Partiti e politici
Le pagelle 2024: stravince il popolo dell’astensione, e Giorgia Meloni
Il vero vincitore del 2024, ancora più degli anni precedenti, è senza ombra di dubbio lui. L’astensionismo. È il partito degli arrabbiati, dei delusi, di destra e di sinistra, che guarda con disinteresse quando non con insofferenza ai partiti. Ed è destinato a crescere…
Appuntamento di fine d’anno con le consuete valutazioni sull’operato delle principali forze politiche e dei loro leader nel corso dell’anno che sta per chiudersi. Un 2024 se vogliamo ancora più drammatico di quello precedente, con nuovi-vecchi conflitti che continuano a infestare il pianeta senza soluzione di continuità e, allo stato dei fatti, con speranze sempre più ridotte di arrivare in tempi non biblici alla loro risoluzione.
L’elezione più o meno democratica di leader dispotici e aggressivi (dalle Americhe fino all’Asia passando per Europa e Africa) avvalora l’idea diffusa che il mondo intero, in generale, e l’occidente, in particolare, stiano imboccando una strada dove la convivenza pacifica tra i vari popoli appare una sorta di araba fenice che si allontana giorno dopo giorno.
Una situazione di costante malessere che si aggiunge ai precedenti problemi ancora lungi dall’essere risolti: da quelli socio-sanitari a quelli migratori, da quelli economico-occupazionali a quelli relativi alla vita delle donne, sempre più calpestata, al di là dei vani proclami generalizzati. Unica nota positiva nel nostro paese, confermata anche quest’anno, la presenza di un governo comunque stabile, benché inviso almeno alla metà della popolazione, e finalmente espressione di un voto popolare.
Un governo che può piacere o non piacere ma che, dopo 11 anni esatti di esecutivi di larghe intese o di unità nazionale o di protagonisti che fino a poco tempo prima erano fieri antagonisti, sta tentando di ridare un senso un po’ più compiuto ad una democrazia basata sulle scelte degli elettori e non (soltanto) dei partiti e dei politici.
Anche se, come qualcuno giustamente sottolinea, questo governo non rappresenta realmente la maggioranza degli italiani, perché tra astensioni e schede bianche da una parte e voti ai partiti dell’opposizione dall’altra, la quota di elettori che ri-voterebbe Giorgia Meloni e i suoi partner non supera nemmeno il 25%, una quota inferiore dunque ad un quarto degli italiani. Cosicché, il governo diventa espressione di una minoranza molto simile, ad esempio, ad un eventuale doppio turno elettorale, da tanti vituperato proprio per questo, dove si reca alle urne soltanto uno sparuto 35-40% di cittadini.
Già, perché il vero vincitore del 2024, ancora più degli anni precedenti, è senza ombra di dubbio lui. L’astensionismo. Alle elezioni europee, come si sa, la partecipazione non ha superato la quota fatidica del 50%, per tacere delle amministrative, ed è stata la prima volta nella storia italiana che in elezioni nazionali si andati sotto a quella soglia fatidica. Nelle stesse elezioni politiche l’astensione stimata vale già oggi più del 40% dell’elettorato, e il dato inedito è senz’altro il fatto che anche nei sondaggi gli intervistati non si “vergognano” più di dichiarare la propria alterità al voto.
È il partito degli arrabbiati, dei delusi, di destra e di sinistra, che guarda con disinteresse quando non con insofferenza ai partiti. La maggioranza degli italiani non si aspetta nessun miglioramento dalla politica per la propria condizione, non importa chi governa. E la domanda che noi studiosi ci poniamo, e che sfocerà in un nostro prossimo sconfortante libro, non può che essere la seguente: “perché mai la gente dovrebbe ancora prendersi la briga di andare a votare?”.
Ma veniamo dunque infine, all’interno di questo quadro un pochino triste, alle pagelle delle formazioni politiche, iniziando quelle in fondo alla classifica.
Azione e Italia Viva: voto 4/5
Dopo la quasi-farsa della lista unica alle politiche, con un conseguente cammino comune durato veramente poco, e le strane alleanze – un po’ casuali, senza alcun piano strategico – nelle consultazioni elettorali più recenti, le innocue posizioni di Calenda e Renzi non hanno provocato alcuna scossa nella politica italiana o nell’elettorato – forse in questo caso avrebbe ragione Moretti: si noterebbero di più se non ci fossero del tutto… La verità è che con le loro scaramucce Renzi e Calenda hanno conquistato paginate sui giornali, non hanno inciso però politicamente. Un centro che non è mai decollato.
Movimento 5 stelle: voto 5
Il comportamento è sempre un po’ ondivago e incerto, ed è stato quest’anno improntato più sulla risoluzione dei conflitti interni che sul loro ruolo nella politica italiana. Nonostante qualche scelta di campo più solida e, per certi versi, più coerente (salario minimo, no all’invio di armi), il M5s non riesce nemmeno più a beneficiare appieno del retaggio di gradimento al suo leader Giuseppe Conte. Senza una proposta politica chiara improntata su alcuni temi-chiave (tipo la transizione ecologica, energetica e digitale), rischia di perdere gran parte del suo elettorato in favore del Pd.
Lega: voto 5
La tattica del mix partito di governo/opposizione di governo funziona solo a tratti, così come l’idea di Lega Nazionale. Il partito continua a reggersi sulla antica linea padana e i suoi governatori, senza riuscire a trovare a livello nazionale una sua più precisa identità soprattutto nel confronto a destra con Fratelli d’Italia. E la presenza di Matteo Salvini, nonostante la sua assoluzione giudiziaria, pare ormai più un fardello che una risorsa, ritrovandosi spesso con consensi che la relegano in terza posizione tra i partiti di governo.
Forza Italia: voto 6/7
Dopo il lieve declino di consensi dello scorso anno, dovuto alla scomparsa di Silvio Berlusconi, con la guida di Antonio Tajani ha ritrovato soprattutto in Europa una sorta di linea coerente, europeista e popolare, ribadendo il suo appoggio di fondo alle diverse coalizioni di governo, ma in autonomia, rifiutando spesso il ruolo di “partito per tutte le stagioni”. A dispetto delle previsioni della vigilia, insomma Tajani sta funzionando, la sua figura istituzionale di ministro degli esteri premia anche il partito, capace di evitare la possibile minaccia proveniente da altre forze centriste.
Partito Democratico: voto 7-
Dopo il cambio apicale, con l’avvento di Elly Schlein pare aver imboccato una strada più coerente e di maggior chiarezza nei programmi e nelle sue parole d’ordine: proposte più comprensibili e capaci di coinvolgere, in futuro, le classi subalterne oggi più vicine alle destre – resta certo il partito dei diritti, ma in maniera più sfumata, per paura di non essere compreso fino in fondo e di essere apprezzato unicamente dai cosiddetti “vincenti della globalizzazione”.
Verdi/sinistra: 7
Grazie ad alcuni comportamenti ed atteggiamenti decisi e a volte radicali, sono stati capaci di diventare un punto di riferimento importante e vivace nel dibattito pubblico, con prese di posizione e scelte di reclutamento elettorale (Salis, Lucano) condivise da una quota piuttosto significativa di elettorato. Nonostante non riescano a “cavalcare” appieno la costante emergenza energetico-climatica, da una parte, e quella economico-occupazionale, dall’altra, sono certo usciti dal limbo degli scorsi anni, quando al contrario brillavano – come molta sinistra anche internazionale – per la mancanza di proposte e di incisività politica.
Fratelli d’Italia: voto 8
Voto medio tra la sua leader Giorgia Meloni -nove- e una dirigenza che a volte lascia a desiderare. Uscito come il vero trionfatore delle elezioni politiche, anche in quelle europee e in molte amministrative, il partito conferma una tendenza nettamente positiva negli orientamenti di voto. Con un comportamento coerente e meno urlato in Europa e maggiormente legato alle sue parole d’ordine più tradizionali in Italia, sembra aver trovato un mélange che funziona, avvicinandosi sempre più a diventare una forza solida e di riferimento per questa e, a meno di improvvise defaillance, probabilmente anche per la prossima legislatura.
E, da ultimo, molti auguri di buon anno!
Università degli Studi di Milano
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