatrice insieme a Caterina Rossi di Gruppo Uror che ne firma la regia. La potenza della lingua di Testori è la chiave per un’”Orestea” capovolta, “dai toni dissacranti, erotici, crudi e ironici”. In scena una sola attrice nella funzione di narratore e incarnazione di quattro maschere che sembrano fatte di pelle umana. Maschere indossate da Evelina Rosselli per ridare vita a Elettra, Oreste, Egisto, Clitemnestra, trasmutando di volta in volta la propria voce per indagare quattro universi sonori completamente differenti.
Il 6 ottobre si cambia di location: la Basilica Palladiana ospiterà infatti la seconda delle chiamate pubbliche previste, che tira in ballo il concetto rituale di festa. “FESTA SILENZIO Azione di improvvisazione creativa per una comunità di performer” è il titolo del progetto curato da Francesco Giomi, compositore, performer, regista del suono e docente di musica elettronica, nonché direttore di Tempo Reale, il centro fiorentino di ricerca, produzione e didattica musicale. La performance sarà la restituzione di un laboratorio che si svolgerà nei giorni precedenti con il coinvolgimento di un ampio numero di musicisti del territorio vicentino che alla Basilica si esibiranno in una serie di improvvisazioni attorno a un “rito-partitura” prestabilito: una pratica giocosa di comunità, un momento di condivisione di un senso profondo dell’ascolto. Al centro del progetto il concetto di silenzio, partendo da una specifica domanda: cosa significa “silenzio” in musica? “In un tempo di chiasso e rumore incontrollato, diventa necessario ricercare il silenzio, così come ascoltare in una maniera nuova” afferma Giomi che sottolinea: “L’esplorazione sonora del concetto di quiete, in un ambito collettivo e festoso, ha l’obiettivo di raggiungere un grado di consapevolezza sull’importanza di ogni segnale musicale, anche il più piccolo e isolato, così come di esplorare i concetti di attesa e di attenzione alla bellezza del suono”.
Si torna al Teatro Olimpico l’11 ottobre per la terza e ultima chiamata pubblica: “Pluto. God of gold” di Marco Martinelli con gli adolescenti di Pompei, Torre del Greco, Castellammare di Stabia, Torre Annunziata e Vicenza. “Pluto” è l’ultima commedia delle undici superstiti che ci restano di Aristofane, incentrata sulle contraddizioni della polis, a partire dall’iniqua distribuzione delle ricchezze. Pluto è infatti il dio della ricchezza, che dona ai corrotti e agli ingiusti perché è cieco. Il contadino Cremilo lo cura e gli restituisce la vista, riportando così la giustizia sociale ad Atene. Martinelli lavora sul testo antico mettendolo in relazione con le improvvisazioni vitali e scatenate di 60 adolescenti dell’area metropolitana di Napoli e della città di Vicenza. Lo spettacolo fa parte di “Sogno di volare”, un progetto quadriennale (iniziato nel 2022) del Parco Archeologico di Pompei in collaborazione con Ravenna Festival che vede il fondatore delle Albe lavorare su quattro commedie di Aristofane con oltre trecento adolescenti dell’area vesuviana. Un progetto in diretto collegamento con la “non-scuola”, pratica teatral-pedagogica fondata nel 1991 insieme a Ermanna Montanari. “Sogno di volare”, ha incantatodi recente a regina del pop Madonna, che in occasione di una sua recente visita a Pompei ha avuto modo di assistere proprio a “Pluto. God of gold” e ha deciso di finanziare direttamente la prossima edizione del progetto nato dall’incontro fra Martinelli e il Direttore del Parco Archeologico di Pompei Gabriel Zuchtriegel.
Il 15 e 16 ottobre ancora al Teatro Olimpico è la volta di “Elettra”, regia di Serena Sinigaglia che riparte dalla tragedia in atto unico scritta ai primi del Novecento dal poeta e drammaturgo viennese Hugo von Hofmannsthal, andata in scena per la prima volta nel 1903 con la regia di Max Reinhardt e dedicata a Eleonora Duse. La visione di Serena Sinigaglia viaggia “fra le origini del mito in Eschilo e il vivace contesto culturale della Vienna a cavallo fra Ottocento e Novecento”, passando per le riscritture di Sofocle, Euripide e Marguerite Yourcenar, per concentrare l’attenzione su temi come il patriarcato, il rapporto fra i generi, il diritto all’autodeterminazione, il limite tra legge umana e legge naturale. Lo spettacolo è presentato in collaborazione con il Teatro Stabile del Veneto.
Performance fuori schema è sicuramente quella che vede il 18 ottobre sul palco del Teatro Olimpico, il cantautore e scrittore Giovanni Lindo Ferretti, tra i fondatori dei CCCP e dei Csi, che in prima assoluta presenterà “in cadenza, percuotendo moltitudine” . “Un antico palcoscenico in ardita prospettiva urbana…echi biblici…ritualità in forma di teatro…”.
Infine, al Teatro Astra il 19 ottobre a partire dalle ore 21 avrà luogo la “Notte delle voci”, un’ode “collettiva alla verticalità della notte, una catarsi festosa che scaturisce da forme sonore diversissime e da una molteplicità di canti, ognuno con una propria melodia”. A guidare il pubblico “artisti-viandanti” di profilo, come Mariangela Gualtieri, poetessa e drammaturga, co-fondatrice del Teatro Valdoca, e Danio Manfredini, attore, autore, regista teatrale, tre volte Premio Ubu. Ci sono poi la lunare cantante e musicista sarda Daniela Pes, Targa Tenco per “Spira” l’album prodotto da Iosonouncane; la cantante Mara Redeghieri, artista che ha segnato gli ultimi trent’anni di musica italiana a partire dai suoi esordi con gli Üstmamò; Francesca Morello aka R.Y.F. (Restless Yellow Flowers), voce sovversiva e dance punk della comunità queer, già al fianco dei Motus; il cantante, compositore, musicista, attore e scrittore egiziano Abdullah Miniawy, icona di una gioventù̀ egiziana in lotta per la libertà e la giustizia; il collettivo Ndox Èlectrique guidato da François R. Cambuzat e Gianna Greco, “sciamani di una trance di resistenza anti-coloniale, e la poliedrica cantante alt-rock Serena Abrami con Enrico Vitali, già al fianco di Ermanna Montanari e Marco Martinelli nel progetto “Don Chisciotte ad ardere”.
Il programma del 77° Ciclo di Spettacoli Classici si completa infine con due progetti seminariali a Palazzo Cordellina: “Parlamenti d’Autunno” a cura di Marco Sciotto e “Illusioni perdute? – cinque disputazioni sulla critica teatrale e l’arte scenica oggi” a cura di Massimo Marino.
“Parlamenti d’Autunno” è un ciclo di quattro appuntamenti lungo l’intero arco del festival, aperti a tutte e tutti, pensati come occasioni di dialogo e confronto con artisti e studiosi intorno alle differenti forme in cui si riconfigura l’idea di “classico” attraverso le arti visive e performative, la letteratura, l’archeologia e l’architettura e arti performative, per assumere, nel contemporaneo, nuove configurazioni di senso e di pratiche. Parteciperanno: Igort (autore anche della grafica del festival) Theodoros Terzopoulos, Andrea Porcheddu, Enrico Pitozzi, Daniela Sacco, Nicola Samorì, Federico Ferrari, Gabriel Zuchtriegel, Franco Masotti, Patrizia Basso, Andrea Tagliapietra, Caterina Piccionei e Andrea Cortellessa.
“Illusioni perdute”, infine, in programma il 28 e 29 settembre sempre a Palazzo Cordellina, è occasione di approfondimento teorico che parte da alcune domande precise: la critica, quasi scomparsa da giornali e riviste generalisti, sembra rinascere online. In quale modo? Con quanti e quali problemi? In cinque sessioni sviluppate nella forma medievale della disputatio – L’illusione critica, L’illusione alternativa, L’illusione militante, L’illusione morale e L’illusione teatrale – si confronteranno Anna Bandettini, Walter Porcedda, Gianni Manzella, Andrea Pocosgnich, Graziano Graziani, Laura Mariani, Rossella Menna, Andrea Porcheddu, Antonio Attisani, Alessandro Toppi, Maddalena Giovannelli, Maria Nadotti, Roberta Ferraresi, Lorenzo Donati e Attilio Scarpellini.
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