America
Il neo-protezionismo di Trump è dannoso per l’industria americana
Quando parla di alzare barriere protezioniste contro le importazioni per proteggere la produzione made in America Donald Trump ha in mente un mondo che non esiste più da decenni. Il neo presidente immagina il commercio internazionale frutto della divisione internazionale del lavoro in cui la Germania esporta automobili, l’Italia vino, il Giappone televisori, e gli Stati Uniti computer e telefoni cellulari etc.
La realtà del commercio internazionale si presenta in realtà diversa, e purtroppo per i suoi piani, più complessa. Se si aprissero i container che solcano gli oceani di tutto il mondo, non si troverebbero né automobili, né televisori o computer, bensì parti di automobili, pezzi di televisori e componenti di computer. Il grosso del commercio è infatti composto non di prodotti finiti, ma di cosiddetti prodotti semilavorati. La Apple non produce telefoni in California, ma acquista componenti in più di cinquanta diversi paesi, li spedisce in Cina, dopo di che li esporta altrove. I telefoni della Apple che si acquistano negli Stati Uniti sono quindi importati. Per produrre uno dei fiori all’occhiello dell’industria aereonautica americana, la Boeing acquista i componenti da oltre ottanta paesi che poi vengono convogliati (importati!) nella fabbrica di Washington per essere assemblati.
Il mondo attuale è quindi assai più complesso di quello immaginato dal fervente protezionismo di Trump per due ragioni. Primo, la maggior parte delle importazioni non sono beni finiti ma prodotti semilavorati, molto dei quali sono essenziali per l’industria americana. Secondo, una grossa fetta del commercio avviene all’interno delle imprese multinazionali stesse, ossia le imprese domestiche importano prodotti dalle filiali estere. Alzare barriere contro le importazioni dall’estero finirebbe per creare non pochi problemi all’industria americana, specialmente quella hi-tech dove le imprese hanno delle catene del valore globali articolate. Il risultato finale potrebbe essere controproducente e sicuramente i danni per la grande industria sarebbero rilevanti. Qualcuno dovrebbe spiegarlo al presidente, prima che ci pensino gli interessi dell’industria ad affossare il provvedimento nel Congresso.
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