Media

Sui giornalismi (e su chi decide cosa dobbiamo sapere)

20 Maggio 2015

Le logiche della rete sconsigliano la produzione di un qualsiasi contenuto che sappia di inizio. Chissà chi lo leggerà, poi, questo post. Chissà attraverso quale strumento e quando lo farà e come arriverà da queste parti. Eppure bisogna cominciare. D’altronde, nei corridoi in cui ha preso forma questa idea di ComPol 2.0, quando si parlava dei diversi temi che avrebbe dovuto trattare, usavamo la parola rubrica. Jacopo Tondelli doveva compiere sforzi notevoli per non prenderci in giro.

Dunque, almeno questa volta, si lascerà qualche riga che pretenderà di essere ancora in un mondo di carta dove le cose iniziano e procedono con una certa coerenza e linearità. Provo ora a mettere un po’ d’ordine, far capire da dove arriva questo spazio.

Dentro Gli Stati Generali trovate un insieme di riflessioni e spunti che va sotto il nome  ComPol 2.0 e qui dentro trovate anche questo spazio che ho deciso di chiamare giornalismi. Per molti di coloro che stanno leggendo, il riferimento è ovvio: il nome è un riconoscimento alla figura di Angelo Agostini che come pochi ha saputo capire, interpretare, leggere e spiegare cos’è che passa dentro il giornalismo (talmente tante cose, che non potevano essere contenute in una parola al singolare).

Si rifletterà, analizzerà e racconterà il giornalismo nei modi più svariati: attraverso la sintesi di ricerche nostre o di altri, attraverso riflessioni estemporanee, analisi di spunti di cronaca o interviste.

Suggerimenti, collaborazioni e idee sono benvenute.

Nel momento in cui si va oltre il singolo fatto di cronaca o la generale critica sulla vicinanza tra sistema politico e giornalismo, ci si rende conto quanto siano affascinanti e sofisticati i meccanismi attraverso cui il giornalismo produce informazione e riproduce se stesso. Carta stampata, radio, televisione, computer, smartphone, tablet. Lentezza e distanze. Velocità e globalità. Eppure. Eppure ogni giorno (ora, minuto) c’è una cosa che si chiama giornalismo e una professione che si chiama giornalista legittimati a fornire conoscenze su ciò che è importante le persone sappiano. Si può ignorare un concerto di Keith Jarrett, non aver mai visto un Caravaggio, non sapere cosa s’intenda per decapato, ma è ragionevole (e suggerito) conoscere i fatti più importanti accaduti nel mondo e nel proprio paese. Praticamente da sempre questi fatti sono raccontati da una cosa che chiamiamo giornalismo e da professionisti che chiamiamo giornalisti.

Qua dentro ci faremo domande sul funzionamento di questo sortilegio.

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