Giorgia Meloni, alla conferenza stampa di inizio anno

Partiti e politici

Dopo il trionfo una Giorgia nuova? La fase due assomiglia a un trumpismo quasi tranquillo

La conferenza stampa di inizio anno, dopo il trionfo personale e politico sul caso Ceciclia Sala, può segnare un cambio di tono e di passo? Meloni è parsa rilassata e tranquilla, come mai prima. A patto di non citarle Elon Musk e Acca Larentia

9 Gennaio 2025

La liberazione di Cecilia Sala è stata una grande vittoria politica e mediatica di Giorgia Meloni. Basta scorrere i giornali di oggi, anche quelli meno amichevoli con la destra al governo, per vedere l’unanimità del consenso e la chiarezza del successo politico e diplomatico. A ulteriore conferma della forza del momento e della consapevolezza registrata sul punto a Palazzo Chigi, è servito ascoltare il tono di Meloni, nella conferenza stampa che una volta cadeva a fine anno, ma questa volta era invece fissata per il 9 gennaio, data che si è rivelata particolarmente fortunata essendo il day after della liberazione di Cecilia Sala.

Sicuramente anche in ragione di questa fortunata contingenza, la Presidente del Consiglio si è tenuta lontana dai toni torvi del passato, ed è parsa rilassata quanto mai prima. Anche nel rispondere alle questioni preliminari sulla libertà di stampa poste dal presidente del Consiglio dell’ordine dei Giornalisti, che un tempo l’avrebbero spinta rapidamente verso la modalità sarcastica e difensiva vista più volta all’opera, ha mantenuto un serafico aplomb. Lo stesso col quale ha difeso la riservatezza della trattativa per la liberazione di Sala e le implicazioni giudiziarie e politiche sulla vicenda di Abedini, l’ingegnere iraniano incarcerato in Italia su richiesta dell’amministrazione statunitense. Mai in difficoltà in tutta la conferenza stampa, ha liquidato con ringraziamenti di rito a Elisabetta Belloni e l’annuncio del suo successore Vittorio Rizzi la questione potenzialmente spinosa del cambio ai vertici del DIS. A volo d’uccello, senza entrare nel dettaglio ha toccato anche le questioni che hanno agitato la vita politica del suo governo e della maggioranza negli ultimi mesi, a cominciare dalle riforme istituzionali. A chi le ha chiesto se i referendum confermativi per la riforma costituzionale del premierato si terranno in questa legislatura, ha lasciato intendere che non sarà facile. Che equivale a confermare che la fretta politica con la quale la riforma era stata presentata ha lasciato il posto alla prudenza di chi sa che cambiare la Costituzione è stato esiziale per diversi supoi predecessori. “L’importante è fare le riforme”, più del quando.

Non sono mancati i tratti identitari – “da madre” ha parlato alla madre di Cecilia Sala, “da madre” si è detta preoccupata per la crescita di generazioni integralmente digitali -, e sulle questioni identitarie ha in fondo mostrato gli unici segnali di nervosismo. A più riprese questionata sul rapporto con Elon Musk, ha difeso su tutta la linea l’amico miliardario sudafricano, parlando di lui come di un cittadino qualsiasi, solo molto famoso e facoltoso, che esprime la sua libera opinione. A chi ha ventilato un ruolo nella liberazione di Cecilia Sala, lasciato intendere anche dalla famiglia di lei, ha detto di non esserne a conoscenza. Ha negato di aver parlato con lui di un accordo strategico con Space X, ma soprattutto ha sottolineato più volte che Soros è stato molto più “ingerente” nella politica europea, ma siccome finanziava partiti di sinistra nessuno fiatava. Ha rivendicato ancora una volta l’opportunità degli hot spot in Albania, precisando che per il governo sono pienamente operativi, solo che al momento “non servono”. Non è stato possibile chiedere se l’ingente investimento rischia di finire nel mare magnum degli sprechi, al di là della legittimità giuridica e dell’approvazione da parte di alcuni partner europei, che da mesi vengono rivendicati a copertura di così ampi costi. Sulle questioni epocali della scarsità di lavoratori e degli squilibri demografici è parsa ragionevole e pacata. Anche sulla legge sulla cittadinanza, invero, quando ha ribadito la sua contrarietà a modifiche strutturali delle regole, ma ha ammesso la problematicità dei lunghissimi tempi di attesa che spesso corrono tra quando matura il diritto e quando la cittadinanza poi viene effettivamente attribuita. Sarebbe già un grande passo avanti, invero,essendo questo un nodo che da anni attende di essere sciolto, anche in assenza di modifiche al sistema delle regole. Su Acca Larentia, e la storia della sede storica dell’Msi comprata da Casapound anche grazie ai soldi dati dalla fondazione Alleanza Nazionale, direttamente legata al suo partito, ha risposto “presente” al richiamo della foresta: “sono contenta che non sia diventata un fastfoos”, che avrebbe evidentemente disonorato la memoria del neofascismo italiano. Qua e là, lungo tutte le tre ore, passate senza quasi sfiorare le questioni dell’economia nazionale, ha rivendicato con discrezione la vicinanza a Donald Trump, ha separato le parole dalle prospettive concrete – ad esempio sulla Groenlandia, ma anche sull’eventuale disimpegno dall’Ucraina -, e ha lasciato intendere – senza stressarlo – che essere i migliori amici in Europa della super potenza occidentale non possa che essere un fattore di vantaggio per il più volte citato “interesse nazionale”.

Nel complesso è stata una conferenza stampa pacata e sicura, dunque, che ragionevolmente potrebbe segnare anche un cambio di passo e di tono per il prossimo futuro. Al momento l’Italia non ha alternative a questo governo e a questa maggioranza. Non ne ha nel Palazzo, e non sembra chiederne il paese che, complessivamente, continua a confermare gli stessi equilibri usciti dalle urne del Settembre del 2022 ogni volta che si vota. Scartando anche l’ipotesi di rimpasti, e rimettendo con cortesia le ambizioni di Salvini e degli alleati al loro posto, Meloni ha ribadito quel che pare logico: che è lì per rimanere fino a fine legislatura, e poi ovviamente si vedrà. Resta da capire se questa fase due, all’insegna di un trumpismo tranquillo e di un europeismo dialettico, si troveranno ad affrontare urti al momento inattesi, che per definizione possono cambiare gli equilibri e le carte in tavola e quelle nei casseti. Se la navigazione dovesse rimanere mediamente sicura, Meloni non potrà pensare al dopo. Tra un anno lo sguardo sul crinale di fine legislatura sarà più vicino e alcune domande di oggi avranno avuto risposta. Ne saranno sorte di nuove, naturalmente, che è il bello della vita e della politica.

 

 

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