Calcio

Se la ‘colletta’ dei tifosi cancella lo sciopero dei calciatori

2 Aprile 2016

Quel giorno, a Rimini, c’era il mondo. L’universo del pallone – e non solo un’intera città – aveva gli occhi fissi sul prato del piccolo ‘Romeo Neri’. Il vecchio stadio, a due passi dall’Arco d’Augusto, diventava – per un giorno – l’epicentro del calcio nazionale: la Juventus, frustata da Calciopoli faceva il sue debutto sul poco glorioso palcoscenico della B. Un’onta per la Vecchia Signora. Un sogno, per la cittadina di Romagna – lembo di regione da sempre feudo juventino – invasa dalle parabole delle televisioni italiane e straniere e dai cronisti di razza delle principali testate scesi in riva all’Adriatico a raccontare lo strano effetto che fa la Juve nella seconda serie.

Era il 9 settembre del 2006. A quasi dieci anni da quel giorno quando impose l’1 a 1 ai campioni torinesi con una rete del piccolo fantasista argentino Ricchiuti – poi visto in A con il Catania – e facendo, a suo modo, la storia il Rimini, la storia ha rischiato di rifarla con i suoi giocatori a incrociare le braccia e minacciare lo sciopero, come tanti lavoratori ‘appiedati’ in giro per il mondo e non come ‘eroi della domenica’. Convinti a non dare corso alla mobilitazione dall’intervento dei tifosi, pronti a pagare di tasca loro, per far scendere in campo i propri beniamini.

Già, perché nel decennale di quel Rimini-Juventus, dopo avere toccato vette inconsuete, persino la testa della classifica della B proprio in quella stagione d’oro 2006-2007 – con Leo Acori (ora di nuovo) in panchina e il patron Vincenzo Bellavista dietro la scrivania – la Rimini pallonara rotolata in Lega Pro dopo essere scivolata pure in serie D, ritorna sulle scene e sulle cronache, non solo locali. E non per il calcio giocato.
Mercoledì, infatti, i giocatori romagnoli e l’Aic, l’Associazione Italiana Calciatori, hanno spedito alla società, adesso guidata da Fabrizio De Meis, titolare della celeberrima discoteca ‘Cocoricò’, una lettera in cui veniva annunciata, come in una vertenza sindacale tradizionale, l’intenzione di non scendere in campo, oggi a Teramo, se non fossero stati pagati gli stipendi arretrati.

Sul prato, invece i biancorossi romagnoli ci saranno. Un po’ per le rassicurazioni giunte ieri da parte della Lega Pro riguardo il pagamento degli emolumenti. Soprattutto, per lo slancio e l’affetto dei tifosi che, raccolto il denaro con una colletta, hanno deciso di sostenere i costi della trasferta abruzzese, di saldare parte degli arretrati del residence di alcuni giocatori e di acquistare materiale per lo spogliatoio.

Un epilogo poco brillante per una società ultracentenaria che, in passato ha visto sedere sulla sua panchina il ‘Mago’ Herrera, un giovane e rampante Arrigo Sacchi e, solo una manciata di anni fa, tentare la scalata alla A con in campo giovani di belle speranze come Handanovic e Matri, Floccari e Jeda, o Basha, con i conti in ordine e una città ribollente di passione che sognava uno stadio nuovo di zecca. Da grande.

Oggi la realtà non è più quella. E si è parlato di sciopero: cosa più da quotidiano economico che da cronache sportive. Eppure. “Ormai da mesi non viene corrisposto alcun emolumento – hanno scritto nella missiva dei giorni scorsi Aic e giocatori – rendendo difficile se non impossibile per i calciatori il loro mantenimento e quello della propria famiglia”. Di fatto, hanno scandito, “i calciatori si sentono umiliati e denigrati come professionisti e come uomini e non vi sono più le condizioni per il corretto prosieguo dell’attività sportiva”. E così, pur comprendendo “l’amarezza della città di Rimini e soprattutto della tifoseria, l’assoluta latitanza della società non consente il sereno svolgimento dell’attività lavorativa nell’attuale approssimazione e improvvisazione”. Quindi, “in assenza dell’adempimento delle obbligazioni maturate entro venerdì 1 aprile”, hanno chiosato Aic e giocatori, “viene indetto fin d’ora uno sciopero dei calciatori tesserati” con il Rimini “per la giornata del 2 aprile” giorno della sfida con il Teramo.

Che, alla fine, si giocherà, buttando dietro le spalle parole da sindacato più che da sport. Altro che Dea Eupalla.

(Immagine di copertina tratta dal sito Internet dell’Associazione Italiana Calciatori)

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