Partiti e politici
A che pro? Lettera aperta alla minoranza Pd
Tra meno di due mesi il Congresso del Pd si sarà concluso.
In questo brevissimo tempo si costruirà la sfida tra i candidati Renzi, Orlando e Emiliano: secondo i sondaggi non ci sarà partita, perché l’ex Segretario gode di un consenso superiore al 60% mentre gli altri due si spartiscono, quasi alla pari, il restante 40%.
Da ex attivista e votante all’ultimo Congresso, quello del 2013, mi chiedo cosa spinga oggi i dirigenti, gli iscritti e gli elettori che non si riconoscono in Renzi a partecipare al confronto congressuale. Anche allora il “mio” candidato era dato in netto svantaggio rispetto al favorito; ma c’era la speranza che, a primarie concluse, il nuovo Segretario avrebbe collaborato lealmente con le minoranze, come si conviene in un partito che osa definirsi “democratico”.
Poco più di tre anni dopo, quella speranza mi sembra impossibile da coltivare. Lo stile del Segretario uscente è stato esattamente opposto, volto a cooptare di volta in volta pezzi di correnti interne offrendo posti di potere in cambio di una fedeltà cieca e assoluta; chi non si è allineato è stato lasciato ai margini, deriso, disprezzato e invitato ad andarsene – salvo poi venire colpevolizzato a posteriori quando lo ha fatto per davvero.
C’è poi, non meno grave, il problema della linea politica. Nel 2013, la mozione Renzi era piuttosto povera (una trentina di pagine gonfie di retorica), ma conteneva alcuni elementi abbastanza condivisibili: l’intenzione di condividere con i docenti la riforma della scuola, di rivoluzionare i centri per l’impiego e la formazione professionale, di promuovere una legge sulla rappresentanza sindacale, eccetera eccetera. C’erano anche cose meno entusiasmanti, come il proposito di recuperare voti dal centrodestra: ma si poteva sperare che l’obiettivo venisse perseguito senza arrivare a replicare le politiche dell’ “altra parte”.
Oggi, dopo tre anni di governo Renzi, abbiamo la certezza che gran parte delle buone intenzioni della mozione erano propaganda: abbiamo visto il Partito Democratico realizzare la ri-abolizione dell’Imu, cara a Berlusconi; un decreto (“Sblocca-Italia“) a favore di asfalto, inceneritori e nuove trivellazioni, lodato da Lupi; una riforma della scuola ispirata dai suggerimenti della Treellle; l’abolizione dell’art.18 a lungo auspicata da Sacconi; una riforma costituzionale e una nuova legge elettorale molto simili a quelle approvate dal centrodestra quando era al governo; un approccio via via più securitario al tema dell’immigrazione, culminato con il decreto Minniti, per citare solo i provvedimenti principali – abbiamo cioè visto l’esecutivo guidato dal Pd appiattirsi sulle politiche del suo alleato Ncd.
Chiedo quindi agli esponenti, iscritti e elettori della minoranza, soprattutto quelli più critici con Renzi (alcuni con toni e argomenti davvero forti): cosa vi induce a partecipare al Congresso, impegnandovi a sostenere lealmente il prossimo Segretario per i quattro anni seguenti?
Credete forse che Renzi, qualora venga rieletto, cambierà il suo stile decisionista e la sua linea politica di “sfondamento a destra”? Io sono profondamente scettica: se neppure la sconfitta del referendum costituzionale è bastata a consigliargli un minimo di autocritica, non vedo come potrebbe riuscirci una facile vittoria al Congresso…
O siete forse convinti che, in poche settimane, uno dei suoi due competitors riuscirà a accrescere i suoi consensi fino a rendere necessario il ballottaggio e poi a vincerlo? Anche in questo caso, davvero credete che l’ex renziano Emiliano o il guardasigilli dell’esecutivo Renzi cambierebbero radicalmente la linea politica del partito? E, se così fosse, pensate che la minoranza renziana si adeguerebbe pacificamente al nuovo corso, senza boicottarlo come fece con Bersani all’indomani delle elezioni del 2013?
Trovo due sole ragioni per restare in un partito del quale non si condivide più nulla, senza avere nessuna speranza concreta di poterne cambiare l’indirizzo politico: la fedeltà a un progetto nel quale si è creduto e il timore di aprire la strada alla vittoria della destra o del Movimento Cinque Stelle.
Sul primo aspetto non posso che esprimere una rispettosa comprensione: so bene quanto può essere doloroso doversi separare da una militanza politica a volte di lunga data. Sul secondo, però, mi permetto di farvi osservare che alle prossime elezioni manca circa un anno – un tempo lunghissimo, nel quale molto può cambiare; e forse, per contrastare la destra non è granchè utile un partito che ne copia le ricette, così come non può combattere il populismo una forza politica eternamente dilaniata dai dissidi interni.
Guardatevi intorno: da Sinistra Italiana al Campo Progressista, da Possibile ai Democratici Progressisti, c’è sicuramente un “luogo” politico nel quale potete trovare casa, magari contribuendo a unirli tutti in un nuovo progetto che corrisponda ai vostri ideali, al vostro impegno, alle vostre speranze. Anzi, ai nostri.
Io, qui fuori, vi aspetto…
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